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Il primo ricorso alla Corte contro decreto Intesa Sanpaolo - BPVi - Veneto Banca, CorVeneto: «Viola la Costituzione», come previsto da VicenzaPiù

Di Emma Reda Domenica 2 Luglio 2017 alle 21:34 | 0 commenti

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Lo avevamo scritto subito nell'articolo «Liquidazione coatta amministrativa di BPVi, e non solo, tra incostituzionalità del Dl, nomina di Viola a commissario, revocatorie per soci e Intesa. Tutto per salvare Bankitalia e Consob» e lo confermava la successiva intervista «Renato Ellero e il grande pasticcio del DL sulla liquidazione coatta di BPVi e Veneto Banca: "vanno arrestati tutti!"». Ora sul Corriere del Veneto si parla del primo ricorso alla Corte contro il decreto Intesa Sanpaolo - BPVi - Veneto Banca: «Viola la Costituzione». Ecco l'articolo di Giovanni Viafora

«Serve una soluzione tecnica a questo guazzabuglio giuridico», ha scritto solo due giorni fa su questo giornale il professor Tommaso dalla Massara, ordinario del dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Verona, a proposito del decreto legge dello scorso 25 giugno, con cui il Consiglio dei Ministri ha sostanzialmente dato «cornice» normativa all'operazione-Intesa.

Intanto però, in attesa di un eventuale rimedio («Qualche soluzione si troverà», ha abbozzato ieri il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta»), l'impressione è che ciascuno dovrà badare a se stesso. E che, da qui in avanti, ne vedremo delle belle.

Non sorprende perciò la notizia che arriva dal Tribunale delle imprese di Venezia; e cioè che c'è già un primo azionista (è un veronese) che, nel corso della causa civile contro Popolare di Vicenza, ha deciso di sollevare questione di illegittimità costituzionale proprio contro l'atto normativo del governo. «La liquidazione coatta amministrativa prevista dal decreto - hanno scritto nella loro istanza gli avvocati Gianluca Luciani, Vincenzo Cusumano e Camilla Cusumano - determina l'interruzione del processo che, in combinato disposto con la norma che prevede l'impossibilità di continuare o intraprendere l'azione giudiziaria nei confronti della cessionaria (Intesa, ndr ), determina un concreto, attuale e immediato nocumento all'attore». Una mossa che si attendeva, e che sarà replicata con tutta probabilità anche dagli altri azionisti nelle stesse condizioni del veronese (centinaia, tutti coloro in pratica che a marzo avevano rifiutato l'Offerta pubblica di transazione, procedendo con l'azione legale). D'altronde, come si sa, il decreto ha praticamente tagliato le gambe a questi soggetti, i quali si troveranno ora a chiedere tutela delle loro ragioni di fronte ad una banca in liquidazione. Con l'unica strada diventata praticabile che è quella dei creditori chirografari in sede di ammissione al passivo. Che significa cioè mettersi in coda e sperare che rimanga qualcosa dopo che abbiano trovato soddisfazione i creditori privilegiati (come consulenti, fornitori, etc...). Un percorso che potrebbe durare anni.

Ma come hanno strutturato l'«istanza di rimessione alla Corte Costituzionale» gli avvocati dell'azionista veronese (che ora la ripeteranno per altri cinque loro clienti)? Dopo aver richiamato i fatti, i legali, nel loro atto, elencano i motivi per cui il provvedimento del governo sarebbe incostituzionale: sarebbero tredici. «Il decreto svuota la società in liquidazione della garanzia patrimoniale - affermano all'inizio -, dei crediti e delle attività in bonis e nello stesso tempo preclude ai creditori di rifarsi sul cessionario. Ciò comporta una violazione del principio di legalità, inteso nel senso dell'esistenza di una norma di legge sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile alla base dell'intervento, che finisce per avere natura sostanzialmente espropriativa». Quindi proseguono, evidenziando una serie di criticità: «Vi è violazione del principio di proporzionalità in quanto gli azionisti perdono ogni possibilità concreta di ristoro, mentre gli obbligazionisti subordinati hanno diritto a un ristoro pari all'80% del capitale investito». E non solo: «Vi è disparità di trattamento tra le banche popolari cooperative e tutte le altre banche, in particolare Monte dei Paschi di Siena, che è stata ricapitalizzata, salvando gli azionisti». E si riscontra anche una «violazione dell'articolo 3 della Costituzione in quanto è assolutamente irragionevole prevedere la liquidazione coatta amministrativa, che è una procedura concorsuale finalizzata a realizzare la par condicio creditorum e contestualmente impedire di fatto ai creditori di poter realizzare le proprie pretese». Ora ovviamente sarà il giudice - nella specie la dottoressa Mariagrazia Balletti - a valutare se rimettere la questione alla Corte. Se lo farà, valutando quindi che vi sia almeno la parvenza di una buona ragione da parte dell'azionista, la palla passerà ai supremi giudici i quali dovranno dire se il decreto del governo rispetti o meno i principi della Carta. Ed è inutile dire che se fosse così ci troveremmo di fronte ad un passaggio delicatissimo, dove, ancora una volta, il quadro generale potrebbe essere rimesso in gioco.


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