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Good banks, Il Sole 24 Ore: per la cessione torna l'ipotesi «spezzatino»

Di Rassegna Stampa Sabato 20 Agosto 2016 alle 11:33 | 0 commenti

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Good banks, per la cessione torna l'ipotesi «spezzatino»
di Luca Davi Marco Ferrando, da Il Sole 24 Ore
Il dossier sulle good bank si riapre. E a prendere quota ora è la soluzione "spezzatino". Dopo che nelle scorse settimane sono state rispedite al mittente le tre offerte vincolanti inviate dai fondi di investimento (che erano indirizzate prevalentemente all'acquisto dell'intero blocco degli istituti) ora, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, a tornare in gara sono quei soggetti che nei mesi scorsi si erano fatti avanti con alcune manifestazioni d'interesse non vincolanti. Nel dettaglio, a essere state contattate dall'Autorità di risoluzione, assieme ai cda delle banche guidati da Roberto Nicastro e dagli advisor (lo studio Chiomenti per gli aspetti legali, Société Générale per quelli finanziari e Oliver Wyman per quelli strategici) sarebbero state le italiane Ubi, Bper e Banca Popolare di Bari.

Così come è realistico che i canali siano aperti anche con le due banche francesi attive in Italia, ovvero Cariparma e Bnl-Crédit Agricole. Nel dettaglio, a quanto risulta, Ubi potrebbe essere sul dossier Carife. Bper starebbe esaminando i conti di Banca Marche e Banca Etruria. Mentre Banca Popolare di Bari avrebbe messo nel radar Carichieti. Per tutti questi istituti si è riaperta una data room virtuale, con l'obiettivo di favorire un riallineamento informativo rispetto ai fondi di private equity, che già hanno avanzato le loro offerte.
Lo schema di fondo è quello di proseguire in una verifica accelerata dei conti delle banche target per tutto agosto in modo da far emergere le manifestazioni per settembre. Si tratta di una gara contro il tempo, anche perché la fine del prossimo mese rimane la dead-line per la cessione oltre la quale scatterebbero le procedure di sanzione sugli aiuti di Stato. Ma è ragionevole che, alla luce di un chiaro segnale di interesse da parte degli istituti, Bruxelles possa concedere qualche settimana in più per il closing.
Alla base del riavvicinamento delle banche al dossier delle good banks c'è anzitutto il superamento senza problemi degli stress test dell'Eba e della Bce.
Ubi, messo da parte per ora il capitolo Mps, può contare infatti su un Cet 1 ratio dell'11,43%.
Bper, da parte sua, può vantare un Cet 1 ratio del 14,49%, uno dei livelli più alti del comparto.
È evidente che con uno spazio di manovra significativo, gli istituti stiano valutando eventuali opzioni strategiche. Va detto d'altra parte che gli istituti sono ben attenti a non fare passi falsi.
Benché invogliati anche dalla valutazione scontata degli asset in vendita, i potenziali compratori starebbero analizzando con attenzione la qualità degli attivi delle banche poste in risoluzione, su cui, dopo la pulizia legata alla creazione della bad bank, ha inevitabilmente pesato il mancato miglioramento delle condizioni economiche italiane.
Si vedrà. Certo è che per i quattro istituti nati dal salvataggio del novembre scorso di Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Etruria, Banca Marche e la Cassa di Risparmio di Chieti si va profilando non più una cessione in blocco, ma per singola entità. Anche perché, in seno all'Autorità di risoluzione di Banca d'Italia, c'è la consapevolezza che la somma del valore delle singole cessioni possa essere superiore all'ammontare offerto fino ad oggi per l'intero blocco.
Come noto, a venire allo scoperto fino ad oggi sono stati i due fondi Apollo e Lone Star che secondo quanto risulta hanno formulato un'offerta considerata vincolante, accanto al gruppo riassicurativo Barents, interessato alle due compagnie assicurative di Banca Etruria. Possibile che alla luce della riapertura della gara anche questi possano tornare in pista, magari con offerte migliorative rispetto a quelle precedenti, il cui valore si aggirerebbe attorno ai 2-300 milioni. Non è da escludere peraltro che anche il fondo Apax - che aveva tenuto aperta la porta a una possibile offerta - possa tornare in pista. I motivi della bocciatura dei fondi (come anticipato lo scorso 6 agosto dal Sole 24Ore) sarebbero più di forma che di sostanza, e legati in particolare ad alcune condizioni poste dai potenziali acquirenti, così come alle mancate garanzie a copertura delle offerte. Scarso entusiasmo avrebbe tuttavia generato anche l'ammontare dell'offerta avanzata dai private equity, che va confrontata con il patrimonio di 1,4 miliardi degli istituti in vendita. Somma, questa, che è pari al prestito ponte che l'Autorità di risoluzione dovrà rimborsare entro fine anno a Intesa Sanpaolo, UniCredit e Ubi.
Sullo sfondo, infine, rimane l'extrema ratio del supporto da parte del braccio volontario del Fondo interbancario per la tutela dei depositi. Nelle scorse settimane, come anticipato lo scorso 17 luglio dal Sole 24Ore, in seno al consorzio guidato da Giuseppe Boccuzzi e Salvatore Maccarone si è ragionato di un possibile intervento del fondo. Anche perché è evidente che la quota mancante tra il prezzo di cessione delle quattro banche e gli 1,4 miliardi di patrimonio dovrà essere rimborsata dalle altre banche sane, che si troveranno costrette a spesare a bilancio ulteriori costi. D'altra parte è pur vero che i più grandi istituti italiani, che sarebbero i maggiori contributori del fondo, non vedono di buon occhio un'operazione simile.


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