Ario Gervasutti su BPVi e Veneto Banca, l'ex direttore del GdV: basta tira e molla servono certezze
Mercoledi 24 Maggio 2017 alle 17:02 | 0 commenti
II tira-e-molla sulle banche venete non è più né logico, né tollerabile. Le banche stesse, ma anche i risparmiatori, gli investitori, il Nordest e l'Italia hanno bisogno di certezze. E se l'Unione europea continua a prendere tempo, a rinviare le scelte, sono il governo e il sistema economico-finanziario a dover agire e pretendere risposte. Alzando, se necessario, la voce. Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sono passate attraverso un crollo devastante e una ripetuta serie di ispezioni delle autorità di vigilanza italiane ed europee; sono stati chiesti e realizzati interventi finanziari di ricapitalizzazione e riorganizzazione; sono stati presentati piani industriali e almeno fin dall'ottobre dello scorso anno è risultato evidente che la fusione tra i due istituti è elemento fondante per rendere credibile qualsiasi ipotesi di rilancio.
Sono trascorsi sette mesi, durante i quali sia Bankitalia che la Banca centrale europea hanno sostanzialmente dato il via libera al piano dopo aver definito a più riprese il dettaglio del fabbisogno ulteriore di risorse. Allora, perché non si agisce?
Perché l'Unione Europea, attraverso il suo braccio operativo dell'Autorità per la concorrenza continua a spostare l'asticella. Ma l'asticella si sposterà sempre, se non si fissa un punto da cui partire. Si sposterà perché una banca, qualsiasi banca, vive di certezze e di reputazione, non solo di risorse finanziarie: figuriamoci istituti che certezze e reputazioni li hanno bruciati in tre anni di fuoco.
Continuando con questo passo, le due banche venete si trovano di fatto impossibilitate a operare. E la conseguenza non può che essere un inevitabile, ulteriore e insostenibile aggravamento dei conti. Il tempo è denaro, soprattutto nel mondo della finanza.
Fa sorridere, se non ci fosse da piangere, la richiesta della Ue di un ulteriore intervento privato nella ricapitalizzazione per riavviare la nuova banca: come si può pensare che un privato - peraltro in un territorio già scottato da quel che è successo negli ultimi anni - metta mano al portafoglio senza nemmeno sapere se la banca ci sarà o no, se il fabbisogno è quello o tra un mese sarà richiesto un altro esborso, se il governo assiste e prende nota ma non sa neanche se i rimborsi ai risparmiatori che hanno accettato le transazioni saranno tassati o meno, alimentando peraltro il sospetto dei due pesi e due misure visto che per le altre banche una simile ipotesi fiscale è stata esclusa.
I controlli sono stati fatti, il cambiamento nei board è avvenuto, i buchi sono stati coperti, i conti con il passato (esclusi eventualmente quelli giudiziari) sono stati chiusi: adesso serve un punto fermo da cui ripartire. Servono certezze, e decisioni. E il coraggio di dire a Bruxelles che la scuola è terminata. Anche se, lo sappiamo bene, gli esami non finiscono mai.
di Ario Gervasutti
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