Gianni Zonin e tutti i direttori generali da lui "subiti": fino a Samuele Sorato, l'informatico
Domenica 2 Aprile 2017 alle 22:18 | 0 commenti
È nota da tempo la linea difensiva scaiolana di Gianni Zonin, che dopo 16 anni in Cda fu promosso presidente della Banca Popolare di Vicenza per manterne la guida per circa venti anni evidentemente senza aver imparato nulla di banche, pur essendo molto "sveglio" in vini, visto che tutto lo sfascio a cui abbiamo assistito è avvenuto a sua insaputa per colpa di quel cattivone di direttore generale di Samuele Sorato, solo lui per carità ... E, si sa, in BPVi Gianni Zonin mai ha deciso qualcosa se non le scelte di direttori generali sistematicamente non all'altezza anche se già questo dovrebbe richiedere un mea culpa galattico del vignaiolo, che spese tutte le sue notevoli capacità imprenditoriali e generatrici di guadagni nel far grande la sua cantina.
Ricordiamo allora, con l'aiuto di articoli, documenti e ricordi di vecchi vicentini, la sequenza di bracci destri scelti da Gianni "scaiola" Zonin per le scelte "sinistre" della ormai fu Popolare di Vicenza.
In banca poco prima del ventennio zoniniano, a fine 1996, convivevano due strutture, una pro ZonIn e l'altra pro Giuseppe Nardini, allora presidente e appoggiato dal vice presidente Gian Carlo Ferretto e dall'allora direttore generale Luciano Gentilini. La spuntò Zonin al grido "Vicenza ai vicentini" e il vice direttore generale Piero Santelli fu prima "promosso" direttore generale" quale premio per il forte appoggio nella lotta per la conquista della "struttura" e poi fu "dimissionato" non perché non obbedisse, ma perchè il tempo che Zonin si era concesso per mantenere le sue promesse elettorali si era esaurito dopo la vittoria assembleare in cui non era stato inattivo pro Zonin Luciano Colombini.
Dopo Santelli arrivò Giuseppe Grassano, durato poco perchè la prima inchiesta su certe commistioni tra BPVi e interessi personali di Zonin (Claudio Gatti, "Popolare Vicenza e l'ex Pm nel board della controllata", Il Sole 24 Ore 25 febbraio 2015) si sviluppò all'inizio degli anni 2000 intorno a sue esplicite testimonianze poi rese innocue dalla richiesta di archiviazione dell'allora procuratore di Vicenza, Antonio Fojadelli, che poi ritroviamo come consigliere di amministrazione di una controllata della Bpvi.
La carica di direttore generale, sempre senza deleghe decisionali di livello, passò, quindi, al suo vice poi Mauro Gallea, che la ricoprì da traghettatore prima che arrivasse subito dopo nel 2001 Divo Gronchi, l'unico dg che otterrà dal presidente deleghe reali e fu anche amministratore delegato maturando riconoscimenti generali soprattutto per la sua capacità di riportare serenità in un ambiente toccato, invano e oggi con molti rimpianti da parte dei soci attuali, dai primi rumors legali e dove apparve come l'unico manager capace di andare d'accordo con il presidente: «Nessun segreto. Forse dipende anche dal fatto che dopo tanti anni in banca, e ad agosto saranno cinquanta, mi diverto ancora» scrisse Stefano Righi, in tempi non sospetti per il giudizio sullo scettro del potere detenuto saldamente da Zonin, che allora, evidentemente, non conosceva... Claudio Scaiola.
Divo Gronchi rimasse a Vicenza fino a dicembre 2005 quando fu chiamato a rimettere in carreggiata la Banca Popolare Italiana, l'ex Lodi di Fiorani, e Gianni Zonin chiamò al suo fianco Luciano Colombini, memore del suo buon lavoro da vice dg ai tempi della lotta intestina per la sua prima investitura a cui di certo non si era opposto.
Colombini, ci dicono vecchi consiglieri, per un po' assecondò operazioni, mire e strategie del presidente ma, ad un certo punto, come ha confermato lui stesso, entrò in rotta di collisione con Zonin e i suoi metodi, prese cappello e a quel punto, nel 2007, Vicenza richiamò a tranquillizzare le acque Divo Gronchi che fece il suo dovere da direttore generale per poi lasciare nel 2008 al nuovo delfino di Zonin Samuele Sorato, il suo ruolo, essere nominato consigliere delegato e poi lasciare definitivamente Vicenza direzione Cassa di risparmio di San Miniato nel 2011, in tempo per non assistere, contribuire?, alla sua agonia che ha portato all'attuale coma farmacologico.
Sorato era arrivato a BPVI in quanto era in un gruppetto di persone che seguivano le operazioni del Mediocredito delle Venezie ma solo in BPVi, allevato da Zonin, arrivò a ruoli apicali apprezzato anche per la sua passione per l'informatica che lo portò a presiedere anche quel mangiasoldi che, a detta di tutti, è il Sec Servizi, società di outsourcing informatica con sede a Padova: dal 2002 ha ricoperto il ruolo di Vice Direttore Generale e, dal 2004, quello di Vice Direttore Generale Vicario, nel 2007 è stato nominato Condirettore Generale e successivamente come scritto, nel marzo 2008, direttore generale, senza, che ci risulti, avere le deleghe in base alle quali avrebbe potuto commettere le eventuali "malefatte" di cui l'ignaro padre putativo ora lo accusa facendosene scudo.
Dopo avergli fatto ricevere a febbraio 2015 quelle deleghe da amministratore delegato, per merito o per diabolico disegno lo stabiliscano i fatti e i giudici, giusto tre mesi prima di "dover fare a meno" del delegato... anche se a prezzo di una buonuscita milionaria che per decine di migliaia di soci traditi appare tanto come una ricompensa per il gioco delle due carte, che diventano tre con Francesco Iorio, difeso poi da Atlante per non subire azioni di responsabilità ma l'ultimo dg/ad contrattualizzato dall'head hunter gambellarese di dg bancari, tutti brutti e cattivi...
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