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BPVi perde la causa pilota con una socia e paga tutto ma si oppone, Codacons Veneto: è un errore accanirsi, si segua la via dell'Arbitro delle Controversie Finanziarie

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 3 Aprile 2017 alle 21:02 | 0 commenti

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Il 25 marzo l'Adusbef di Verona rendeva nota la prima vittoria in una causa pilota contro la BPVi ("giudice di Verona condanna la banca a rimborsare con gli interessi una signora che aveva acquistato 660 azioni nel 2010"), il 29 marzo Adusbef e Codacons ci spiegavano "come la sentenza possa cambiare la sorte di chi non ha transato" visto che la sentenza dava ragione alla socia perchè le azioni, sottoscritte per circa 40.000 euro, erano "illiquide", il 2 aprile leggevamo che la Banca Popolare di Vicenza aveva subito risarcito la risparmiatrice dell'importo deciso dal giudice Massimo Vaccari, 40.000 euro di capitale più interessi, rivalutazione e spese legali e ne deducevamo che l'ex Popolare avesse liquidato subito la "vittima" senza obiettare per continìbuire alla campagna di riconquista della fiducia a cui si ispirava ufficialmente anche l'Offerta Pubblica di Transazione.

E, invece, no, la Banca, leggiamo prontamente su Il Giornale di Vicenza, ha pagato ma ha ricorso contro il giudizio per evitare che questo divenga un pericoloso precedente per le migliaia di soci che non hanno aderito all'Opt e che si dovessero trovare nelle condizioni di Bertilla Santacasa. Abbaimo, quindi, chiesto un parare al riguardo all'avv. Franco Conte di Codacons Veneto, noto per la sua caparbietà nel difendere i soci ma anche epr il suo equlibrio, e ve lo proponiamo di seguito.

 

Le obiezioni di BPVi dirette a circoscrivere gli effetti della sentenza del 25 marzo u.s. (ve la proponiamo qui) sono comprensibili. Per fortuna dei risparmiatori traditi, nell'affannosa ricerca di limitare i danni, la Banca segna dei fatali autogol per le sue tesi difensive che vanno a sostenere le aspettative dei risparmiatori traditi.

Entriamo nel dettaglio:

Commento di buon grado le osservazioni della BPVi alla sentenza di Verona.

1) Secondo il magistrato, la banca «è stata sicuramente inadempiente ai molteplici obblighi informativi ai quali era tenuta in considerazione della particolare natura dei titoli che alienò alla attrice».
Il titolo finanziario (l'azione della Banca Popolare Vicenza allora s.c.p.a. società cooperativa per azioni) aveva proprie modalità per essere "liquida" che andavano specificate al compratore. Al contrario il promotore della banca dava garanzie che in pochi giorni... poche settimane... un paio di mesi al massimo l'interessato avrebbe avuto la somma a disposizione (spesso anticipando con uno scoperto di fido... un'entrata mai verificatasi!). Ciò precisato, almeno il 98% dei casi in carico al Codacons rientrano in questa fattispecie come specificatamente richiamato nella lettera di diffida predisposta.
2) Non è scudo minimamente efficace ripararsi dietro circolari. Sul coacervo di normative ignote e in ogni caso incomprensibili al risparmiatore prevale la volontà negoziale, e - come si insegna nella prima lezione di Diritto all'Università- - il consenso del risparmiatore non va presunto burocraticamente o per firme formali in calce a moduli predisposti ad arte, ma per la validità del contratto è necessario il consenso responsabile.
3) Non è in questione lo scavalcamento o la mancata evasione dell'ordine di vendita e bene fa a richiamarlo la banca pro domo sua. Trascura però che resta aperta la questione dell'adempimento secondo buona fede e della violazione della par condicio degli azionisti. Non può non avere rilevo giuridico il fatto che ci fossero azionisti più uguali... smaccatamente favoriti.

Una riflessione che vuole essere costruttiva. Durante il pressing per spingere a firmare la transazione un argomento purtroppo efficace è stato l'incombenza delle spese legali. Un risparmiatore, già privato in molti casi di quasi tutti suoi risparmi, non se la sentiva di rischiare le spese legali del suo avvocato e magari quelle dell'avvocato della Banca. Allora la banca rifletta: il capitale in gioco della signora di 68 anni era poco meno di 40.000 euro ma la condanna della banca è stata per 52.000 euro al netto delle sue spese legali, che possiamo valutare pari a quelle liquidate dal giudice a favore della risparmiatrice.

Conclusione la banca per un contenzioso di 40.000 euro ne ha spesi 64.000 ovvero un costo maggiore del 35%. Non cadano i vertici della banca nella tentazione di tenere un atteggiamento duro spendondo  i soldi degli azionisti per tenere in piedi contenziosi temerari. In Assemblea ne dovranno dare conto!

Quindi riflettano prima di fare appelli o di resistere ad oltranza in sede giudiziaria; coltivino il sentiero dell'ACF, dell'Arbitro delle Controversie Finanziarie di nessun costo per la banche e di garanzia per entrambi. Tale prospettiva ha poi un elemento di grande valore sociale perché permette di definire il contenzioso in tempi rapidi, alcuni mesi, un profilo di grandissima importanza per i molti anziani, che dai nostri dati risultano essere oltre il 30% di età superiore ai 70 anni...

La via della vera conciliazione, non quella su diktat di una parte, resta la migliore per tutelare i risparmiatori traditi e per dare concretezza ad un nuovo inizio delle due Popolari.

Avv. Giorgio Conte

Presidente Codacons Veneto

 


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