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Bilancio "finale" di Banca d'Italia: maledizioni tra euro, Ciampi, Visco e... banche italiane, BPVi e Veneto Banca incluse

Di Giancarlo Marcotti Giovedi 1 Giugno 2017 alle 10:58 | 0 commenti

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Mese di maggio, per le aziende ... è tempo di bilanci. Oddio forse sarebbe bene averli un po' prima, ma sappiamo di doverci accontentare, soprattutto se si parla di una azienda pubblica come Banca d'Italia. A proposito, ma stiamo parlando davvero di una azienda pubblica o è privata? Guardate, meglio non addentrarci in questo ginepraio perché non ne usciamo, in sintesi Bankitalia è un Istituto di diritto pubblico la cui proprietà è in mano a soggetti privati. Lo so che vi sembra un ossimoro, ma vi assicuro che è così, il capitale sociale è nelle mani principalmente di soggetti privati, nella maggioranza Banche (Banca Intesa Sanpaolo ed Unicredit hanno oltre il 50% del capitale), ma anche Assicurazioni (le Generali hanno il 6,3%) e solo marginalmente di enti pubblici economici (INPS, Inail che in totale non raggiungono però il 6%).

Insomma il capitale è privato, ma l'Istituto "persegue fini di pubblica utilità", e sapete perché si è scelta questa forma statuaria perlomeno anomala? Per "preservare l'indipendenza dell'Istituto dal potere politico". Non è né una barzelletta né una falsità, e dopotutto, in linea di principio è anche una cosa giusta. Non si è voluto dare, almeno in apparenza, le chiavi della cassaforte in mano esclusivamente al potere politico.
Per fare un esempio concreto, pensate a quelle casseforti per la cui apertura necessitano due chiavi che, per ovvi motivi di sicurezza, sono in mano a due persone diverse le quali, naturalmente, non devono far parte della stessa "Istituzione". In Italia cosa è accaduto? Dai, lo sapete tutti!
Che queste due persone, o meglio le Istituzioni alle quali rispondono queste due persone (per chi non lo avesse ancora capito mi sto riferendo al potere politico ed a quello bancario) si sono messe d'accordo per aprire questa "cassaforte" ogni volta che volevano.
I tempi di Guido Carli (storico Governatore della Banca d'Italia rimasto in carica per 15 anni fino al 1975) sono finiti, e da un pezzo: il suo successore, Paolo Baffi, fu costretto dopo quattro anni a dare le dimissioni per una vicenda per nulla chiara, il vicedirettore di allora Mario Sarcinelli finì addirittura in carcere e Baffi fu indagato, successivamente entrambi uscirono prosciolti perché totalmente estranei alla vicenda, ma nel frattempo Governatore della Banca d'Italia era diventato , Carlo Azeglio Ciampi sul cui operato c'è chi ha steso un velo pietoso.
Se dei governatori successivi, Ignazio Visco ancora regnante, i media sono pieni delle loro gesta, interessantissime se ci fosse qualcuno disposto ad esaminarle senza le due chiavi suddette a rinchiudere anche gli occhiali da vista, Ciampi, ricordiamolo, diviene Governatore nel 1979. Vi dice niente questa data?
Probabilmente no! Ed allora vi ricordo che stiamo parlando dell'anno nel quale l'Italia entra nel famigerato SME (Sistema Monetario Europeo) dal quale uscirà tredici anni dopo, nel 1992, con le ossa rotte, e dopo aver dilapidato tutte le riserve della Banca d'Italia (che ammontavano a 100.000 miliardi delle vecchie lire).
Che cosa fosse lo SME lo sanno tutti, ma forse è bene ribadirlo: era la prova generale dell'euro!
Ossia era un euro "non coniato" (l'avevano chiamato ECU) un po' più soft, nel senso che i cambi fra le varie monete degli Stati che ne facevano parte non erano fissi, come poi avvenne con l'euro, ma permettevano una minima flessibilità.
Ebbene, se siamo usciti con le ossa rotte da un sistema di cambi che comunque permetteva una seppur parziale flessibilità, come faremo ad uscire indenni da un sistema, l'euro appunto, che non permette alcuna flessibilità?
Il cambio è stato fissato infatti nel 1999 e come tutti sappiamo è stato di 1936,27 lire. Maledetto!
E Ignazio Visco ieri nelle Considerazioni finali ci ha detto. «È illusorio pensare che la soluzione dei problemi economici nazionali possa essere più facile fuori dall'Unione economica e monetari... l'uscita dall'euro, di cui spesso si parla senza cognizione di causa, non servirebbe a curare i mali strutturali della nostra economia. Di certo non potrebbe contenere la spesa per interessi, meno che mai abbattere magicamente il debito accumulato... "determinerebbe rischi gravi di instabilità"».
Basterebbe questo, senza ricordare il dramma delle banche italiane, da Mps a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca inchiodate, dopo i loro errori e i mancati o indirizzati controlli di Bankitalia, dai freni interessati dell'Europa a trazione germanica, per ripetere all'euro e a tutto quello che gli gira intorno inclusi i suoi difensori odierni: stramaledetti!

Di Giancarlo Marcotti in collaborazione con Giovanni Coviello


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