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Nozze riparatrici tra Veneto Banca e BPVi, Occhio di lince: non le celebreranno i "divisi" Mion e Iorio e servono 2,5 miliardi di euro... almeno

Di Pietro Cotròn Mercoledi 26 Ottobre 2016 alle 17:07 | 0 commenti

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Su Lettera 43 a firma di Occhio di lince c'è un interessante articolo sulle due ex Popolari Venete che vi proponiamo di seguito e che ha un titolo illuminante: "Veneto Banca e BPVi, le difficili nozze riparatrici. La Bce spinge per la fusione Veneto Banca-BpVi. Ma non mancano gli ostacoli: esuberi, cessione dei Npl, ricerca di investitori". Ma fusione o non fusione, resta la questione che queste due banche sembrano non avere alcun futuro, né da sole né tantomeno assieme. Difficile, se non impossibile, appare, infatti, trovare qualcuno che ci voglia mettere dei quattrini magari a sconto con azioni emesse a 0,05 euro, metà del valore attuale di ognuna, perchè quello in effetti sarebbe il valore oggi. E magari non per ognuna di esse per l'accoppiata... se la BCE farà meglio i conti visto che per Danièle Nouy servirebbero almeno 2,5 mld di euro, ma per noi, immodestamente, ne mancano già altrettanti solo per la Banca Popolare di Vicenza.

Veneto Banca e BpVi, le difficili nozze riparatrici

La Bce spinge per la fusione Veneto Banca-BpVi. Ma non mancano gli ostacoli: esuberi, cessione dei Npl, ricerca di investitori. Il punto di Occhio di lince*.

Cosa si sono detti i dirigenti della Bce capitanati da Danièle Nouy e i vertici del Fondo Atlante, rappresentati da Alessandro Penati e Alessandro Podestà, nella riunione che si è tenuta a Francoforte il 18 ottobre scorso?
E cosa ha in testa Giuseppe Guzzetti, che della Sgr Quaestio e di Atlante è un po' il papà?
Il tema è quello del futuro da dare alle disastrate Popolare di Vicenza (BpVi) e Veneto Banca: separate o insieme?
Con il Fondo Atlante come azionista unico o con il libro soci aperto ad altri soggetti? E chi, eventualmente?
SERVONO 2,5 MILIARDI DI EURO. La risposta della Vigilanza europea è stata chiara: fondete le due banche e predisponete un aumento di capitale di almeno 2,5 miliardi a favore del nuovo istituto.
Già, i burocrati di Francoforte la fanno facile. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo un lungo lavoro, cosa che alla signora Nouy sembra sfuggire.
In particolare, e nell'ordine, ci sono da avviare i tavoli di conciliazione e organizzare i rimborsi ai piccoli azionisti che si ritengono truffati (circa 3 mila in totale per Lettera 43, più di 7.000 da quello che sappiamo noi e solo per la BPVi..., ndr); da riorganizzare gli assetti interni, tagliare gli esuberi (in particolare a Vicenza, dove rischiano di saltare 1.500 posti, tanto che è già scoppiata la rivolta sindacale) e rilanciare la presenza delle due banche sul territorio.
Ci sono da cedere (entro fine anno, chiede la Bce) i Npl, i prestiti non performanti, cosa che comporterà la necessità di nuovo capitale.
PRIMA SI DEVE FARE PULIZIA. Tutto questo, e per di più in tempi brevi, è fattibile con una fusione in corso? Certo che no.
La cosa più ragionevole, va dicendo il saggio Guzzetti a tutti quelli con cui ha occasione di parlare, è fare prima un serio lavoro di pulizia e rilancio - seppure coordinato - e poi procedere con l'aggregazione. Avendo trovato chi poi sborserà i quattrini, visto che Atlante è in grado di mettere solo una piccola parte dei 2,5 miliardi necessari.
Si è già parlato di quattro fondi americani interessati (Atlas, Baupost, Centerbridge e Warburg, in rigoroso ordine alfabetico), ma i contatti non mancano anche con altri.
È evidente che i potenziali azionisti tanto più vedranno le banche non dico già sistemate, ma sulla via della sistemazione, tanto maggiore sarà la loro disponibilità a intervenire.
IL DUO DI VICENZA È DIVISO. Ma a chi far mettere in mano un'operazione così complessa?
Certo non al duo di Vicenza, che ha già dato prova - e qui ve lo abbiamo raccontato senza che nessuno potesse smentire - di essere diviso su tutto.
Gianni Mion, peraltro molto più impegnato con la sua Space (Space 2) che in questi giorni sta facendo con Leonardo-Finmeccanica l'acquisizione di Avio, è un presidente troppo loquace - evidentemente si sta sfogando dopo il silenzio forzato che Gilberto Benetton gli aveva imposto a Edizione Holding - per i gusti di Guzzetti e Penati.
Francesco Iorio è ormai un amministratore delegato dimezzato, che si porta dietro il peccato originale dalla copresenza con Gianni Zonin al vertice della banca prima che scoppiasse la crisi in tutta la sua drammaticità.
MONTEBELLUNA SPERA IN ANSELMI. A Montebelluna, invece, c'è un presidente, Beniamino Anselmi, forte e assai presente, molto stimato da Guzzetti per i suoi trascorsi in Banca Intesa, che tra l'altro ha nel suo curriculum tre operazioni che sono una preziosa esperienza per quanto c'è da fare in Veneto: nel 1990 l'integrazione di Cariplo, nel 1998 l'integrazione e fusione delle casse di risparmio di Salerno, Puglia, Calabria e Lucania e, nello stesso anno, l'unione tra Cariplo e Ambroveneto (in tutti e tre i casi Anselmi figura come responsabile del progetto).
Anselmi è affiancato, con il ruolo di vicepresidente, da un uomo emergente nel mondo bancario come Maurizio Lauri (già presidente del collegio sindacale di Unicredit), titolare di un avviato studio professionale con sedi in Italia e a Londra. E con entrambi ha trovato una buona intesa l'amministratore delegato Cristiano Carrus.
Insomma, se a Vicenza c'è burrasca, a Montebelluna almeno non piove. E per le titaniche prove che da quelle parti devono affrontare non è poco.


(*) Con questo "nome de plume" scrive su Lettera43.it un protagonista e osservatore delle più importanti partite del potere politico ed economico-finanziario italiano.


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