Quotidiano | Categorie: Banche

BPVi e Veneto banca, l'accusa del Patriarca di Venezia. Mons. Moraglia: fiducia tradita. Domenica a Cà Vescono tre Ave Maria in più per Gianni Zonin?

Di Gianfri Bogart Sabato 4 Giugno 2016 alle 10:48 | 0 commenti

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«Popolari, l'accusa di Moraglia I vescovi: «Errori anche nostri». Il Patriarca: «Tradita la fiducia». Con i due crac spariti 11 milioni delle nostre diocesi»: con il titolo e sommario precedenti Sara D'Ascenzo riferisce oggi su Il Corriere del Veneto della denuncia "addolorata" anche del patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia,  che lamenta le perdite subite dai soci, tra cui le diocesi venete, per gestione delle due ex Popolari venete. Chissà se domani, quando Gianni Zonin si presenterà da lui in confessionale arrivando, come tutte le domeniche, dalla tenuta di Cà Vescovo, un nome che è un'ironia della sorte, il parroco di Terzo di Aquileia riferirà all'ex presidente della BPVi delle lagnanze e delle sofferenze del Patriarca di Venezia, per le diocesi e i fedeli o infedeli ma cittadini truffati dalla banca del re del vino? E chissà se lo ammetterà al "vino e sangue di Cristo", vino suo ma sangue della povera gente, dopo tre Ave Maria di penitenza in più?

Popolari, l'accusa di Moraglia I vescovi: «Errori anche nostri». Il Patriarca: «Tradita la fiducia». Con i due crac spariti 11 milioni delle nostre diocesi 

Ce n'è per tutti. Nel gran calderone di chi ha perso tutto o molto nel lato oscuro di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, è finita anche la Chiesa. E la teoria di interventi che si sono susseguiti in questi mesi di vescovi e prelati, uniti nel condannare la cattiva finanza che ha preso il posto della buona economia è culminata ieri dalle colonne del torinese la Stampa cui monsignor Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, ha affidato il suo j'accuse contro le popolari venete, colpevoli «di aver tradito la fiducia di territorio e clienti». Mesi prima sempre il patriarca era stato duro contro i «rimpalli di responsabilità tra Banca d'Italia, Governo, la responsabilità degli stati nazionali, l'Europa, la Banca Europea» perché a pagare, aveva detto, «è sempre il cittadino».

I vescovi del Triveneto ad aprile avevano messo in guardia contro «un credito legato ad effimeri e ingannatori processi finanziari». Ma ormai i buoi erano scappati e le due banche avevano nella pancia azioni bucate vendute anche alle chiese venete e perfino fuori «confine», alle francescane missionarie della Carità di Ancona o giù giù fino all'Arcidiocesi di Sant'Angelo dei Lombardi, provincia di Avellino. Tutti avevano avuto fede nelle due banche locali e tutti ora stringono in mano qualcosa di molto simile alla carta straccia. Facendo un conto a spanne, tra BpVi e Veneto Banca la Chiesa veneta ha perso circa 11 milioni di euro, più 230mila euro di chiese fuori regione. Con Veneto Banca hanno perso 4.069.000 la Curia di Treviso e l'Istituto diocesano di sostentamento del clero; 3.300.000 l'Opsa, l'Opera della Provvidenza di Sant'Antonio, Padova, che pure era riuscita in extremis a tornare in possesso di 435mila euro vendendo 11.006 titoli; circa 50mila euro la Diocesi di Vittorio Veneto (Treviso) e 137mila euro circa perfino la Diocesi di Venezia, «una quota di investimenti contenuti in un'eredità acquisita di recente», ha spiegato il Patriarca; 85mila euro l'Arcidiocesi campana, 135mila le francescane, 8mila euro la Diocesi di Fabriano e Matelica (An) e mille euro della Diocesi di Lodi. Di BpVi si era ovviamente fidata la Diocesi berica, che ha perso circa 3.500.000 euro tra l'ente di Gestione della Voce dei Berici e la Provincia Veneta dell'ordine dei servi di Maria. «Anche noi abbiamo sbagliato - ammette don Adriano Tessarolo, vescovo di Chioggia - non è detto che la Chiesa faccia sempre bene: ci voleva più oculatezza. Si è sempre pensato alle nostre banche popolari locali come fatte di persone che tutti conoscevano, della società bene vicentina e trevigiana. Le stesse persone che poi ci hanno buggerato, perché anche la nostra "santa" società cattolica veneta non è esente, "schei fa schei", ma al prezzo di chi?».

Altrettanto duro qualche tempo fa anche monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, traducendo in salsa veneta la dottrina sociale della Chiesa: «Chiedo agli organismi diocesani di intraprendere un serio discernimento rispetto al rapporto tra etica e finanza e di verificare i criteri con cui le nostre comunità cristiane e la Diocesi stessa investono i propri risparmi negli istituti bancari». «Il management delle Banche Popolari venete, che in passato tanto avevano sostenuto lo sviluppo del sistema industriale veneto, ha tradito il tradizionale legame territoriale che avrebbero dovuto mantenere», ha detto il presidente Luca Zaia, che ha perso 30mila euro. «Una volta queste banche davano sicurezza - spiega don Giovanni Brusegan, delegato per la Cultura della Diocesi di Padova - adesso accentuano il senso di sfiducia, insicurezza, paura. I capitalisti hanno fatto un cambio di passo rispetto al quale i risparmiatori non erano pronti. Un'ingenua sprovvedutezza di cui hanno pagato lo scotto anche le nostre chiese che si sono avventurate in questo campo con l'idea di fare ancora meglio la carità. Il potere di questa finanza è nascosto nei cervelli che la muovono e ha potuto servirsi di una filiera di impiegati che non hanno saputo o potuto dire no perché succubi di questo potere.

di Sara D'Ascenzo, da Il Corriere del Veneto


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