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Il Fatto denuncia lo scaricabarile dei controllori: "risparmio tradito, il gatto Consob e la volpe Bankitalia"

Di Rassegna Stampa Mercoledi 9 Agosto 2017 alle 10:26 | 0 commenti

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La Consob e la Banca d'Italia hanno vigilato sulle banche con la stessa micidiale efficacia del palo della banda dell'Ortica, che "vederci non vedeva un autobotte, però sentirci ghe sentiva un acident". L'autoritratto, dipinto dalla sentenza con cui la Consob sanziona amministratori e manager di Banca Etruria per aver ingannato il mercato quattro (sic) anni fa, costringe a stropicciarsi gli occhi. Nella primavera 2013 Banca Etruria chiede ai risparmiatori 220 milioni (100 di capitale e 120 di obbligazioni subordinate) per rimettere a posto un patrimonio bucherellato, ma non mette nel prospetto informativo tutte le informazioni sulla sua situazione economica, "circostanza questa", accusa la Consob, "che non ha consentito agli investitori di pervenire a un fondato giudizio".

Notizie fuorvianti o addirittura false, sulle quali la Consob nulla può perché "non è chiamata a svolgere verifiche in ordine alla veridicità delle informazioni riportate nel prospetto". Quindi ognuno può scrivere che cosa gli pare e se ne assume le responsabilità. Se i risparmiatori, che mancano di "educazione finanziaria" e quindi è sempre colpa loro, sapessero che la Consob approva ma non garantisce la veridicità del prospetto, chissà che fine farebbe il mercato finanziario italiano.
Detto del gatto, passiamo alla volpe, la Banca d'Italia. La Consob accusa i passati vertici di Banca Etruria di non aver dato conto nel prospetto di una lettera di Bankitalia del 24 luglio 2012 che denunciava una situazione caratterizzata da "elementi di marcata anomalia che connotano i profili tecnici" e da "diffuse carenze negli assetti organizzativi e di controllo", accompagnata da "inerzia... nell'adozione delle misure sollecitate". Bankitalia ingiungeva di realizzare un aumento di capitale da almeno 100 milioni come "condizione indispensabile per la prosecuzione dell'attività aziendale", cioè per non fallire.
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La Consob osserva che, con quell'indicazione, l'aumento di capitale avrebbe potuto essere giudicato dal mercato solo una boccata d'ossigeno per rinviare la resa dei conti. Ma nel prospetto non c'era scritto niente. La Banca d'Italia, però, secondo legge, aveva autorizzato l'aumento di capitale, solo che a lei spetta solo verificare che non contrasti "con una sana e prudente gestione". Di quello che viene scritto nel prospetto Palazzo Koch non si interessa, tocca alla Consob (se poi qualcuno si suicida, pazienza).
Il particolare forse più orribile è che la Consob dice di aver avuto la lettera di Bankitalia -datata luglio 2012 - il 12 maggio 2016 da Nuova Banca Etruria. In pari data, come dicono loro, Consob ha ottenuto finalmente anche la lettera del governatore Ignazio Visco al presidente di Etruria Giuseppe Fornasari del 3 dicembre 2013 (due anni e mezzo prima). Se gli ispettori dell'autorità guidata da Giuseppe Vegas avessero telefonato al Fatto, avrebbero ottenuto la documentazione qualche anno prima. Comunque in quella lettera Visco scriveva che "a seguito dal progressivo degrado della situazione aziendale, la Banca Popolare dell'Etruria risulta ormai condizionata in modo irreversibile (...) e non è "più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanamento".
Pochi giorni dopo la banca ha inserito nel prospetto delle subordinate in via di collocamento le indicazioni sulla lettera di Visco, in questo modo: i rilievi ispettivi di Bankitalia "non assumono in ogni caso un'entità tale da pregiudicare il mantenimento dei requisiti prudenziali". La Consob approva il supplemento al prospetto, Bankitalia tace, Vegas adesso dice che quella lettera l'ha vista solo nel 2016.
I banchieri sanzionati si sono difesi dicendo che la Consob ha sempre saputo tutto. L'Autorità respinge l'accusa in modo suicida: nelle convulse settimane del 2013, "ancorché, nel fitto e articolato scambio di corrispondenza intercorso a vari fini tra la Consob, Banca Etruria e Banca d'Italia la documentazione poi acquisita formalmente il 12 maggio 2016 fosse stata più volte evocata, la Consob non ne aveva ancora la disponibilità nella sua interezza". Quindi, mentre Etruria piazzava sul mercato 220 milioni di titoli destinati a diventare carta straccia, Consob e Bankitalia evocavano. E, in attesa dell'interezza della documentazione, lasciavano fallire una banca.
Non è un caso isolato. Nel 2015 la Consob ha multato gli ex amministratori di Banca Marche per non aver messo tre anni prima, nel prospetto sull'aumento di capitale da 180 milioni sollecitato da Visco, una lettera dello stesso governatore sulle "crescenti criticità della banca". Visco non si accorse di niente, gli accusati si difesero dicendo di non aver voluto "creare inutili allarmismi", quei 180 milioni sono sfumati il 22 novembre 2015 con il bail in.
Resta un interrogativo per la Commissione parlamentare d'inchiesta. Quando Bankitalia ordina a Etruria di chiedere capitali freschi ai risparmiatori per non fallire, poteva la banca scrivere la verità nel prospetto, cioè "mi servono 220 milioni per non fallire"? Nessuno avrebbe sottoscritto i titoli e la banca sarebbe andata a gambe all'aria. Il mantra della stabilità incarnato da Visco non poteva accettarlo. Da qui l'assurdo balletto tra banca e vigilanza per il quale adesso Consob e Bankitalia, giudici di se stesse, scaricano la colpa su Fornasari & C. Se gli amministratori di Etruria hanno ingannato i risparmiatori, Bankitalia è stata il mandante e la Consob il palo.

Di Giorgio Meletti, il Fatto quotidiano 


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