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I disastri di BPVi e Veneto Banca, Antonio Guadagnini è il primo politico a evidenziare responsabilità politiche: "siamo minchioni"

Di Rassegna Stampa Lunedi 1 Agosto 2016 alle 09:03 | 0 commenti

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«Siamo una banda di sprovveduti»
Il governo veneto ha un posto di responsabilità nel disastro delle popolari. La parola ad Antonio Guadagnini, intervistato da Renzo Mazzaro oggi su "Il Mattino di Padova": "Nel disastro delle banche venete - sia che vada addebitato ai Vincenzo Consoli e ai Gianni Zonin o a una regia occulta tesa a espropriare il Veneto - ha un posto di responsabilità anche il governo veneto. Lo sostiene Antonio Guadagnini, consigliere regionale che fa parte della maggioranza di Luca Zaia. «Siamo un governo di minchioni, scrivetelo pure», è il suo epitaffio. Guadagnini di numeri s'intende, se non altro perché ha una laurea in economia. Ne ha anche un'altra in filosofia. Per giunta è un venetista di lunghe peregrinazioni. Questo singolare mix di concretezza e utopia ne fa un tipo pericoloso in politica.

Guadagnini, che responsabilità avrebbe il governo veneto?

«Segue l'onda, invece di dare indicazioni, di fare quadrato. Andiamo dietro alle azioni di responsabilità: loro ci mangiano il fegato e noi inseguiamo chi ci ha tagliato i capelli. Governo veneto? Siamo una banda di minchioni. Tra un po' ci ricoverano perché incapaci di intendere e volere».

Ma scusi, chi guidava le due banche non c'entra?

«Possono esserci responsabilità, più per la Popolare di Vicenza che per Veneto Banca, ma la vera responsabilità di quello che è successo è fuori dalle due banche».

Consoli e Zonin vanno assolti?

«Consoli e Zonin possono aver liquidato pochi milioni a uno piuttosto che all'altro, a quanto si legge, ma qui si parla di miliardi. E' una responsabilità millesimale in quello che è successo».

Lei è contrario all'azione di responsabilità?

«Io non voglio difendere le vecchie gestioni, voglio che venga fatta un'analisi oggettiva di quello che è successo, guardando i fatti».

Quali sarebbero i fatti?

«Nel 2012 Banca d'Italia fa un'ispezione alla Bpvi ma non trova nulla di irregolare. Vicepresidente di Bpvi è Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato, fatto che aiuta in un paese come l'Italia. Nel 2013 l'ispezione tocca a Vb e stabilisce che tutto va male, così il direttore della vigilanza Carmelo Barbagallo, consiglia la fusione con un istituto di standing elevato. Cioè Bpvi».

Lei allude a un accordo Monorchio-Barbagallo?

«Era Vicenza a essere messa male, non Montebelluna: lo dice la Bce nel 2014, quando a sorpresa il test aqr non viene passato da Mps, Popolare di Milano e Bpvi, mentre Vb che sembrava la peggiore si salva».

Ma salta anche la fusione suggerita da Barbagallo.

«Certo, si dimostra che serviva a salvare Vicenza, non Veneto Banca».

In ogni caso naufraga l'ipotetico accordo Monorchio-Barbagallo.

«Ma, guarda caso, a inizio del 2015 arriva il decreto del governo Renzi: le banche sopra 8 miliardi di attivo devono trasformarsi in Spa. Sopra 8 miliardi ci sono 6 popolari già quotate e 2 non quotate, le venete. Che, oltre a dover andare in borsa passando da (62,50 e) 40 euro a un bagno di sangue, devono chiedere ai soci un aumento di capitale perché sono variati i coefficienti di patrimonio di Basilea 3. È il fuggi fuggi generale».

Scusi, se questo era il piano, è il governo Renzi che tira le fila. Possibile?

«Io non so chi tira le fila. C'è sicuramente una squadra di persone che con le loro azioni portano a questo risultato».

E a chi giova?

«Di sicuro non alle famiglie venete. Giova a chi si prende le due banche: il fondo Atlante, il salvatore della patria».

Cosa restava, se i grandi soci si erano defilati dall'aumento?

«Per Vb l'imprenditore Bruno Zago aveva annunciato una sottoscrizione fino a 600 milioni, ma è stato stoppato dall'ad Cristiano Carrus: non mettete i soldi, dice Carrus, se arrivate al 60% Atlante non entra con il 40%, perché entrano per comandare; voi il miliardo di cui avete bisogno non lo raccogliete e la banca fallisce. Era necessario che nessuno sottoscrivesse l'aumento, come a Vicenza».

Atlante poteva comandare anche con il 51% invece l'hanno lasciato andare al 98%. Perché?

«Facciamo due conti. Il fondo Atlante è finanziato in particolare da Unicredit, Intesa San Paolo e Poste Italiane. Chi ha beneficiato del fuggi fuggi dei correntisti per 8 miliardi di Vb e oltre 10 per Bpvi? Questa è l'entità dei depositi spariti dalle due banche: dove sono andati? Qualcosa sotto i materassi, ma il grosso di sicuro a Intesa, Unicredit e Poste».

Come fa ad esserne certo?

«Sarebbe bello verificare, ma ne sono convinto. Non solo: Vb ha ancora a bilancio 2 miliardi di attivo, Bpvi credo 4 miliardi. Il fondo Atlante ha messo 2,5 miliardi e ha portato a casa 6 miliardi di attivo, più i 2,5 della sottoscrizione che si è tenuto perché le banche sono sue, e il liquido transitato dai correntisti. Hanno una montagna di clienti nuovi, hanno spazzato via la concorrenza nel Veneto. A chi giova? Ai sottoscrittori di Atlante. Gli stessi che ci hanno già portato via, legalmente, le casse di risparmio qualche anno fa».

Ce le hanno portate via o le abbiamo date via? E' successo con Antonveneta: fior di imprenditori veneti hanno venduto per incassare le plusvalenze. È una Caporetto di classe dirigente.

«Per questo dico minchioni. Consoli che ha dato 8 milioni a Bruno Vespa, è una cortina fumogena per coprire chi ha preso il controllo della zona più dinamica d'Italia. Ora tocca alle Bcc, costrette per decreto a entrare in una capogruppo con un miliardo di capitale. Guarda caso, Icrea, la banca di Roma, che comanderà le Bcc del Veneto. Qui non abbiamo più una banca controllata da gente del territorio»".


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