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Banco Popular salvato da Banco Santander "in un giorno": ma la vigilanza di Bce ed Eba cosa aveva vigilato pochi mesi fa sulla salute del "Popular"?

Di Rassegna Stampa Giovedi 8 Giugno 2017 alle 13:08 | 0 commenti

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E' un'altra prova dell'inefficacia degli esami. La banca spagnola è passata indenne da Aqr, Srep, ispezioni e stress test. Questi ultimi appaiono utili soltanto a mettere sotto pressione alcuni gruppi rispetto ad altri | Blitz del Santander: salvato il Banco Popular di cui anche noi ieri abbiamo dato, meravigliata, notizia.

Il salvataggio di Banco Popular è stato un successo per il governo spagnolo, che ha convinto Santander a salvare la banca, ma allo stesso tempo ha mostrato la pericolosità delle risoluzioni Ue (il bail-in completo è evitato in ogni modo da tutti i Paesi) e ha rappresentato il più rilevante malfunzionamento della supervisione Bce dalla nascita nel novembre 2014. Banco Popular ha superato indenne tutti gli appuntamenti di vigilanza: l’asset quality review e lo stress test del 2014, i requisiti Srep degli anni successivi, le ispezioni ordinarie (anche se non si sa quante ne siano state fatte e con quali criteri) e da ultimo lo stress test del luglio 2016.

A meno di un anno di distanza dall’ultima prova, la banca è entrata in crisi di liquidità ed è stata messa in risoluzione, con svalutazioni totali per 300 mila azionisti e per i creditori subordinati. Soltanto la presenza del Banco Santander (quello che ha "ammollato" Antonveneta a MPS innecando la sua mega crisi, ndr) ha evitato perdite ancora maggiori per i risparmiatori. Ma la vicenda ha lasciato dubbi sull’azione delle autorità e su procedure di vigilanza come gli stress test, che appaiono sempre di più un modo per mettere sotto pressione alcune banche, lasciando i problemi delle altre nell’ombra. Perlomeno fino a quando la crisi diventa ingestibile.

Il caso di Banco Popular è una macchia nera che resterà a lungo per la supervisione bancaria. A fine novembre l’istituto ha ricevuto dalla Bce una richiesta di capitale Srep pari al 7,875%, un livello più basso rispetto al 11,5% raggiunto a fine 2016 dalla banca. Il requisito Bce non è lontano da quello di Intesa  (7,25%) e Ubi (7,5%) ed è inferiore a quello di Unicredit  (8,75%) e Mps  (per ora 10,75%). Unicredit  è anche finita sotto il requisito prima dell’aumento di capitale da 13 miliardi. Mps  è tuttora sotto la soglia in attesa della ricapitalizzazione precauzionale.

Un aspetto di rilievo ancora maggiore riguarda gli stress test. Nell’ultima prova Popular ha mostrato un capitale del 6,6% nello scenario avverso a fine 2018: questa è la soglia patrimoniale che la banca avrebbe raggiunto, secondo Eba e Bce, nell’ipotesi di una nuova recessione e di altre assunzioni molto negative. Secondo il test, Popular era quindi in grado di resistere anche a uno scenario apocalittico. Il livello di capitale era largamente superiore a quello di Mps  (che ha concluso l’esame con patrimonio negativo, a -2,4%) e nelle vicinanze di quelli di Raiffeisen (6,12), Bank of Ireland (6,15%), Unicredit  (7,1% senza considerare il successivo aumento di capitale) e Barclays (7,3%). È forse ancora più significativo il capitale previsto da Eba/Bce per Banco Popular nello scenario base: addiritttura 13,45% a fine 2018, un livello di assoluta tranquillità, paradossalmente quasi pari a quello di Santander (13,2%) e superiore a quello di tutte le banche italiane (Intesa Sanpaolo , Unicredit , Ubi e Mps ), con l’unica eccezione di Banco Popolare (ai tempi non ancora fuso con Bpm).
Alla luce di questi numeri e di altri errori simili (come quelli su Deutsche Bank  e Hsh Nordbank, la landesbank che ha avuto bisogno di aiuti di Stato dopo aver superato gli esami Eba-Bce), è lecito avere dubbi sulle metodologie e sugli obiettivi degli stress test, che appaiono un’arma di distruzione (di alcuni istituti) e di distrazione (dai problemi di altri). I criteri sono discutibili e le lacune ormai palesi. Inoltre le valutazioni Bce sembrano viziate a volte dall’impostazione di vigilanza (a forte trazione nordeuropea negli organi ispettivi, negli uffici di Francoforte e in gran parte del Supervisory Board presieduto da Danièle Nouy), a volte da errori di valutazione (come per Banco Popular). Da Francoforte si evidenzia che la risoluzione dell’istituto spagnolo è legata alla crisi di liquidità e non al capitale. Ma anche la liquidità è materia di Vigilanza. Inoltre le crisi nascono nelle situazioni critiche. Per Banco Popular è stato decisivo il deterioramento degli asset immobiliari: la fuga dei depositi ne è stata una conseguenza.

La lezione Popular dovrebbe dare indicazioni per il futuro. Per ironia della sorte, proprio ieri l’Eba, presieduta da Andrea Enria, ha pubblicato la bozza di metodologia per lo stress test 2018. Forse la politica dovrebbe pensare di bloccare questi esami ormai privi di credibilità o perlomeno disinnescarne gli effetti, evitando di pubblicarne i risultati. Più in generale la Bce dovrebbe rivedere le prassi di vigilanza, rendendole più omogenee (per esempio ancora non è chiaro perché le due venete, che un anno fa avevano bisogno di 2,5 miliardi, ora hanno un deficit di 6,4 miliardi).

Un capitolo a parte è quello che riguarda le risoluzioni. C’è chi ieri ha salutato positivamente le procedure perché la banca è stata messa in sicurezza in poche ore. Ma questo è accaduto solo per l’azione del governo spagnolo su Santander, che ha scongiurato l’applicazione completa delle regole con il bail-in dei titoli senior e dei depositanti. La disponibilità di Santander ha consentito al governo di non dover passare per le forche caudine della ricapitalizzazione precauzionale: un passaggio invece necessario in Italia, dove non si sono fatti avanti salvatori per Mps  e le venete, anche perché gli istituti italiani hanno già pagato 8-9 miliardi per le quattro banche risolte, per il fondo volontario e per Atlante (il cui intervento nelle venete non è stato risolutivo). In Spagna, invece, il settore, che sarebbe collassato per la crisi immobiliare, era già stato aiutato con 40 miliardi di denaro pubblico attraverso il fondo europeo Esm.

di Francesco Ninfole, da Milano Finanza


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