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Azionisti Associati Banca Popolare di Vicenza: l'imbroglio sulla pelle dei risparmiatori

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 30 Luglio 2016 alle 19:15 | 0 commenti

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Di seguito pubblichiamo la lettera del Presidente Avv. Andrea Arman degli Azionisti Associati Banca Popolare di Vicenza che riassume la questione delle scandalo banche venete

Nella vicenda delle popolari venete ci sono due punti oscuri che gli organi di controllo, politica e la magistratura debbono assolutamente affrontare: 1 - Dissesto delle banche ed organi di controllo. Come è potuto accadere che le banche maturassero un gigantesco dissesto, anche attraverso operazioni poco trasparenti, sotto gli occhi di Banca d’Italia, Consob, Guardia di Finanza, Polizia Valutaria e BCE che aveva il controllo sulle banche dal 2014?

Come è possibile che a distanza di 1 anno dall’esplosione ufficiale della crisi non si sappia dove sono andati almeno 15 miliardi di Euro e chi siano coloro che non hanno pagato i debiti in essere nei confronti di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza?

Queste domande le poniamo all’attenzione pubblica e delle Istituzioni da mesi e non vi è stata nessuna risposta; neppure la commissione parlamentare d’inchiesta, da tanto tempo promessa, è mai stata varata.

  1. - Assemblee di trasformazione da soc. cooperative in s.p.a. etc..

Il secondo argomento che dovrebbe interessare gli organi controllo e la magistratura è quello relativo alle modalità con cui sono state preparate e svolte le due assemblee di trasformazione di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza da società cooperative a società per azioni. Al di là di ogni valutazione circa l’opportunità della decisione del governo di varare, in tempi rapidissimi e senza dibattito parlamentare, una norma che “imponeva” agli istituti cooperativi di attuare tale trasformazione, è la fase di preparazione e di informazione alla decisiva assemblea dei soci di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza che deve essere oggetto di analisi.

Per ragioni di semplicità si porterà ad esempio il caso di Popolare di Vicenza, perché più semplice da comprendere non essendoci stati significativi cambiamenti nel C.d.A. sino alla conclusione dell’operazione di aumento del capitale; di fatto le due situazioni, Veneto Banca e Popolare di Vicenza, sono sovrapponibili.

Ai risparmiatori ed ai dipendenti della banca era stato raccontato che Popolare di Vicenza aveva sottoscritto un accordo blindato con Unicredit e che questa primaria banca garantiva il necessario aumento di capitale che poi avrebbe permesso di accedere al mercato borsistico dove le azioni avrebbero trovato la giusta quotazione con una più che probabile ripresa di valore. I documenti comprovanti queste affermazioni sono numerosi ed ufficiali e passano dalla comunicazione ufficiale di Banca Popolare di Vicenza del 21 settembre 2015 e quelle successive, ai vari articoli di giornale, al prospetto CONSOB pubblicato in fase di aumento di capitale, che a pag. 940 parzialmente riprende il discorso fatta dall’A.D Iorio all’assemblea del 5 marzo. Il dott. Iorio, in assemblea del 5 marzo 2016, invitava infatti a votare sia la trasformazione in s.p.a. che l’aumento di capitale che la discesa in borsa, minacciando che un voto diverso avrebbe pregiudicato l’accordo con Unicredit. Tutto doveva essere fatto in fretta perché BCE, con modalità di comunicazione degne della peggiore dittatura, con una letterina da leggere ai soci in assemblea, NON DA SPIEGARE SOLO LEGGERE – e che nessuno ha mai avuto in mano – minacciava le peggiori sciagure se non si fossero deliberati subito trasformazione, aumento di capitale e borsa.

I fatti si sono rivelati completamente diversi e nessuno della dirigenza delle banche, degli organi di


controllo, del governo, aveva minimamente ventilato che Unicredit avrebbe potuto ritirarsi e che il valore delle azioni sarebbe stato azzerato per consentire l’esecuzione dell’operazione di aumento di capitale ad un fondo costituito per salvare la banca ed annullare i risparmiatori.

Ai soci era stato detto dalla banca, ed autorevolmente sostenuto dalla stampa e da molti esponenti del mondo accademico e politico, che il percorso dell’aumento di capitale attraverso Unicredit e la successiva quotazione in borsa avrebbe avuto un costo ma che di certo il mercato avrebbe poi corretto le distorsioni del sistema cooperativistico ed estirpato la mala pianta delle decisioni prese fra pochi, salvando parte del patrimonio della banca e quindi dei soci risparmiatori.

Quindi i soci sono stati posti di fronte alla scelta di decidere fra:

    1. il male assoluto, prospettato nel “bail – in” e quindi nel “fallimento” della banca con perdita di tutti i risparmi;

    2. la trasformazione in spa, aumento di capitale con garanzia Unicredit e quotazione in borsa che avrebbe permesso di salvare almeno parte del patrimonio individuale di ogni socio.

AL 5 MARZO 2016 IL BILANCIO DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA ERA STATO CHIUSO CON UN PATRIMONIO NETTO, FATTE TUTTE LE SVALUTAZIONI POSSIBILI ED IMMAGINABILI SECONDO QUANTO INDICATO DALL’ORGANO AMMINISTRATIVO, DI OLTRE 2,5 MILIARDI DI EURO.

Nel dettaglio, Unicredit sarebbe dovuta intervenire acquistando quanto non acquistato, dell’aumento di capitale, da parte dei vecchi soci e degli investitori terzi, per cui vi era la possibilità di un rafforzamento significativo della quota di partecipazione dei vecchi soci ed una pluralità di aventi diritto ad esprimere la governante della banca. Si sottolinea che la fase di trasformazione della banca in s.p.a. è stata studiata meticolosamente da Popolare di Vicenza, tanto da aver speso 11 milioni di Euro in consulenze e attività volte a sostenere la trasformazione, per cui erano di certo a conoscenza dell’effettiva portata degli accordi sottoscritti con Unicredit.

Molti soci ed i dipendenti hanno creduto nelle promesse della banca e del sistema ed hanno votato la trasformazione in spa, l’aumento di capitale e la quotazione in borsa. Il sindaco di Vicenza, Variati, nell’immediatezza del voto assembleare dichiarava: “detto si ad unica strada percorribile…l’alternativa sarebbe stata la rovina, la perdita definitiva del residuo valore delle azioni..” Anch’egli caduto in errore sulle false premesse e promessa. LA QUOTAZIONE NON C’E’ STATA. PERSO TUTTO!

Unicredit si è smarcata dall’impegno e attraverso uno scambio di “opinioni” con Popolare di Vicenza di fatto, senza particolari spiegazioni e giustificazioni, viene accantonata l’operazione di aumento di capitale da parte di Unicredit e messa la banca in mano al fondo Atlante (pag. 939 e 940 del prospetto informativo sull’aumento di capitale).

Con l’entrata del fondo Atlante, che è di diritto Lussemburghese, le cose sono radicalmente cambiate, il valore delle azioni è stato praticamente azzerato ed in un solo colpo, senza una corretta spiegazione contabile, il patrimonio della banca è passato - in meno di due mesi - da 2,5 miliardi a 200 milioni di euro. Ai vecchi soci è stata data la possibilità di entrare nel capitale, in fase di aumento, con al massimo il 25%, ponendo tale condizione come necessaria per entrare in borsa. Ovviamente nessuno, o quasi, ha sottoscritto l’aumento di capitale per diventare socio, di grande minoranza, in una operazione di cui non si capiva e non si capisce nulla. Conclusione: il fondo Atlante ha acquistato la Popolare di Vicenza per niente in quanto il denaro che ha messo nella banca è tutto ancora suo essendone l’unico proprietario (anomalia questa che meriterebbe maggior attenzione da parte degli organi di controllo, considerato che le due popolari avevano oltre il 30% del mercato nell’area veneta e nel fondo Atlante ci sono banche che occupano altra grande fetta di mercato, creando conseguentemente una concentrazione altamente pericolosa per la libera concorrenza di mercato) e la banca non è andata in borsa, venendo di conseguenza meno ad una delle condizioni che avrebbero dovuto essere inderogabilmente adempiute dopo l’operazione di trasformazione da cooperativa in spa, vedasi la lettera BCE.

Da voci giornalistiche, si apprende l’ipotesi che la banca sarà venduta al miglior offerente ed il fondo Atlante incasserà i soldi dell’aumento di capitale e guadagnerà incassando quello che è il vero valore della banca che di certo non è di 200.000 milioni di euro. I veri proprietari della banca, i vecchi azionisti, dopo l’operazione fondo Atlante non hanno la minima possibilità di esprimere un parere rappresentando meno dell’1% del capitale. I vecchi proprietari della banca, i risparmiatori, sono stati, quindi, privati almeno di 2 miliardi di Euro che era verosimilmente il valore della banca ed è ancora quello il suo valore.

Questi, per sunto, sono i fatti che hanno portato all’esproprio di 2 miliardi di Euro ai soci Popolare di Vicenza e di 2 miliardi ai soci di Veneto Banca.

Ora, noi risparmiatori ci chiediamo se sia mai ammissibile che in operazioni così delicate, che oltre a valere miliardi di euro condizionano in modo fondamentale la stessa economia di un’area e la vita di migliaia di persone, vi possa essere la diffusione di informazioni non corrette e tali da formare un convincimento errato nei soci della banca e una conseguente scelta in sede assembleare che va contro l’interesse degli stessi soci.

Il compito di Banca d’Italia e di Consob è quello di vigilare nell’interesse del valore costituzionale rappresentato dal risparmio ai sensi dell’art. 47 della Costituzione, come chiaramente esposto nel sito di Banca d’Italia, e di vigilare sulla correttezza e veridicità delle informazioni attinenti le società quotate, le offerte, le grosse operazioni finanziarie del panorama italiano. Perché quelle istituzioni non sono intervenute a fronte di quanto sopra esposto, ovvero dell’inganno in cui sono stati tratti i risparmiatori delle due banche, indotti a votare la trasformazione, l’aumento e la borsa da errate o false informazioni?

Quelle assemblee debbono essere annullate! Banca d’Italia, Consob e magistratura debbono intervenire per impedire che attraverso un voto carpito con false promesse possa essere espropriato il risparmio di 200.000 persone e persi dai risparmiatori almeno 4 miliardi di euro, soldi veri, non virtuali.

Niente di quanto promesso alle assemblee si è verificato. L’operazione garantita da Unicredit e IMI è stata accantonata per creare un veicolo finanziario finalizzato all’esproprio del risparmio. Un fondo che ha ottenuto il controllo totale delle banche. Nessun risparmiatore, nessun dipendente immaginava che questa potesse essere la fine delle nostre banche, se lo avessero saputo o almeno immaginato avrebbero votato diversamente. Noi delle associazioni contrarie alla trasformazione avevamo dato indicazione di votare no alla trasformazione perché non ci fidavamo di chi ci aveva già imbrogliato per anni ma nemmeno noi osavamo immaginare che l’operazione sulle nostre banche e sui risparmiatori veneti fosse così feroce.

Chiediamo l’intervento di Banca d’Italia, Consob e magistratura affinchè venga annullata l’assemblea del 19 dicembre 2015 di Veneto Banca e quella del 5 marzo 2016 di Banca Popolare di Vicenza e che i risparmiatori possano essere correttamente informati prima di essere chiamati a decidere.

Chiediamo che il pacchetto azionario di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza venga posto sotto sequestro sino a quando non sarà fatta luce su cosa sia veramente accaduto nelle due banche - nella fase precedente le assemblee del 19 dicembre 2015 e 5 marzo 2016, nelle due assemblee, nella determinazione della forbice di valore attribuita alle azioni per l'amento di capitale. 

Leggi tutti gli articoli su: Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca

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