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Atlas al posto di Atlante per BPVi e Veneto Banca? Col progetto Bob Diamond 3.500 esuberi, "svalutazione" di 16 miliardi di NPL e liberatoria per oneri legali

Di Rassegna Stampa Sabato 8 Ottobre 2016 alle 15:26 | 0 commenti

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Di Federico Fubini, da Il Corriere della Sera

Quando era ai vertici di Barclays, il suo nome rappresentò l'ultima speranza per Lehman prima che la Bank of England gli proibisse di toccare il gigante malato di Wall Street. Oggi, lasciato il gruppo britannico, Bob Diamond gestisce un fondo che investe in banche in difficoltà in tutto il mondo e non poteva fare a meno di notare il mercato italiano. Di recente ha sondato le condizioni alle quali potrebbe acquisire Veneto Banca e la Banca Popolare di Vicenza dal fondo Atlante, che le controlla dopo averle salvate con un investimento complessivo da 2,5 miliardi a primavera scorsa. Diamond e Atlas, la sua società newyorkese, sarebbero interessati a un'offerta sui due istituti nel Nord-Est assieme ad altri tre grandi fondi statunitensi: Warburg Pincus, Centerbridge e Baupost. L'ex amministratore delegato di Barclays ne ha già parlato con il presidente di Atlante (di Quaestio sgr, ndr)  Alessandro Penati.

Per il momento l'operazione non è alle porte, e non solo per le condizioni poste dai fondi americani: chiedono il taglio di 3.500 posti di lavoro sui circa 10 mila delle due banche venete in Italia, la svalutazione e segregazione degli almeno 16 miliardi lordi dei crediti deteriorati nei loro bilanci e una garanzia contro i futuri oneri legali a carico delle aziende, note in tutto il mondo per aver bruciato i risparmi di decine di migliaia di clienti.

Dunque la transazione, per ora, non si farà. I colloqui con i fondi americani però devono aver contribuito a convincere Penati che per le banche venete serve una svolta radicale, anche a costo di mettere in cantiere i primi licenziamenti collettivi mai fatti fra i bancari in Italia. Il presidente di Atlante (Quaestio, ndr) è ormai certo che oggi quei due istituti siano invendibili se non a prezzi bassissimi e che in futuro entrambi produrranno perdite sempre più pesanti per Atlante. Senza una ristrutturazione decisa di Vicenza e Veneto, il fondo costituito appena pochi mesi fa da decine di gruppi italiani siede su ingenti minusvalenze che continueranno a aumentare. I crediti in default delle due banche sono iscritti nei bilanci a valori irrealisticamente alti, quindi è solo questione di tempo prima che la Banca centrale europea imponga svalutazioni in grado di spazzare via almeno un miliardo dal patrimonio (aggregato) di Vicenza e Veneto. Il costo del personale supera l'80% dei ricavi, contro una media europea attorno al 50%. Le due aziende oggi sono stabilizzate sui flussi di costi e ricavi, ma sono incapaci di generare redditività a fronte dell'emorragia di patrimonio che le aspetta sui crediti in default.

Per questo Penati prepara una strategia praticata di rado durante questa crisi bancaria in Italia: aggredire il problema alla radice al più presto, anziché puntare a guadagnare tempo mentre il quadro peggiora sempre di più. In questi giorni il presidente di Atlante sta lavorando a un piano che comporta l'immediato riconoscimento di profonde perdite, la rimozione dei problemi, e indica l'obiettivo di riportare Popolare Vicenza e Veneto Banca alla redditività insieme a un nuovo investitore nei prossimi anni.

Il programma dettagliato che Atlante manderà alla Bce prevede cinque capitoli. I primi due riguardano la separazione dai bilanci e la segregazione dei crediti in difficoltà e di quelli in default, insieme a una stima dettagliata dei prestiti che potranno diventare inesigibili in futuro: l'esperienza di Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti, le quattro banche fallite un anno fa, mostra che anche nuove aziende inizialmente ripulite possono tornare a generare difficoltà. Il terzo punto del piano di Penati punta a garantire che Veneto e Vicenza non abbiano problemi di liquidità in futuro. Il quarto riguarda una contabilità rigorosa dei costi delle cause legali a venire, con i relativi accantonamenti. Il quinto e forse più dirompente prevede, infine, i primi veri e propri licenziamenti collettivi di personale bancario a tutti i livelli mai fatti in Italia: poiché la cassa integrazione per questo settore non esiste, c'è il progetto di sostenere in pieno il reddito delle persone in esubero per due anni con le risorse delle banche stesse.

A quel punto servirà nuovo patrimonio e solo allora, secondo Penati, sarà necessario trovare un nuovo socio - magari nell'autunno prossimo - permettendo ad Atlante di restare al 30% del capitale. Serve l'assenso della Bce. Ma se questa cura radicale sembra l'opposto esatto della strategia seguita fin qui sulle banche in Italia, forse è perché lo è.


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