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Il vescovo Pizziol a BPVi: ridate i soldi ai soci! Un lettore al GdV: no, Zonin santo subito!

Di Gianfri Bogart Domenica 10 Aprile 2016 alle 08:48 | 1 commenti

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Il vescovo di Vicenza, Monsignor Beniamino Pizziol, venerdì scorso, 8 apprile, riferendosi alla "crisi" della banca Popoalre di Vicenza ha dichiarato "i responsabili devono porre rimedio a tale dissesto e restituire il denaro!". Sappiamo tutti, o quasi, che la Chiesa è attraversato anch'essa sa sussulti di speculazioni e da conati di ricchezza contro cui papa Ratzinger si è dimesso per lanciare un messaggio di una forza sovrumana che ha raccolto con altrettanta determinaziona Papa Francesco. Ma evidentemente non deve pensarla così Giuseppe Sartori, un lettore della stampa amica, della Banca Popolare di Vicenza dal 1867 ci dicono, che ha inviato una lettera pubblicata lì sabato a tutta pagina (e per giunta di fronte alla rubrica più letta, quella degli annunci funebri) e che qui riprendiamo per proporla anche ai nsotri lettori.

Nella lettera il sig. Sartori per il dissesto della BPVi se la prende con tutti i poteri del mondo, vescovi inclusi, meno che con chi la banca l'ha gestita, a dispetto di quei poteri, e con le banche che sono dietro a Il Corriere della Sera, con Il Sole 24 Ore, che appartine a Confindustria nazionale, quella cattiva nei confronti della associata di Vicenza, e col loro "golpe" finanziario sventato anche dal no all'azione di responsabilità perchè, scrive convinto, "sconfitto dal 97% del capitale che ha dimostrato di non volerla o bocciandola esplicitamente o astenendosi o addirittura non presentandosi all'assise: un risultato inequivocabile, ma che ha deluso quanti avrebbero voluto non la celebrazione di un'assemblea, del principale rito della democrazia societaria, ma di un autodafé di vendette o esecuzioni...".

Caro vescovo Pizziol, anche se la Diocesi con la sua Voce dei Berici e con i Servi di Maria di Monte Berico ha finanziato la banca di Gianni Zonin con 3,5 milioni di euro poi persi, ascolta questa voce che ti arriva dal gregge, cancella la tua richiesta di restituire i loro soldi ai più deboli dei 118.000 soci che li hanno persi, magari Chiesa terrena esclusa, e, per far perdonare "parroci e vescovi che hanno perso il senso della misura (e del ruolo) assimilando i banchieri ai terroristi "indemoniati" delle stragi di Parigi e Bruxelles...", apri un processo.

Di responsabilità?

No, per carità.

Di beatificazione.

E fai Zonin "santo subito!"

 

«Quali le ragioni dell'accanimento contro BpVi»
sabato 09 aprile 2016 LETTERE al Giornale di Vicenza, pagina 62

Al di là della comprensibile rabbia di tanti soci della Banca popolare di Vicenza per la perdita di valore delle loro azioni, c'è da chiedersi quali siano le ragioni di un accanimento contro la Banca e i suoi amministratori che non ha veramente precedenti, per durata e livello di aggressività, in nessuna altra vicenda bancaria, delle moltissime che hanno costellato la storia patria. Qualcuno dice che la Banca era come la Madonna di Monte Berico e sicuramente la delusione è direttamente proporzionale alla fiducia di cui godeva. Ma ciò non basta a spiegare il processo mediatico cui abbiamo assistito su quotidiani, periodici, trasmissioni, nazionali e locali, che da almeno un anno hanno messo l'Istituto sul banco degli imputati, con una campagna ossessiva che ripete sempre le medesime colpe (il finanziamento dei soci per l'acquisto delle azioni, la valutazione del prezzo delle azioni) fino a perdere il peso reale di tali elementi nella crisi delle banche popolari rispetto a quello della più grande crisi economica del dopoguerra, all'avvento dei nuovi criteri di vigilanza europei, all'obbligatoria trasformazione delle popolari in società per azioni, alla paura indotta dal fallimento dell'Etruria e delle altre tre banche minori e al micidiale incrociarsi di tutto ciò con le nuove regole del bail-in che ha ingigantito le paure dei clienti spingendoli a ritirare in massa i loro depositi. Così, la richiesta reiterata di azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori è diventato un mantra che accomuna politici, giornalisti, associazioni più o meno rappresentative dei soci, addirittura parroci e vescovi che hanno perso il senso della misura (e del ruolo) assimilando i banchieri ai terroristi "indemoniati" delle stragi di Parigi e Bruxelles! Un mantra che dimentica che la bocciatura dell'azione di responsabilità proviene dall'assemblea dove il 3% del capitale favorevole all'azione è stato sconfitto dal 97% del capitale che ha dimostrato di non volerla o bocciandola esplicitamente o astenendosi o addirittura non presentandosi all'assise: un risultato inequivocabile, ma che ha deluso quanti avrebbero voluto non la celebrazione di un'assemblea, del principale rito della democrazia societaria, ma di un autodafé di vendette o esecuzioni. Ma quali allora le ragioni di tanta risonanza negativa che si è trasformata anche in attacchi personali a chi quelle banche ha guidato per anni trasformandole da panchette di provincia in istituti di dimensione nazionale? Al primo posto certamente sta il numero degli azionisti (oltre 100.000), una platea enorme che interessa i politici a caccia di voti, soprattutto dei politici che di voti ne hanno pochissimi, ma che interessa molto anche tanti professionisti, soprattutto quelli più modesti, che si procurano clienti sfruttando la rabbia e alimentando attese spesso fallaci; come pure a caccia di clienti sono le centinaia di promotori finanziari e di funzionari di banche concorrenti pronti ad offrire ai risparmiatori delusi e incerti il porto sicuro dei loro istituti di credito. Ma ciò non basta ancora a spiegare la dimensione del fenomeno, perché l'attacco è stato alimentato fin dall'inizio dai grandi quotidiani nazionali e dai principali giornali economici, soprattutto di area milanese, ovviamente seguiti a ruota da alcuni di quelli locali in una rincorsa di attenzioni sempre più micidiale per l'immagine delle banche venete, pochissimo difesa anche dai loro nuovi amministratori. Fin dai primi stress test nell'autunno del 2014, e poi durante l'ispezione della Bce della primavera successiva sfociata infine nelle iniziative della Procura dì Vicenza, centinaia di articoli, indiscrezioni, anticipazioni, fughe di notizie, interviste più o meno autorizzate hanno mantenuto altissimo il livello di fuoco contro la banca e i suoi amministratori. Cui prodest? Nessuno che abbia notato il particolare ruolo del Corriere della Sera, di cui sono azioniste direttamente o indirettamente la grandi banche italiane, in speciale consonanza di intenti con quelli del Sole 24 ore, contro le banche venete e in particolare contro la Popolare di Vicenza? Il Corriere ha schierato tutti i suoi giornalisti economici e non solo in una particolare demonizzazione della Banca Popolare di Vicenza e del suo presidente, addirittura invocando la necessità che Milano, città della "borghesia delle competenze" debba farsi carico dei territori Veneti ove hanno operato "imbroglioni paesani" per troppo tempo a capo delle banche popolari! Sul ruolo (determinante) delle popolari nella crescita di questi territori, ovviamente nemmeno una parola, anche se le aziende e le famiglie che li popolano, e i loro denari, fanno gola a tutti, a patto però che si possano conquistare con una pipa di tabacco! Il capitalismo di relazione, tanto esecrato, andrà dunque sostituito con i grandi capitali per rendere più forti le banche o per arricchire ulteriormente i loro nuovi padroni?

Giuseppe Sartori


Commenti

Inviato Lunedi 11 Aprile 2016 alle 12:41

Senti...senti...il Vescovo declama........ridateci i soldi, quali? Forse quelli della Banca Cattolica del Veneto di cui, nulla si è mai saputo! Amen. Sempre peggio!
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