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L'holding proposta da "Noi che credevamo nella BPVi": idea apprezzabile ma impegno improbo

Di Giancarlo Marcotti Mercoledi 14 Giugno 2017 alle 21:01 | 0 commenti

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Abbiamo sempre guardato con favore al sorgere di comitati in difesa dei piccoli (ma anche grandi, perché no?) azionisti delle banche venete, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e VicenzaPiù è stata forse la sola a dar voce costantemente a tutte queste realtà. Apprezziamo, quindi, lo spirito combattivo e la sacrosanta voglia di giustizia che anima "Noi che credevamo nella BPVi", una associazione per la quale non si può disconoscere l'assoluta abnegazione alla causa. Ed è in quest'ottica che troviamo lodevole il rinnovato impegno profuso al fine di trovare una "soluzione" al problema che assilla decine di migliaia di piccoli e grandi azionisti che si son visti volatilizzare i risparmi di "più vite", visto che spesso erano risparmi di "più generazioni".

Ora "Noi che credevamo nella BPVi" vuol fare ancora un passo avanti, non vorrebbe limitarsi a tutelare i propri associati, ma cerca di proporre anche soluzioni per trovare una via d'uscita ad una situazione che obiettivamente più che complicata si è fatta disperata.
Viene così proposta la costituzione di una Holding che, con un convincente piano industriale ed il contributo determinante dello Stato, sia in grado di dare un futuro alla Banca.
Ebbene, non sarebbe opportuno, e soprattutto non sarebbe questa la sede adatta, per analizzare nei dettagli questa proposta, ma qualche considerazione generale si può certamente fare.
Innanzitutto ho sempre sostenuto, e non ho cambiato idea, che uno dei lavori più complicati è fare il banchiere, occorre, naturalmente per farlo bene, avere grandi qualità e la più importante è proprio quella di sapersi circondare di ottimi collaboratori.
Avere un efficace piano industriale è chiaramente un imprescindibile punto di partenza, ma spesso i piani industriali si rivelano dei bellissimi libri dei sogni, un conto infatti è mettere su carta idee, propositi ed intenti, un altro realizzarli.
Ma se già è estremamente complicato fare il banchiere in condizioni "normali", diventa un'impresa al limite del possibile quando le condizioni economiche generali sono tutt'altro che rosee. Quando il settore industriale è costretto ad avere un "listino prezzi" gonfiato da una moneta evidentemente sopravvalutata.
Fare credito durante una fase economica recessiva è complicatissimo, e si sfiora l'autolesionismo quando la crisi si protrae nel tempo. E purtroppo non abbiamo neppure la speranza di un miglioramento finché rimarranno in essere le condizioni che determinano la debolezza della nostra economia, ossia, finché saremo costretti ad utilizzare una moneta che non controlliamo e che è evidentemente sopravvalutata rispetto alla nostra economia.
I continui, ripetuti, ricorrenti aumenti di capitale ai quali è ricorso l'intero sistema bancario italiano ne è la più evidente dimostrazione. Finché han potuto sono stati sottoscritti dai risparmiatori, che in alcuni casi hanno gettato la spugna come nel caso delle quattro banche "salvate" dal Governo nel 2015 ed in tempi recenti "rifilate" ad Ubi Banca che proprio ieri si è vista costretta, anche per questo, a lanciare l'ennesimo aumento di capitale.
Ma hanno gettato la spugna anche gli azionisti di Montepaschi e delle Popolari venete, insomma, per chi non l'avesse ancora capito, è l'intero sistema bancario italiano che sta andando a fondo.

Cari amici di "Noi che credevamo nella BPVi" la nostra non è una visione pessimistica, noi guardiamo in faccia la realtà e non ci facciamo condizionare dal tam tam dei media nazionali che continuano ad illudere la gente raccontando la favoletta che il peggio è alle spalle e la soluzione dei problemi a portata di mano.

Parafrasando una bella canzone portata al successo ormai alcuni anni fa da Eros Ramazzotti potremmo chiosare: se bastasse un bel piano industriale...


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