Il decreto col turbo che salva Zonin & c., Il Sole 24 Ore Plus: la norma «domenicale» scongiura le più gravi conseguenze penali. Poco ci manca che soci debbano chiedere scusa...
Sabato 8 Luglio 2017 alle 23:05 | 0 commenti
 
				
		
		«Una liquidazione coatta amministrativa, quella di BpVi e VB costruita per non lasciare alcuna traccia di insolvenza e rendere così vana (o comunque smontabile) ogni iniziativa delle procure. Un decreto giuridicamente così raffinato da rasentare il luciferino». È il commento di un affermato civilista esperto in procedure concorsuali alla lettura del «turbodecreto» 99 firmato domenica 25 giugno. Un dissesto «o quasi dissesto» (come recita il decreto) ma nessuna bancarotta, e dunque nessuna par condicio creditorum da rispettare. Anzi continuità aziendale garantita dallo Stato per i rapporti debito credito delle due banche e nessuno squilibrio, neppure per la parte relativa agli Npl: i liquidatori saranno assistiti dallo Stato che verserà denaro onde consentire un' "ordinata" procedura di recupero. 
Ogni euro che entrerà dall'esazione dei crediti inesigibili costituirà  puro utile. Tutto a posto dunque? Non tutti ne sono così certi visto  che, a quanto risulta a «Plus24» da Vicenza sono partite alcune  richieste di pareri ad altrettanti prestigiosi studi legali circa  l'effettiva blindatura penale dell'operazione e l'assenza di potenziali  profili di bancarotta (anche preferenziale).
Certo che se i pareri  legali dovessero convergere verso questa ipotesi la prima conseguenza  sarebbe l'apertura di un ombrello penale che metterebbe, per il momento,  al riparo dalle temutissime conseguenze di una eventuale dichiarazione  di insolvenza anzitutto coloro che di quel dissesto (o «quasi dissesto»)  sono ritenuti i principali responsabili. Vincenzo Consoli e i suoi  compagni di viaggio per Veneto Banca e Gianni Zonin e i suoi  amministratori per la Banca Popolare di Vicenza. Fosse contestabile la  bancarotta, coloro che oggi sono indagati per altri reati (ostacolo alle  funzioni di vigilanza) in caso di condanna, rischierebbero pene da tre a  dieci anni. E le azioni revocatorie su eventuali trasferimenti di  ricchezza dai responsabili del dissesto (o «quasi dissesto») a congiunti  parenti o prestanome avrebbero potuto bloccare almeno in parte il  tentativo. Vedremo per quali reati eventualmente (e con quali conflitti  di competenza territoriale) verranno perseguiti gli amministratori delle  due banche liquidate "ordinatamente". E vedremo anche quali saranno i  tempi di prescrizione dei reati loro contestati.
È auspicabile,  almeno, che non si giunga ad assistere al paradosso della processione di  117mila soci della BpVi e di 88mila di Veneto Banca tutti in fila a  chiedere scusa ai rispettivi ex amministratori.
di Stefano Elli, da Il Sole 24 Ore Plus
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