Quotidiano | Rassegna stampa | Categorie: Politica, Internet

L'inflazione scende come il petrolio, ma non va su anche se il petrolio sale. La colpa? Di web, Cina, India e Russia

Di Rassegna Stampa Lunedi 18 Gennaio 2016 alle 22:40 | 0 commenti

ArticleImage

Nel 1996 un economista inglese, Roger Bootle, pubblicò un libro, dal titolo macabro ma intrigante: The death of inflation, La morte dell'inflazione. Prontamente tradotto lo stesso anno dal Sole 24 Ore Libri (con un titolo un po' meno luttuoso, «La fine dell'inflazione»), si è rivelato una delle opere più profetiche degli ultimi decenni. Proiettava inflazione bassa, se non zero, per sempre, e tassi di interesse egualmente schiacciati. Vale la pena guardare ancora ai motivi profondi di quelle (corrette) previsioni, specie adesso che il prezzo del petrolio basso sta trascinando ancora più giù il tasso di aumento dei prezzi. Il che fa pensare: se il petrolio risale, risalirà anche l'inflazione?

No, non risalirà, o almeno non risalirà ai livelli che sono scolpiti nei nostri circuiti mentali e hanno prevalso nel dopoguerra. Un dopoguerra che ha visto un aumento strisciante del tasso di inflazione, che in molti Paesi (incluso il nostro), e non solo per le crisi petrolifere, ha raggiunto punte del 20 per cento. Ma prima di guardare alle cause fondamentali della bassa inflazione, facciamo una semplice osservazione. Oggi il petrolio è sui 30 dollari al barile e l'inflazione è sotto l'1% sia in Europa che in America. Ma nella primavera del 2014, quando il greggio quotava più di 100 dollari al barile, l'inflazione era all'incirca eguale in Europa e in Italia (meno dell'1%) e solo del 2% negli Usa.
Quali sono allora le cause di fondo che ci hanno fatto entrare in un'era di bassa inflazione? Le pressioni sui prezzi vengono da due "poteri": il potere dei produttori nel fissare i prezzi stessi e il potere dei lavoratori nel fissare i salari (la componente principale dei prezzi). Ambedue questi poteri sono oggi erosi dalla globalizzazione e dalle tecnologie.
Da quando, alla fine degli anni 80, la "forza di lavoro di mercato" raddoppiò nel mondo con l'ingresso di miliardi di persone da Cina, India e Russia (tre popolosi Paesi, con ricche eredità culturali, che andavano scrollandosi di dosso lo statalismo), questa immensa riserva di manodopera era in grado di usare le nuove tecnologie per produrre quasi qualsiasi cosa a costi contenuti.

Questo epocale sommovimento portò a pressioni al ribasso sui salari dei Paesi avanzati. I sindacati persero potere, e non solo per l'avvento nell'arena del mercato di lavoratori a basso costo. Anche perché le tecnologie, dall'informatica alle telecomunicazioni, permettevano di usare meno lavoro. A questa perdita di potere dei lavoratori si aggiunse quella dei produttori: un'impresa di rubinetti della Val Trompia deve sempre fare i conti col fatto che, in questo "maledetto" mondo globalizzato, c'è sempre da qualche parte un "dannato" produttore che può fabbricare un rubinetto con lavoro a basso costo. A questa perdita di potere dal lato dei protagonisti dell'offerta - lavoro e imprenditorialità - si aggiunge un aumento di potere dei consumatori. Un potere che in questo caso contribuisce a schiacciare i prezzi e toglie altro potere ai produttori: grazie a internet e al commercio online i consumatori possono passare in rassegna, seduti davanti al pc, tutte le offerte del mondo e trovare la più conveniente.

Questi fattori di fondo sono qui e rimarranno, quale che sia il prezzo del petrolio. Di per sè, questi sviluppi sono positivi per l'economia mondiale, ma c'è il problema della transizione: la transizione, per i produttori minacciati, verso segmenti di valore aggiunto più elevati. Non è una transizione facile e deve essere lubrificata da una rete di sicurezza efficiente, con misure attive e passive di sostegno al lavoro. E poi, i prodigi della telematica creano, e non solo distruggono, posti di lavoro.
Cosa può fare la politica economica? È commovente vedere come i banchieri centrali, nel cui dna si pensava iscritto per sempre il gene della lotta all'inflazione, cercano oggi, come un sol uomo, di spingere verso l'alto - e l'obiettivo del 2% è alto rispetto ai livelli di oggi - il tasso di aumento dei prezzi. Riusciranno i nostri eroi? L'espansione quantitativa della moneta basterà? Il problema è che non basta creare liquidità, bisogna che questa venga spesa per risollevare la domanda e creare inflazione. Se gli "spiriti animali" di famiglie e imprese non si riprendono, bisognerà fare altre cose: politiche di bilancio espansive, fino, forse, a quello che per alcuni è un "Sacro calice" e per altri un "vaso di Pandora": spesa pubblica finanziata con creazione di moneta.

Di Fabrizio Galimberti, da Il Sole 24 Ore


Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Lunedi 26 Novembre 2018 alle 10:21 da Luciano Parolin (Luciano)
In Per Colombara troppi supermercati in apertura a Vicenza: ad approvarli fu l'amministrazione di cui faceva parte

Sabato 17 Novembre 2018 alle 00:12 da Kaiser
In IEG, dimissioni anticipate di Matteo Marzotto: scoperta la rappresentanza sia pur minima di Vicenza a Rimini a poco da sbarco in Borsa

Martedi 13 Novembre 2018 alle 23:55 da Kaiser
In Fare i conti con l’Europa o per l’Europa, l'ex ministro Padoan a Vicenza: "l'Italia è un paese bancocentrico e ha un problema di credibilità"
Gli altri siti del nostro network