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D.l. 99/17 e i diritti dei clienti di BPVi e Veneto Banca in LCA: il parere dello studio Esini, Esini & Da Villa tira in ballo anche Intesa Sanpaolo

Di Risposte agli azionisti Lunedi 31 Luglio 2017 alle 21:21 | 0 commenti

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Vi proponiamo questo ulteriore contributo informativo sulle conseguenze del D.l. 99/17 sui diritti dei clienti della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca poste ora in liquidazione coatta amministrativa. Nel presente documento, a firma dell'avv. Marco Da Villa dello studio Esini, Esini & Da Villa con sedi a Venezia (S. Donà), Roma e Milano) sono esposte alcune valutazioni di massima ed indicazioni generali che prescindono dall'esame della singola fattispecie; in nessun caso esse devono essere intese come un suggerimento o un consiglio ad avviare o non avviare un'azione giudiziaria.

Il quadro giuridico e una valutazione di massima
Il 27 luglio è stato definitivamente convertito il D.L. 99/2017 "Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.".La legge, che peraltro deve ancora essere pubblicata in G.U., è stata annunciata dai media come favorevole ai risparmiatori ma non è così: in termini puramente giuridici essa determina in capo ai clienti investitori una delle più ampie e palesi ingiustizie che il sistema bancario italiano abbia mai recepito.
Era ormai fatto notorio che le popolari si trovassero in situazione di grave dissesto ma chi lo ha gestito non ne ha rappresentato con la trasparenza dovuta in una circostanza così drammatica per la clientela; anzi la corsa alle transazioni avviata a partire dal mese di aprile di quest'anno sotto l'egida delle autorità di vigilanza, l'elaborazione del piano Tiepolo 2.0, le iniziative commerciali per l'incremento della raccolta, etc... hanno generato delle aspettative di risanamento che, evidentemente, non avevano serie fondamenta.
Improvvisamente il 23/6 u.s. la Banca Centrale Europea ha tolto speranza dichiarando che le banche si trovavano in dissesto finanziario ai sensi dell'art. 18, par. 1, lett. a), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 a seguito alla loro ripetuta violazione dei requisiti patrimoniali di vigilanza.
Nella stessa data il SRB (Single Resolution Board) ha stabilito che non c'era ormai alcuna alternativa se non la liquidazione coatta amministrativa degli Istituti secondo le norme italiane.
Nel caso di specie la normativa applicabile sarebbe dovuta essere quella agli artt. 80 e ss. del Testo Unico Bancario, tuttavia il Governo, varando il D.L. di cui sopra ha derogato a tale disciplina disponendo una liquidazione del tutto inedita dei due istituti bancari.
Infatti la liquidazione coinvolge tre soggetti oltre lo Stato (così come previsto dalla direttiva sugli aiuti di Stato) che fa da garante e finanziatore: le banche in LCA ed Intesa SanPaolo, il cessionario, che ha acquistato molti degli attivi delle Popolari e la Società per la Gestione di Attività (SGA) che si occuperà della gestione delle rimanenze attive delle LCA.
L'anomalia evidente di tale meccanismo di risoluzione della crisi non sta nel fatto che con il Decreto si autorizzi una cessione aziendale di gran parte degli attivi delle banche in liquidazione né che i soci e gli obbligazionisti subordinati perdano i loro investimenti: la scelta giuridicamente inaccettabile è quella di aver esentato Intesa da ogni e qualsiasi pretesa non dei soci ma dei clienti danneggiati dalla confermata ripetuta, per non dire sistematica, violazione da parte delle banche delle norme in materia di prestazione dei servizi di investimento.
È la stessa normativa infatti a prevedere che gli azionisti e obbligazionisti subordinati che abbiano acquistato azioni od obbligazioni subordinate delle ex Popolari in violazione della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferibili alle medesime azioni od obbligazioni subordinate sono esclusi dalla cessione e non potranno rivalersi su Intesa che pure è cessionaria di gran parte degli attivi e anche di quegli stessi rapporti contrattuali nell'ambito dei quali il danno è stato causato.
Il principio secondo cui i primi a pagare devono essere i soci è pacifico nella disciplina comunitaria in presenza di aiuti di stato (burden sharing), tuttavia insieme con i soci si sono buttati via anche i clienti che sono soggetti ben diversi: per farlo si è scisso un rapporto unitario cedendo da un lato un insieme aggregato composto prevalentemente da attivi e inibendo dall'altro la possibilità dei clienti danneggiati di rivalersi su un soggetto solvibile. Si è fatto scempio della par condicio creditorum impedendo ad alcuni creditori (azionisti e obbligazionisti subordinati) di rivalersi sugli attivi del loro debitore.
In termini giuridici la vicenda è complessa, ma non occorre un grande approfondimento tecnico per comprendere che, in parole molto semplici, si sono sacrificate le vittime sottraendo alla garanzia dei creditori una parte dei beni del debitore fallito.
* * *
La tutela dei diritti dei clienti nel nuovo quadro giuridico
Il quadro giuridico è di assoluta complessità e saranno necessarie settimane per acquisire tutta la documentazione necessaria per formulare delle valutazioni attendibili, tuttavia anche in questa fase si possono dare delle indicazioni operative ai clienti delle due banche in LCA che hanno subito perdite a seguito dei comportamenti illegittimi di queste ultime.
1 - Un consiglio pratico
È anzitutto opportuno in questa situazione confusa anche a livello operativo capire in mano di chi si trovano i propri risparmi, strumenti finanziari, rapporti: potrebbero infatti essere rimasti in LCA o, come è accaduto quasi certamente, essere transitati in Intesa.
La cosa più banale da fare è andare in banca e chiedere il trasferimento presso altro istituto; se per qualche motivo l'ordine non dovesse essere eseguito è indispensabile capire perché e decidere di conseguenza.
2 - Insinuazione al passivo
Per quanto riguarda i diritti vantati come clienti con riferimento alle perdite azionarie e obbligazionarie subite, l'iniziativa più immediata e scontata, ma ciò non di meno doverosa, è rappresentata dall'insinuazione al passivo della liquidazione coatta amministrativa.
Tra i casi tipici di clienti danneggiati, possono chiedere di insinuarsi al passivo coloro che:
a) lamentano la mancata esecuzione di un ordine di vendita di azioni (i cosiddetti scavalcati);
b) contestano l'inadempimento dell'intermediario agli obblighi connessi con la prestazione dei servizi di investimento (ad esempio, in via esemplificativa ma non esaustiva, il collocamento di strumenti finanziari in spregio al profilo di rischio non adeguato/appropriato, la mancata o scorretta informativa, l'errata prestazione del servizio di consulenza, irregolarità degli ordini, ecc.);
c) lamentano l'operato infedele dei dipendenti e/o dei promotori finanziari delle due Banche Popolari;
d) contestano l'acquisto di azioni e/o obbligazioni convertibili o subordinate perché determinato da false informazioni sociali;
e) contestano l'acquisto per nullità (mancanza di contratto quadro, collocamento fuori sede in difetto di clausola di recesso, falsificazione delle sottoscrizioni, etc...)

f) hanno acquistato le azioni a fronte di finanziamento da parte della banca (le c.d. operazioni "baciate").
L'insinuazione al passivo è la domanda con cui si chiede di ammettere il proprio credito al passivo di un fallimento.
Il termine e le modalità per l'insinuazione al passivo sono individuati dall'articolo 86, comma 5, del testo Unico Bancario: "entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto di liquidazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, i creditori e i titolari dei diritti indicati nel comma 2, i quali non abbiano ricevuto la comunicazione prevista dai commi 1 e 2, devono chiedere ai commissari, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione dei propri beni, presentando i documenti atti a provare l'esistenza, la specie e l'entità dei propri diritti e indicando l'indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere tutte le comunicazioni relative alla procedura". Nel caso di specie il termine di 60 giorni deve ancora iniziare il suo periodo di decorrenza alla data del 28/7/2017, atteso che siamo ancora in attesa della pubblicazione in G.U. dei Decreti Ministeriali n.185 (per BPVI) e 186 (per VB).
Ove il socio/azionista intendesse insinuarsi al passivo della liquidazione coatta amministrativa, sarebbe opportuno che procedesse tramite uno studio legale in quanto si tratta di formulare, in modo semplificato ma non per questo meno preciso, le ragioni della propria pretesa (fatti, documenti, ragioni giuridiche, quantificazione del danno, etc...) esattamente come se si desse il via ad una causa.
Dovrà essere inoltre allegata la documentazione probatoria del credito che, per le banche popolari, non è quasi mai a disposizione del cliente.
Insinuarsi al passivo della liquidazione coatta amministrativa non significa essere certi di ottenere il risarcimento, in tutto o in parte, del danno subito
a. sia perché oggi non ci sono elementi sicuri per poter sostenere che la LCA avrà a disposizione una massa attiva, in poche parole liquidità, sufficiente per risarcire tutti i soci / azionisti (anzi la stessa Banca d'Italia nel documento denominato "La crisi di Veneto Banca S.p.A. e Banca Popolare di Vicenza S.p.A.: Domande e risposte", scrive: "In concreto - per effetto delle ingenti perdite accumulate dalle due banche e del fatto che lo Stato, a fronte dell'esborso per cassa e delle garanzie verso Intesa, si inserisce nel passivo della liquidazione e viene soddisfatto prima degli azionisti e dei creditori subordinati - le liquidazioni non disporranno con tutta probabilità di risorse sufficienti a soddisfare le pretese di azionisti e creditori subordinati." ;
b. sia perché non vi è la certezza che la domanda di insinuazione dei soci / azionisti venga ammessa dal liquidatori allo stato passivo. Ove la domanda dovesse essere respinta, vi sarà la possibilità di proporre, nei 15 giorni dalla comunicazione, l'opposizione dando vita, in questo modo, ad un vero e proprio giudizio di accertamento avanti il Giudice fallimentare.
3 - Istanza di separazione e rivendica
Come abbiamo sopra detto, è possibile, anche se non probabile, che altri strumenti finanziari diversi dalle azioni siano rimasti in LCA.
Nel caso in cui risulti ceduto il rapporto ma nel dossier titoli non compaiano alcuni strumenti finanziari sarà opportuno, nello stesso termine previsto per la domanda di insinuazione al passivo, proporre domanda di rivendica e separazione per la quale. In tal caso è senz'altro opportuno avere un estratto conto titoli aggiornato a poco prima della messa in liquidazione per poter dimostrare quali e quanti sono i titoli cui si ha diritto.
Iniziative giudiziarie nei confronti dei responsabili del crack
Ci sono molti soggetti che, a diverso titolo, possono essere ritenuti responsabili del dissesto delle banche e dei danni subiti dai soci/clienti: gli esponenti aziendali, i sindaci, le società di revisione, le Autorità di vigilanza (Consob, Banca d'Italia) e in alcuni casi gli stessi funzionari che hanno proceduto al collocamento al cliente, tuttavia le azioni di responsabilità nei confronti di questi soggetti risulta ad oggi molto difficile da costruire e, più ancora, da suggerire, alla luce anche del rapporto costo-beneficio:
a. costituirsi parte civile in uno o più dei dibattimenti penali che saranno probabilmente avviati a Roma, Vicenza e Treviso non richiede grandi sforzi, ma ben diverso è recitare una parte attiva in quella sede.
Solo procedere ad una completa acquisizione documentale impone infatti costi importanti per un singolo investitore e ancor di più dotarsi di un'assistenza legale che possa seguire tutte le udienze e svolgere un'adeguata assistenza sino all'ultimo grado di giudizio.
È bene ricordare che rarissimamente l'esercizio dell'azione civile nei giudizi penali in cui i danneggiati siano numerosi (nel nostro caso potrebbe trattarsi di migliaia) porta ad una liquidazione del danno in capo a ciascuna parte; la soluzione più probabile da attendersi è, nel migliore dei casi, l'assegnazione di una provvisionale non elevatissima e il rinvio al giudice civile per la causa di liquidazione del danno.
A quel punto, magari dopo parecchi anni, si ricomincia un giudizio civile nei confronti di responsabili che si saranno liberati dei loro beni.
b. Le azioni risarcitorie nei confronti dei sindaci, dei titolari delle funzioni di controllo, della società di revisione (PWC per Veneto Banca e KPMG per BPVI) o delle autorità di vigilanza (Consob e Banca d'Italia) per omessa vigilanza sono con tutta probabilità fondate, ma assai complesse da costruire.
È infatti estremamente facile, e probabilmente fondato, affermare che se tali soggetti avessero svolto sino in fondo i loro compiti sarebbe probabilmente emerso anni prima il dissesto, tuttavia dimostrarlo in giudizio è ben altra cosa.
L'onere della prova spetta infatti al danneggiato che non ha accesso alcuno alla documentazione relativa alle attività ispettive e di controllo svolte; anzi per le autorità di vigilanza c'è anche l'ostacolo relativo al segreto che copre molto opportunamente almeno parte di tale documentazione.
Nel merito, anche se ci sono stati recentemente significativi sviluppi della giurisprudenza, va ricordato che i Tribunali italiani sono assai restii a condannare le autorità di vigilanza. In ogni caso si tratta di cause che impongono lunga preparazione e assai lunga durata; conseguentemente i costi da affrontare sono ragionevoli per il singolo solo se si tratta di una causa collettiva che consente una ampia condivisione degli oneri.
c. L'azione legale nei confronti dei singoli dipendenti con i quali sono state trattate le operazioni di sottoscrizione delle azioni o delle obbligazioni convertibili presenta meno problemi di costi e una più semplice preparazione tuttavia, anche a prescindere dall'individuazione di un meccanismo di responsabilità personale, esse presentano normalmente due criticità importanti: la difficoltà di dare la prova dell'illecito (si pensi all'ipotesi di dover provare che l'informativa fornita era colposamente errata) e la modesta capacità patrimoniale del dipendente che, una volta condannato al risarcimento, non sarebbe probabilmente in grado di pagare tutti i clienti danneggiati.
L'ipotesi di lavoro che più convince è certamente quella indicata sub b) pur nella innegabile difficoltà della sua impostazione e della necessità di aggregare un numero consistente di risparmiatori al fine di rendere sopportabili gli oneri per il singolo.
L'avvio di tali iniziative giudiziarie, come detto, richiede comunque un investimento significativo di tempo, di risorse economiche e di capacità professionali da parte dei legali incaricati.
Infine va segnalato che le persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti o loro successori mortis causa, detentori, al momento dell'avvio della liquidazione coatta amministrativa, di obbligazioni subordinate emesse da una delle due Banche Popolari Venete, possono accedere al Fondo di solidarietà con erogazione diretta di cui all'articolo 9 del decreto- legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119. L'istanza di erogazione dell'indennizzo forfettario di cui al comma 6 del citato articolo 9 deve essere presentata, a pena di decadenza, entro il 30 settembre 2017
5) Intesa SanPaolo
Attualmente stiamo studiando un'altra iniziativa giudiziaria, irta di difficoltà ma giuridicamente molto interessante, ovvero quella di traslare le azioni contrattuali di risarcimento nei confronti della cessionaria Intesa SanPaolo.
Il punto dolente dell'intera operazione è infatti la scissione dei rapporti in due parti: il lato attivo trasferito a Intesa SanPaolo e il lato passivo lasciato a morire nella bad bank.
La scelta di far pagare per primi agli azionisti era obbligata in base alle normative europee, ma quella di punire anche i clienti incolpevoli, prime vittime delle irregolarità delle banche, è stata un'inaccettabile negazione dei principi fondanti il nostro sistema resa possibile dalla promulgazione di alcune norme di dubbia costituzionalità.
Tale artificio, sotto vari profili non solo di illegittimità costituzionale, è uno dei punti deboli dell'operazione e su di esso è opportuno concentrare gli sforzi.
Si tratta, peraltro, di una scelta obbligata per chi ha le posizioni più critiche, ovvero i clienti che sono stati finanziati dalla banca per comprare, o peggio, per non vendere le azioni; essi si troveranno ben presto a dover fronteggiare le richieste di pagamento di Intesa cui non potranno opporre il loro credito derivante dall'illegittimo danno causato dalla banca in LCA.
Su questo piano riteniamo che ci sia ancora molto da dire.
Nessuna delle soluzioni brevemente descritte, insinuazione al passivo compresa, è risolutiva, semplice e veloce da impostare e condurre in Tribunale o facile da portare a termine con successo ma, d'altra parte, queste sono le migliori opzioni possibili dopo che, con l'operazione voluta dall'esecutivo, è stata sottratta ai clienti la via della causa contrattuale che molti avevano già imboccato per far valere i loro diritti in modo efficace (come in qualche caso c'è stato appena il tempo di dimostrare).
* * *

Nel presente documento sono esposte alcune valutazioni di massima ed indicazioni generali che prescindono dall'esame della singola fattispecie; in nessun caso esse devono essere intese come un suggerimento o un consiglio ad avviare o non avviare un'azione giudiziaria.

Esini, Esini & Da Villa


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