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BPVi non va in Borsa e Iorio non... sborsa 300.000 euro. La matematica cambia regole: 100 vale 0,67 e gli "alieni" sbancano Vicenza. Ora Atlante sceglierà il Cda: con o senza Iorio, con o senza azione contro Zonin & c.

Di Pietro Cotròn Martedi 3 Maggio 2016 alle 00:46 | 0 commenti

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Da quando è stato annunciato che la Borsa, per insufficienza di flottante, non avrebbe quotato le nuove azioni della Banca Popolare di Vicenza voci maligne sussurrrano che non ci sarebbe l'Ad Francescio Iorio, l'uomo del miracolo annunciato ma clamorosamente mancato secondo lo stile moderno che priviegia la comunicazione rispetto ai fatti, tra i delusi dei 6.673 richiedenti, presumibilmente "vecchi" soci che cercavano disperatamente di recuperare qualcosa prenotando titoli a 10 centesimi di euro per mediare il valore delle azioni della BPVi presenti nel proprio paniere con un prezzo fino a un massimo di 62,50 euro.

A quei 6.673 richiedenti, che sommavano poco più del 2% del nuovo capitale, e a  cui si aggiungevano solo altri 10 investitori tra cui Mediobanca, che messi tutti insieme avevano prenotato solo il 7,66% del Controvalore dell'Offerta Globale non andrà, infatti, alcuno dei 15 miliardi di titoli emessi (un numero da svalutazione post bellica della Germania nazista) ma, insistono i beffardi critici di Iorio, costui risparmierà 300.000 euro in nuove azioni (3 milioni di pezzi da 10 centesimi...).

Lui diceva di averli impegnati ma non si sa nè si saprà mai se lo aveva fatto perchè convinto di guadagnarci (si parlava di un target price entro 2-3 anni di 4 euro) o solo per dare l'esempio mediatico ma convinto di non doverli tirare mai fuori in base alle previsioni sul mancato raggiungimento del "quorum" di flottante che nessuno poteva fare meglio di un super manager da 3.300.000 euro per un anno (buona entrata inclusa e buonuscita ancora da... percepire) e dopo aver tastato di persona il mercato finanziario in una serie di tour tra gli investitori nazionali e internazionali.

Neanche il cospicuo budget investito in un battage pubblicitario che puntava anche al richiamo delle testate confindustriali locali per mirare ai grandi numeri ha sovvertito le sue più intime convinzioni. Se le facce di chi, su testate e tv sempre meno influenti se non nella mente dei vecchi poteri, diceva alla gente "Io ci sono" (a partecipare all'aumento) avessero convinto sottoscrittori popolari ad entrare nelle filiali per azzardare delle prenotazioni, a scoraggiarli con un prospetto informativo da circa mille pagine (troppe informazioni sono uguali alle vecchie zero informazioni) e con mille moduli da firmare con dichiarazioni autografe di "incoscienza" nell'acquisto, ci pensavano, per disposizioni Consob, gli stessi dipendenti che ai tempi di Zonin non facevano altro che invitare quelle stesse persone a "comprare" pagando fino a 62,50 euro per carta da 10 centesimi.

Ci sarà di riflettere anche su questo aspetto, quello di un'operazione costruita per un aumento di capitale salvifico ma "impedito" o fortemente "sconsigliato" al grande pubblico (quello a cui sono stati piazzati fino a due anni fa controvalori per i finali 6,3 miliardi di euro ora dissolti) fino a far sottoscrivere 15 miliardi di azioni solo al Fondo Atlante che si prepara a tagliare, spezzettare e realizzare guadagni solo lui con i suoi soci, salvatori della patria, quella propria, però.

Ai vecchi 120.000 soci circa, che pensavano di avere in musina (salvadanaio, ndr) 6,3 miliardi di euro, ora tocca, per le regole di una nuova matematica, quella dei conti veri e non truccati, che a loro sembrerà assurda, lo 0,67% degli attualmente iniziali 1,5 miliardi immessi dal fondo di Quaestio Sgr.

È certo che il flop originale è da imputare al vecchio Cda made in Zonin e alla vecchia dirigenza, su cui il Cda proverà a scaricare le sue responsabilità, che sta alla magistratura definire finalmnete con un colpo di reni dovuto a chi ci ha rimesso tutto e a un territorio che per decenni forse pagherà effetti recessivi.

Ma ora è da capire se al "fallimento finale" dell'operazione ha contribuito anche Francesco Iorio con i suoi tanti proclami e, dicono le stesse voci che lo vorrebbero felice di non aver intaccato il suo tesoretto retributivo, il suo protagonismo che lo ha portato in giro per il mondo a cercare soci mai convinti trascurando, così, i rapporti con i vecchi clienti, che nel frattempo hanno portato via dalle casse di Via Btg. Framarin una decina di miliardi di depositi.

Forse a farcelo capire saranno le decisioni dei foresti di Atlante, quegli "alieni" la cui invasione non è stata impedita dall'Ad messianico di provenienza Ubi, il cui (cogn)omonimo Iorio a Roma si candida sindaco per espellere gli alieni locali. 

Atlante, infatti, a brevissimo dovrà convocare l'assemblea di se stesso con lo 0,67% degli altri (i vecchi soci ma ormai attuali alieni) per eleggere il nuovo Cda e decidere se ne farà ancora parte l'Ad Francesco Iorio.

Se verrà confermato, il Fondo, oltre che riconoscerne le competenze e gli emolumenti, gli darà la possibilità anche di far intraprendere quell'azione di responsabilità contro il vecchio Cda, necessaria come il "colpo di reni" del procuratore capo di Vicenza, Antonino Cappelleri, e per la quale lui stesso, rinviandola al nuovo organo di comando, ha affermato che esistono "tutte le condizioni per valutarla".

Se non verrà confermato, beh, di certo sir Francis un po' di quei 300.000 euro dovrà iniziare a spenderli per un intenso trattamento di recupero di auto stima,


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