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Il Veneto, le sanzioni alla Russia e l’Europa ai tempi di mr. Trump

Di Redazione VicenzaPiù Lunedi 14 Novembre 2016 alle 13:37 | 0 commenti

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Roberto Ciambetti, presidente Consiglio regionale Veneto

Anche nell’inglese americanizzato di mr Trump, “appeasement” , stando all’Enciclopedia Britannica, significa “politica estera di pacificazione attraverso negoziati tesi a prevenire un conflitto con una nazione trattata ingiustamente”:  facile vedere dietro questa definizione di nazione la Russia di Putin e una possibile inversione di rotta rispetto alla politica estera di Obama, che si è disinteressato alquanto dell’Europa. Senza un nuovo e pacifico rapporto Usa e Russia non si troverà un accordo sul caso ucraino e soprattutto, ma non solo, sul fronte medio orientale e sulla Siria. La svolta per Trump è necessaria anche verso i paesi wahabiti, principali finanziatori dell’Isis e di Hillary Clinton, il che non dispiacerà alla Russia.

In questi anni di sanzioni  a  sopportare i costi maggiori sono stati gli europei e il volume degli scambi tra la Russia e gli USA negli ultimi tempi è diminuito più lentamente rispetto a quello degli altri paesi, tanto che  a giugno di quest’anno la quota USA nel commercio estero russo è salita del 4,1% ma potrebbe crescere ancor di più per gli statunitensi se si ristabilisce uno scenario pacifico sia in Ucraina sia sconfiggendo il terrorismo islamico sia sciogliendo positivamente il nodo siriano.

Il tessuto economico europeo ha perso più di 100 miliardi in questa partita contro la Russia  e in virtù delle sanzioni le imprese venete fino al 2015 hanno visto sfumare 688.2 milioni di €.  Oggi il sistema Italia esporta di più verso Vienna o Amsterdam piuttosto che a Mosca il che è ridicolo. Purtroppo i dati relativi al 2016 sono ancora più inquietanti: il crollo delle esportazioni segna un meno 48 per cento complessivo verso la Russia.   Maggiormente colpite l’impresa manifatturiera, il sistema moda e l’agricoltura: per capire cosa significhi per il Veneto questo crollo basti pensare che direttamente o indirettamente, comprendendo anche l’indotto, i 688 milioni perduti equivalgono a oltre tre mila posti di lavoro solo nella nostra Regione. Il dato è ancor più negativo, se consideriamo che parte delle nostre merci e prodotti sono state sostituite dai Russi attingendo a nuovi fornitori, ad iniziare da quelli cinesi che stanno progredendo a passi da gigante anche nel campo tecnologico. Il rischio di perdere importanti quote di mercato è reale. Ma ancor più reale è il rischio di vedere emarginata dal dialogo con la Russia  l’intera Europa: se l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa, magari sotto la spinta delle nazioni dell’Europa orientale, rinnoveranno ancora le sanzioni c’è il rischio di trovarsi spiazzati da una nuova politica estera Usa.  Possiamo correre questo rischio?

Non credo. E non credo neanche che noi si debba correre il rischio di veder aumentare le tensioni tra la Nato e la Russia: come ha più volte notato Sergio Romano, che di Russia se ne intende, le manifestazioni muscolari della Nato sono avvertite dai Russi come provocazioni tanto inopportune quanto violente.  Bisogna togliere il pallino dalle mani dei militari e passarlo a quelle dei diplomatici.

Spingere la Russia  a stabilire un asse ancor più forte con la Cina e l’economia emergente indiana  potrebbe essere una scelta suicida: Trump questo lo sa. L’Europa, soprattutto quella orientale, non l’ha ancora capito. Per questo dobbiamo tenere aperti i ponti del dialogo con Mosca, indipendentemente da quanto deciderà la nuova amministrazione statunitense: l’Europa gioca il suo futuro e il Veneto non vuole di certo farsi trascinare nel baratro.

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