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Rimborsi, la muta via crucis dei pochi soci nelle filiali BPVi e Veneto Banca, CorVeneto: «Mi dissero: sei matto a vendere? Ora li vedo in pensione e li maledico»

Di Rassegna Stampa Domenica 19 Marzo 2017 alle 11:19 | 0 commenti

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di Emilio Randon, da Il Corriere del Veneto

Queste non sono più banche, sembrano alberghi fuori stagione, Rimini a dicembre, il mare d'inverno che a vederlo ti viene da cantare con la Bertè «qui non viene mai nessuno a farci compagnia». Per la verità qualcuno ieri c'era, ma erano pochi, e anche questi erano clienti fuori stagione, fuori tempo massimo e comunque rovinati. Nella sede di Veneto Banca in viale Crispi a Vicenza , dalle 9 a mezzogiorno, se ne sono visti cinque, altrettanti in centro nella sede della Banca Popolare di Vicenza, in entrambe un commesso apriva, un funzionario accoglieva, dopo di che, firmata la capitolazione, li vedevi uscire mesti questi ex clienti schivando i giornalisti, chi non firmava conservando intatta la rabbia e per questo meglio disposto a renderla pubblica.

Ieri è andata così, domani si riprova. C'è tempo fino a mercoledì per aderire alla «transazione» offerta dai due istituti veneti travolti dalla crisi: Veneto Banca offre un indennizzo del 15% sul valore dei titoli, la Popolare lo stesso, in cambio della rinuncia ad ogni azione legale. È il prezzo leonino e l'azzardo sul quale puntano le banche che furono di Vincenzo Consoli e Gianni Zonin nel tentativo di rabbonire il 70% - l'80% degli azionisti mettendosi al riparo da future azioni legali e chissà magari ripartire un giorno, con i soldi dello Stato e l'aiuto della provvidenza. La provvidenza in questo caso si chiama fiducia, quella che uscita dalla porta difficilmente può rientrare.

Cifre ufficiose dei due istituti dicono che l'afflusso giornaliero degli azionisti penitenti è del 2% in crescita, sperano in un rush negli ultimi tre giorni rimasti. La Vicentina si accontenterebbe del 65% e, dato che tre sono i giorni rimasti e due per tre fa sei, entro mercoledì potrebbe aver messo insieme un altro 6%. Venerdì era al 49,6%, non si vede come mercoledì possa arrivare al 65%. Confidano in una resipiscenza contagiosa, la verità è che gli uni e gli altri stanno tutti allo stesso tavolo verde e rischiano di perdere entrambi.

Solo in Veneto Banca 75 mila persone hanno visto azzerati i loro risparmi e con i risparmi la sicurezza di una vecchiaia dignitosa nonché la speranza di un futuro per i figli. Uguale il disastro della Popolare. Sono cifre da guerra perduta, ogni popolo ha un nome per la propria catastrofe, noi la chiamiamo Caporetto, i palestinesi al-Nakba (cataclisma), gli israeliani hanno il loro, quello da dare allo sterminio della ricchezza veneta è ancora da inventare ma per trovare qualcosa del genere bisogna tornare indietro a chi capitalizzava le Am-lire dell'occupazione americana, allo scandalo della Banca Romana che costò il posto al primo ministro Crispi. Da noi niente, nessuno ha pagato. La guerra si è diffusa silenziosa come un gas letale, ha fatto 10 miliardi di danni, come un gas ha falciato il futuro di mezzo Veneto, come ogni conflitto lascia i suoi reduci alle prese con sindromi post-traumatiche da combattimento (l'ospedale San Bortolo cura i disturbi del sonno di alcuni azionisti), è stata una bomba al neutrino lanciata sulla ricchezza delle famiglie che ha distrutto le persone lasciandone in piedi il guscio. In piedi sono anche le facciate delle banche, senza più clienti.

Come questa in piazza dei Signori, tutta marmi e vetri di design costruiti per sedurre i clienti e che ora ne riflettono solo l'indignazione, o come l'altra di Contrà Porti solenne e cerimoniosa di legni antichi e ampie volte sotto le quali si sussurrava come in chiesa. «Ci sono ancora figli e figliastri là dentro, io sono un figliastro ma prima ero un salvadanaio» ringhia Luigi Nicotra, 1.300 azioni per oltre 100 mila euro a fronte è stato offerto un indennizzo di 1.900 euro. «Li ho mandati al diavolo».

Piegava la testa invece ed incespicava sui suoi passi un uomo di 90 anni che da solo non sarebbe mai riuscito a varcare la soglia di Veneto Banca in viale Crispi. Lo sorreggeva la figlia. «È stata una scelta sofferta e ragionata» diceva la donna all'entrata, «una scelta basata sulle fiducia», ha aggiunto all'uscita dopo aver firmato liberatoria e indennizzo: «Lo facciamo perché forse un giorno la banca si riprendere e il nostro capitale potrà tornare a crescere». Il vecchio padre sentiva, ma non sembrava interessato.

Bepi B. ,75 anni, con la Popolare ha perso 500 mila euro senza possibilità di ricorrere: erano azioni precedenti il 2007. «Vado ai giardini e li vedo ancora i direttori, i vice e gli impiegati della banca andati in pensione con i miei soldi, mi dicevano ‘sei matto Bepi, non vendere', li vedo e li maledico».

Ci sono anche spunti da commedia dell'arte in queste vicende, le più gustose le vedremo in tribunale quando si celebreranno le cause di chi non ha firmato la resa. Come quella intentata da Daniele Z. , di Grisignano, sotto di 600 mila euro, costretto a recitare la parte di Bertoldo. L'avvocato, previo incasso di novemila euro di onorario, gli consiglia di esibire il certificato di prima elementare, insomma, lo vuol far passare per un sempliciotto raggirato: «Fatto sta che non trovo il certificato - spiega il nostro - c'era la guerra nel 43' e allora che devo fare? Mi farò passare per uno scemo di guerra».


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