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Membro del Cda risponde con gli altri se non si attiva: sentenza di condanna del Tribunale di Roma. E per i cda BPVi e Veneto Banca?

Di Rassegna Stampa Mercoledi 15 Agosto 2018 alle 20:50 | 0 commenti

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I componenti del consiglio di amministrazione rispondono della condotta illecita degli altri membri unicamente in caso di negligenza - scrive Antonino Porracciolo su Il Sole 24 Ore per un argomento di interesse anche per la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca con i suoi cda a guida Gianni Zonin e successivi non tutti coinvolti ad oggi dalle vicende giudiziarie-; solo, cioè, se colpevolmente hanno ignorato l'azione illegale o non si sono attivati per evitare l'evento dannoso. Lo afferma il Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d'impresa (presidente Cardinali, relatore Romano), nella sentenza 8808 dello scorso 3 maggio. La controversia è stata promossa dal curatore fallimentare di una Srl per ottenere la condanna dei tre ex componenti del Cda al risarcimento del danno causato alla stessa società dalla violazione dei loro obblighi.

Ai convenuti si contestava la mala gestio della Srl, e in particolare l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali, prelevamenti ingiustificati di denaro dalle casse della società e pagamenti in contanti in violazione del Dlgs 231/2007. Dal canto loro, gli ex amministratori hanno chiesto il rigetto della domanda.
Nel decidere la lite, il tribunale ricorda che, quando il danno deriva dalla condotta di uno dei componenti del Cda, gli altri membri sono responsabili in caso di «colposa ignoranza del fatto altrui»; quando, cioè, non hanno «adeguatamente rilevato i "segnali d'allarme" dell'altrui illecita condotta, percepibili con la diligenza» richiesta dalle funzioni. Non solo. La responsabilità può derivare anche da «inerzia colpevole», e precisamente dal fatto di non essersi attivati per «scongiurare l'evento evitabile».
La responsabilità solidale dei componenti del Cda, prevista dal Codice civile agli articoli 2392 per le Spa e 2476 per le Srl, è, dunque, colpevole e «mai oggettiva», dovendo «sempre essere ancorata almeno all'elemento soggettivo della colpa». Inoltre, come avviene nei casi ordinari di responsabilità solidale civilistica, anche nel diritto commerciale la regola della responsabilità solidale gestoria non esclude affatto che, sebbene in astratto tutti gli amministratori siano responsabili del danno cagionato alla società, «in concreto la responsabilità residui solo a carico di uno o taluno di essi (...) in relazione all'apporto effettivo di ciascuno» nella determinazione del danno.
Nel caso in decisione, due ex amministratori si erano difesi affermando di non aver mai avuto informazioni sulla gestione societaria, di fatto in mano al terzo membro del Cda. Tanto basta, secondo il tribunale, a determinare la loro responsabilità, avendo gli stessi «l'obbligo di attivarsi (quantomeno) al fine di richiedere maggiori informazioni in ordine all'andamento della società».
Peraltro - prosegue il giudice, richiamando l'ultimo comma dell'articolo 2475 del Codice civile -, ciascun amministratore (anche quelli «non direttamente coinvolti nella gestione») ha l'obbligo di prendere l'iniziativa per la stesura del progetto di bilancio. Nella vicenda in esame, la redazione di tale documento avrebbe permesso di rilevare le condotte illecite contestate dalla curatela e quindi di bloccare altre azioni vietate dalla legge e ripianare il debito con il Fisco.
Così il tribunale ha condannato i tre convenuti, in solido tra loro, al risarcimento del danno lamentato dalla curatela, liquidato in 104mila euro.


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