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"Bordello d'Europa": il titolo che avremmo voluto fare noi. Sull'hotel? No, sulla BPVi

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Martedi 24 Maggio 2016 alle 01:11 | 0 commenti

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Dopo aver letto oggi all'alba (lavorativa, s'intende) i maggiori quotidiani nazionali ho, invece, ritardato fino a pochi minuti fa (e ce ne dispiace) l'obbligo professionale di sfogliare la, cosiddetta, stampa locale, che è sempre una delle migliori fonti se non di informazione almeno di "ispirazione". La sua lettura oggi l'ho rinviata, ora dopo ora, per inseguire la conclusione di un lavoro complesso portato avanti da tempo con i miei collaboratori e che la nostra redazione conta di mettere a disposizione a breve dei nostri lettori, con una dedica particolare ai 118.000 soci della Banca Popolare di Vicenza che hanno visto azzerati i loro investimenti e, peggio, i loro risparmi dalla gestione dell'indagato Gianni Zonin (signore e cavaliere ci sembrano qualificativi superati dalla cronaca). 

Tutti quei 118.000, meno qualche fortunato, a cui, col suo staff di Pm, sta dedicando le sue attenzioni anche il procuratore capo di Vicenza, Antonino Cappelleri, hanno visto crollare a 10 centesimi, per giunta ancora non monetizzabili, il valore delle azioni sottoscritte e acquistate fino a pagarle 62,50 euro fidandosi del vignaiolo di Gambellara inventatosi quì, e solo quì poteva farlo nel modo in cui l'ha fatto, esperto di finanza.

È così che la Banca Popolare di Vicenza, sulla carta uno dei primi dieci Istituti finanziari italiani grazie ai sacrifici di chi oggi ha perso tutto e di più, ha messo sul lastrico chi pensava di aver messo in musina i suoi risparmi vedendo, invece, trasformati i propri titoli in carta straccia.

È così che la gestione di Gianni Zonin, Giuseppe Zigliotto, Samuele Sorato e dei loro sodali ha ferito gravemente un territorio, quello vicentino, che impiegherà anni, se ci riuscirà, a riprendersi dal colpo.

Ma è così che la BPVi ha anche rischiato di trascinare nel suo crollo tutto il sistema bancario italiano, che è dovuto correre in suo soccorso col Fondo Atlante per non farla fallire.

I rischi non sono ancora azzerati perchè qualche rinculo c'è stato (vedi gli strascichi per Unicredit, sottoscrittore del fondo, e per la sfiducia montante in Borsa sui titoli bancari), ma se la Popolare Vicentina fosse fallita anche formalmente, oltre che come si è verificato di fatto, sarebbe stato un vero casino per l'Italia delle banche che fanno già fatica a rispettare i requisiti di un'Europa sempre più finanziariamente germanizzata.

Se in pochi avevano previsto i problemi della ormai fu BPVi, fidandosi (a loro insaputa?) dei sorrisetti di chi, re del vino, si è bevuta la fiducia di tutti per manie di grandezza e di potere, in meno ancora localmente ne hanno scritto anche se noi, gli ultimi della classe, ma per scelta fuori dalla "classe" dei potenti, lo avevamo iniziato a subodorare e a denunciare fin dal 13 agosto 2010, come dimostrerà il lavoro a cui accennavamo all'inizio di queste riflessioni e come ben poteva immaginare anche Achille Variati che non da ieri, anche in una cena di lavoro e di "confronto" al Molin Vecio di Caldogno, avevamo messo responsabilmente sul chi vive. Invano.

Ma se oggi ho letto, colpevolmente, tardi il quotidiano locale, proprio per terminare in redazione questo lavoro, poi ho fatto ancora peggio ritardando ulteriormente l'ispirazione che quella lettura quotidianamente mi dà per aver, prima, dato uno sguardo, a casa, su Rai Uno a "Boris Giuliano" e al racconto della parte che nella storia reale del commissario anti mafia ha avuto Mauro De Mauro, un giornalista che non guardava in faccia a nessuno. Neanche a quella mafia, finanziaria e non solo, che alcuni temono da tempo anche a Vicenza (noi siamo tra quelli e da anni) ma di cui si parla ben poco e, al solito, si scrive meno anche se ora pare muoversi qualcosa, tardi come per la Banca?, quando a denunciarne le prime propaggini più visibili ci sono dei consiglieri comunali coraggiosi, come Daniele Ferrarin del M5S, criticato sui media per sciocche polemiche "pizzarottiane" ma non supportato abbastanza per queste gravi prese di posizione.

Sul perchè noi abbiamo letto tardi il GdV oggi mi sono soffermato, direte, anche troppo a lungo ma, ora ve lo confesso, iniziando a leggerlo mi sono anche dispiaciuto del mio ritardo non poco, anche se solo per poco.

Perchè se la Banca Popolare di Vicenza ha evitato per ora, solo per un pelo, non per meriti propri ma col sangue dei suoi soci più deboli, di fare ulteriore casino e di diventare il vero "bordello d'Europa" nel settore finanziario, ecco che avevo di primo acchito invidiato il titolo sparato in prima pagina sul quotidiano degli (interessi) industriali di vicenza: "Bordello Europa".

Ho pensato: c...o, anche loro finalmente si sono mossi definendo nel modo giusto lo scandalo della Popolare!

Ma l'invidia per il foglio locale con la relativa ammirazione per il "ritrovato" coraggio della denuncia, pari per lo meno al timore di veder fugato l'effetto sorpresa programmato per la presentazione del nostro lavoro, è subito svanita.

Perchè a meritare il titolo in prima pagina "Bordello d'Europa" non è la Banca dei "furbetti delle vigne" ma l'Hotel Europa occupato da qualche disperato ma che non ha messo nella disperazione 118.000 persone con relative famiglie.

La prima pagina dedicata alla situazione di degrado dell'hotel, peraltro segnalata alla città e, anche questa volta invano, all'amministrazione Variati, con un nostro reportage fotografico di più di un anno fa insieme al consigliere Raffaele Colombara, è l'ennesimo auto selfie dell'informazione locale.

Uno dei tanti bordelli di questa città in fuga da se stessa.


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