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Banco Popolare leader in Italia: Il Sole 24 Ore intervista il Presidente Carlo Fratta Pasini su stress test e fusione con Bpm

Di Rassegna Stampa Domenica 31 Luglio 2016 alle 10:54 | 0 commenti

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Banco Popolare tra i leader in Italia «Fusione con Bpm? Sono fiducioso» 

di Alessandro Graziani, da Il Sole 24 Ore
Presidente Carlo Fratta Pasini, c'era grande attesa sull'esito degli stress test 2016, come ne esce secondo lei il sistema bancario italiano?
Nel complesso bene, se pensiamo che il modello di business delle banche italiane è particolarmente legato all'economia reale e che l'Italia ha subito la diminuzione del Pil più accentuata e duratura di quasi tutti i Paesi della Ue.
Il suo Banco Popolare, con un Cet 1 del 9,05% nello scenario avverso, è stato per molti la sorpresa positiva tra le banche italiane. Anche per lei?
No. In questi anni, sotto la guida del consigliere delegato Pier Francesco Saviotti, abbiamo lavorato moltissimo sul de-risking del Banco privilegiando sistematicamente i profili di solidità e resilienza della banca, anche a costo di limitarne temporaneamente la redditività.

Alcuni investitori e soprattutto Morgan Stanley non si aspettavano questo vostro risultato. Pura speculazione?
Per quanto concerne la banca d'affari che ha confermato la propria analisi iper negativa - nonostante il Banco Popolare ne avesse contestato i presupposti, le metodologie e gli esiti - credo non si possa parlare solo di aspettative sbagliate.
L'esito dello stress test che vi pone in Italia al secondo posto dietro a Intesa Sanpaolo non tiene conto degli effetti dell'aumento di capitale da un miliardo che il Banco ha già realizzato a inizio giugno in vista della fusione con Bpm. Dotazione in più per il futuro?
In effetti, il recente aumento di capitale, oltre a ribadire la intensità e vivacità della relazione tra la banca ed i soci e clienti dei territori in cui essa è storicamente radicata, consentirà al Banco di gestire ancora meglio il necessario processo di miglioramento della qualità degli attivi, senza subire irragionevoli accelerazioni o condizioni di mercato eccessivamente penalizzanti.
Come procede l'avvicinamento alla fusione con la Bpm? Vede ancora all'orizzonte qualche possibile ostacolo?
E' un'operazione significativa. I passi compiuti dimostrano che non è stata, non è né sarà fino alla sua conclusione una passeggiata di salute. Personalmente sono sempre stato determinato nell'affrontare gli ostacoli ed ora sono ancor più fiducioso che possano essere tutti superati.
Questo risultato rafforza la posizione del Banco sulla strada verso Bpm nei confronti di qualche oppositore che forse ancora resiste in piazza Meda?
Premetto che operazioni di integrazione come Banco - Bpm, che coinvolgono istituti bancari di grande tradizione e forte radicamento, non sono fatte per ottenere l'unanimità dei consensi. Infatti non l'abbiamo ottenuta neanche in casa nostra. Pur tuttavia, la buona riuscita nell'immediato e soprattutto nel tempo di questi processi, presuppone che nessuna componente delle due banche stia "fuori", o ancor peggio "contro". Questa partecipazione corale e totalitaria è essenziale rispetto al progetto di costruire una casa comune, nella quale tentare di "governare" l'imminente cambiamento epocale della trasformazione in Spa, nella direzione di una sostanziale continuità con la missione ed i valori del credito popolare.
Dopo il tramonto per decreto delle popolari, come pensa possa essere la banca (ex) popolare del futuro?

Penso possa continuare a crescere in dimensioni, pur rimanendo "diversa", e quindi conservare sia le storiche caratteristiche di vicinanza a famiglie, imprese, enti e associazioni dei territori serviti, sia quei connotati di attenzione alle comunità e di equilibrio tra capitale, lavoro e beni comuni che ne hanno caratterizzato le migliori declinazioni.
La crisi delle due popolari venete (Banca Popolare Vicenza e Veneto Banca) ha lasciato un segno profondo nel territorio, ha ancora un senso parlare di credito popolare?
Certo che ha senso. A Vicenza e a Montebelluna non è finito il credito popolare. Si è semplicemente rivelata insensata ed insostenibile l'idea di poter raccogliere miliardi di euro di risparmio in strumenti rischiosi, come le azioni bancarie, senza pretenderne la quotazione in Borsa.
La normativa sul bail in la convince? Non ritiene che coinvolgere nei salvataggi i depositanti oltre i 100 mila euro, oltre agli investitori in azioni e obbligazioni, vada a minare l'indispensabile rapporto di fiducia tra banche e cliente?
Sul piano dei principi ritengo che la tutela del risparmio possa, anzi debba, convivere con il principio della libera allocazione del risparmio privato e dell'assunzione del rischio conseguente. Quanto però alla normativa sul bail-in, vanno a mio avviso ampliati considerevolmente i margini di flessibilità attualmente previsti per gli interventi pubblici finalizzati alla stabilità del sistema, ivi compresi quelli per la soluzione di problemi strutturali (per le banche italiane l'eccesso di crediti deteriorati), che avrebbero dovuto costituire un necessario prius rispetto all'introduzione del bail-in.


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