Mais, allerta aflatossine in Veneto: bisogna anticipare la raccolta per contenere i danni, un altro problema per i nostri agricoltori
Sabato 3 Settembre 2016 alle 11:25 | 1 commenti
				
		
		Confagricoltura Vicenza
Torna l'allerta aflatossine in Veneto. In vista dell'imminente avvio delle operazioni di raccolta del mais, l'Associazione italiana raccoglitori, essiccatori e stoccatori (Aires) ha trasmesso una nota in cui informa di una contaminazione in atto a macchia di leopardo del fungo Aspergillo che intacca il cereale, rilevata da un monitoraggio condotto dall'Università di Padova. Le aflatossine sono sostanze tossiche che, oltre i limiti stabiliti dalle direttive Ue, sono vietate anche per la destinazione a mangimi animali. Per questo Confagricoltura Vicenza chiede agli agricoltori di prestare attenzione allo stato delle colture, anticipando la raccolta in modo da essiccare la granella di mais con valori superiori al 22 per cento di umidità , al fine di contenere i danni.
"Quello delle aflatossine è un problema che la Pianura Padana comincia  ad avere in modo permanente a causa delle condizioni climatiche, con le  temperature in rialzo e l'alto grado di umidità - spiega Gianni  Biasiolo, presidente della cooperativa Essicatoio Cooperativo e della  sezione cerealicola di Confagricoltura Vicenza -. Da pochi giorni nel  Vicentino è iniziata la raccolta del mais precoce e lo sviluppo delle  tossine dell'Aspergillo è stato riscontrato in quasi tutti gli areali.  La merce in consegna agli essiccatoi verrà ripulita per renderla  commerciabile come mangime per animali, ma nel frattempo sollecitiamo  gli agricoltori a raccogliere il mais prima per evitare che la  contaminazione continui. L'operazione comporterà un più elevato costo di  essicazione, ma consentirà di salvare il prodotto e la redditività  dell'azienda".
I produttori soffrono già a causa dei prezzi ai minimi  storici, scesi a 16 euro e mezzo il quintale, che non coprono i costi  di produzione, come il frumento e il grano. A pesare sono le grosse  importazioni di mais dall'estero, che vedono in prima fila i Paesi  dell'Est come l'Ucraina, la Romania e l'Ungheria, produttori di un mais  qualitativamente inferiore a livello di amido ma più sano in conseguenza  di condizioni climatiche più favorevoli. Il tonfo dei prezzi e  l'andamento climatico sfavorevole ha portato in Veneto sia ad un calo  delle superfici (- 6 per cento), sia delle rese (- 20 per cento), come  attestano i dati di Veneto Agricoltura. Nel 2015 la superficie coltivata  a mais è risultata essere di 209 mila ettari, con Padova prima  provincia con 44 mila ettari, seguita da Rovigo con 37.800, Venezia con  35.200, Verona con 30 mila, Treviso con 25 mila e Vicenza con 18.500.
"Nel  2016 registriamo un calo ulteriore delle superfici del 6 per cento,  mentre a livello quantitativo l'annata è buona, perché le piogge di  inizio estate hanno aiutato e le colture sono andate avanti bene - dice  Biasiolo -. Per mantenere la coltivazione in vita dovremmo alzare i  limiti delle soglie Ue sulle aflatossine, che sono molto più restrittivi  rispetto a Paesi come gli Stati Uniti che hanno parametri cinque volte  superiori e, paradossalmente, esportano il loro prodotto in Europa. Lo  stesso discorso vale per gli ogm: all'estero sono consentiti, mentre da  noi c'è il divieto di utilizzo. Occorre invece aprire alla ricerca  perché il clima umido del Veneto ci sottopone costantemente al rischio  aflatossine e perciò dobbiamo puntare su specie più resistenti, per  ottenere un mais più sano e più spendibile sul mercato".
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