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L'inflazione e la deflazione: la bella e la bestia, ma anche viceversa

Di Giancarlo Marcotti Sabato 25 Febbraio 2017 alle 10:46 | 0 commenti

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Per coloro che hanno superato gli "anta" il termine inflazione è di quelli che incute una certa paura, eppure l'Italia nel periodo della grande inflazione, ossia gli anni '70 e la prima metà degli anni '80, stava molto meglio di oggi. Ma l'inflazione ha sempre avuto una brutta fama, veniva infatti definita come "la tassa più iniqua" perché colpiva nella stessa misura i ricchi ed i poveri. In tempi recentissimi, tuttavia, il termine inflazione è stato rivalutato, ora, è quasi un paradosso, a far paura è il suo esatto contrario, ossia la deflazione. Si rischia davvero di non capirci più nulla, di cosa dobbiamo davvero preoccuparci? La risposta è semplice: di entrambe. Certamente la deflazione fa meno paura, ma non per questo è meno pericolosa, anzi, è subdola e non fa danni meno gravi rispetto all'inflazione.

Sgombriamo il campo da ogni dubbio, sia l'inflazione che la deflazione sono degli stati patologici dell'economia e, con il loro perdurare, tendono a produrre danni sempre più rilevanti, vanno quindi affrontate e sconfitte nel più breve tempo possibile.

Diciamo poi che in un'economia sana i prezzi dovrebbero tendenzialmente salire anche se in misura inferiore rispetto al tasso di crescita economica, insomma, tanto per essere chiari: crescere sì, ma meno del Pil.

Ebbene, l'Istat, dopo averci detto che, mediamente, nel 2016 l'Italia è stata in deflazione, ora ci informa che è tornata l'inflazione, a gennaio ha toccato quota 1%, non accadeva da oltre tre anni.

Bene, dovremmo esser contenti allora ... o no?

Beh, non proprio. Forse è bene non fermarci ad un'analisi superficiale.

Intanto sottolineiamo che questo dato (+1%), è superiore al tasso di crescita del Pil stimato dal nostro Governo per l'anno in corso e, per quanto abbiamo appena detto, questa non è una buona notizia.

Ma poi occorre scendere un po' più nel dettaglio, perché ... le inflazioni non sono tutte uguali.

Abbiamo detto che esiste una "inflazione buona" ossia una sana e morigerata crescita del livello dei prezzi, è la cosiddetta "inflazione da domanda", ossia quella crescita dei prezzi derivata dall'aumento della domanda interna .

In pratica quando la popolazione in generale migliora il proprio reddito tende ovviamente a consumare di più, facendo aumentare la domanda ed, almeno parzialmente, anche i prezzi.

Tuttavia quella che l'Istat ha riscontrato nello scorso mese di gennaio nel nostro Paese è dovuta essenzialmente a due fattori esogeni: il rincaro dei prezzi petroliferi e quello dei ben alimentari dovuti al clima invernale sfavorevole.

Insomma nulla a che fare con la domanda interna che continua a latitare perché gli italiani continuano ad impoverirsi.

Le politiche espansive che da tempo la Banca Centrale europea ha messo in opera, nel nostro Paese, non hanno avuto effetti apprezzabili, tuttavia Eurostat (l'Istat europeo) ci informa che, sempre a gennaio, l'inflazione nei Paesi Ue è stata dell'1,8% e dell'1,7% nell'eurozona.

Dato che la "missione" per la Bce è il controllo dei prezzi nell'area e da sempre l'obiettivo era un tasso appena inferiore al 2% ... direi che ci siamo.

Quindi, purtroppo, per l'Italia non ci sarà neppure più l'aiuto di Draghi nell'incentivare misure espansive, la manovrina (3,4 miliardi di euro) che Bruxelles ci chiede oggi è nulla rispetto a quanto ci chiederà in autunno (si stima 15/20 miliardi), per noi quindi lo spettro della deflazione è ancora uno scenario molto probabile.

Insomma risollevarci dalla crisi risulterà ancora molto difficile.

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