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Il Veneto dei disastri di BPVi e Veneto Banca, Luigi Zingales: come la Boston di Spotlight, troppi guardavano altrove

Di Rassegna Stampa Domenica 26 Febbraio 2017 alle 10:52 | 0 commenti

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«Ci vuole un villaggio per far crescere un bambino. E uno anche per violentarlo. Chi guarda dall'altra parte di fronte al crimine ne è corresponsabile». Il Veneto del disastro bancario come la Boston della pedofilia nella Chiesa del film Spotlight. Luigi Zingales, l'economista padovano che insegna a Chicago, si sa, arriva subito al punto, secondo la logica americana. Tagliando i troppi meandri, che spesso sfociano nell'autoassoluzione, dei discorsi all'italiana. La riprova si è avuta ieri, nell'aula magna dell'Università di Padova, dove il suo intervento è stato il perno del convegno sul risparmio e le banche, organizzato per i cinquant'anni dello studio professionale Cortellazzo&Soatto. Dunque il Veneto dei misfatti di Banca Popolare Vicenza e Veneto Banca come la Boston della pedofilia? «Eh sì - spiega a convegno finito Zingales -. Nel film Spotlight dicono che la colpa non è solo della Chiesa, ma anche di chi ha guardato senza far nulla. E in Veneto di gente che ha fatto così ce n'è parecchia» (VicenzaPiù ha scriito, da sola, fin dal 13 agosto 2010, vedi il libro "Vicenza. La città sbancata").

Il pugno nello stomaco a una regione incline a sorvolare su quanto successo esce in coda al convegno, in risposta a una domanda. «Soprattutto in Veneto dobbiamo metterci una mano sulla coscienza e chiederci in che misura siamo stati tutti in qualche modo complici - ha sostenuto Zingales -. Come il commercialista che ha firmato i bilanci di Bpvi con le azioni a 62 euro, quando un anno dopo valevano 10 centesimi. Ma si dice: ‘Io ho preso per buono quel che mi hanno detto' . Appunto, hai guardato dall'altra parte. Lo stesso vale per Veneto Banca, per i revisori, per i membri dei cda e via così. La riscoperta della responsabilità etica delle professioni è decisiva».

Certo, poi ci sono le responsabilità puntuali. Su cui Zingales, che ha accusato il governo di aver usato l'approccio del pompiere che interviene (tardi) quando scoppiano gli incendi, ha ripetuto la necessità di una commissione d'inchiesta: «Quanto è successo nel sistema bancario non è solo colpa della crisi», ha affermato, confutando una tesi tipica che si sente sulle due ex popolari venete, con i dati alla mano sulle sofferenze bancarie, dove salta qualsiasi logica. «Le famiglie sono state supervirtuose in una crisi che ha colpite duro. E le microimprese hanno tassi bassi d'insolvenza, quando ci sta che ne producano di più, perché è più difficile valutarle. Ma nei prestiti tra 500 mila e 25 milioni di euro, dove i dati per valutare le aziende ci sono e dove dovrebbe valere il banchiere che sceglie i progetti, ci sono perdite oltre ogni logica. Senza contare l'immobiliare, dove il 50% dei prestiti sono in sofferenza, senza aver avuto una bolla come in Spagna, dove siamo al 35%». Per questo, la commissione d'inchiesta: «Seria, per capire cosa è successo e perché non si ripeta, non per portare qualcuno in piazza. Dopo un incidente aereo si fa una commissione per evitare il disastro successivo. È banale, non deve arrivare uno da Chicago a dirlo».

Zingales si è detto poi favorevole alla pubblicazione dei nomi dei grandi debitori insolventi: «Non c'è motivo per non farlo. Abbiamo il dovere morale che non si ripeta quella lista. Fallire ci sta. Ma bisogna distinguere i manigoldi. E poi i primi 30 di Bpvi sono il 29% delle sofferenze 2015: non un campione non rappresentativo. E il 12% è di 7 imprese con affidamenti oltre i 25 milioni: la media è il 3%. Vuol dire che Bpvi se li è andati a cercare». Non è l'unico dato: «A fine 2008, prima della crisi, il 35% delle imprese affidate da Bpvi poi divenute insolventi ha margine operativo lordo o patrimonio netto negativo. Il rapporto tra i due indici è in media 55; si dice che 6-7 è il massimo per dar credito. Qui la crisi non c'entra, non andavano bene già prima. Se questi dati li ho visti io, Bankitalia dov'era?».

Ultima questione a margine sulla querelle se Atlante dovrà mettere gli ultimi 1.700 milioni a disposizione delle sofferenze nell'aumento di capitale delle venete: «È un soggetto privato, deciderà. Ma se interverrà lo Stato, verrà azzerato. Si tenterà di dire che è un intervento pubblico e va protetto. Ma io lo vedo come un privato che ha investito: se non recupera i soldi sono fatti suoi. Se vuole investire sulle sofferenze può farlo. Non certo ancora sulle banche».


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