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Ignazio Visco a Matteo Renzi: "abbiamo una banca!", per giunta popolare. È la CRS, Cassa di Sovvenzioni e Risparmio. Renzi rottami Bankitalia e avrà almeno 200.000... Sì, dai soci traditi della BPVi e di Veneto Banca

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 15 Settembre 2016 alle 22:54 | 0 commenti

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Che la Banca d'Italia  (una banca centrale con funzioni di vigilanza e controllo posseduta dalle maggiori banche che dovrebbe controallare...) sia da sempre un'anomalia lo dicono in tanti ma nessuno fa realmente niente per modificarla, inclusi tutti i presidenti del consiglio che si sono succeduti nel tempo compreso quel Matteo Renzi che , in un confronto a Porta a Porta con Antonio Padellaro e Vittorio Feltri, ha accusato i giornalisti di non aver scritto negli ultimi anni del flop annunciato della Banca Popolare di Vicenza dell'ex (sicuri che sia ex anche di fatto?) presidente Gianni Zonin. Di sicuro Renzi si riferiva ai colleghi del locale giornale di Confindustria Vicenza, così trasparente da aver licenziato il 5 settembre il suo direttore, Ario Gervasutti, senza dire nulla sul perchè, e senza neanche ufficializzare ancora il nome di Luca Ancetti come nuovo timone.

Ma il premier, al cui portavoce Filippo Sensi ci siamo permessi ora di scrivere, dimenticava, oltre che noi poareti di VicenzaPiù che abbiamo scritto del dramma annunciato della BPVi fin dal 13 agosto 2010 ricavandoci poi un best seller, "Vicenza. La città sbancata",  giunto alla seconda ristampa in meno di 3 mesi, tanti altri e più validi oltre che noto colleghi de Il Sole 24 Ore, de Il Corriere della Sera, de la Repubblica, de Il Fatto Quotidiano stesso e così via, i cui articoli sono stati spesso per noi ottime fonti.

Ma Matteo Renzi, a cui pure riconosciamo un notevole impegno nel districarsi nella avvinghiante e vischiosa ragnatela dei poteri finanziari italiani, portavoce di quelli europei, a loro volta esecutori di quelli internazionali, oltre all'amnesia sulla stampa indipendente la sera in cui era ospite del salotto tv di Bruno Vespa ha dimostarto scarsa convinzione nello schivare i colpi di Padellaro su Banca d'Italia, che dalle nostre parti si è distinta nel "controllare" assiduamente Veneto Banca e nel lasciare mano libera alla BPVi, con gli effetti per entrambe, che (diversi per le origini, uguali per gli esiti) sono, comunque, davanti agli occhi di tutti e che hanno lacerato le tasche di 200.000 e passa soci.

Ora che sia anomalo che Bankitalia risponda a molte delle banche che dovrebbe controllare (doveva controllare, visto che ora le è subentrata per le più grandi la BCE)  lo sanno tutti, dicevamo, ma pochi sanno che all'interno di Palazzo Koch c'è, udite udite, proprio una banca (veramente) popolare, la CRS, la  Cassa di Sovvenzioni e Risparmio, costituita fra il personale della Banca d'Italia, che è la sedicesima banca popolare italiana con costi di fatto a dir poco minimi (tra l'altro ha una sede unica all'interno di Palazzo Koch) e con rischi zero (i soci e clienti sono i dipendenti di Bankitalia e dei loro eredi trattati a condizioni di estremo favore), con un attivo che a inizio 2015 era di 4,46 miliardi (a 8 miliardi c'è l'asticella per doversi trasformare in Spa e la CRS è la sesta pe dimensioni tra le popolari non soggette alla nuova normativa) e con mamma Bankitalia a controllarla se qualcosa ci fosse da controllare senza neanche dover spostare i suoi ispettori altrove, a Vicenza dove si sono, quindi, concretizzati i possibili reati di Gianni Zonin e degli altri indagati, tutti ancora senza particolari stress, e addirittura senza dover ricevere neanche documenti da Montebelluna, che li ha inviati a Via Nazionale a Roma dove si sono, quindi, "materializzati" gli altrettanto possibili reati degli indagati di Veneto banca, tra cui, in primis, Vincenzo Consoli, che ora è agli arresti domiciliari e con un sequestro cautelare per 45 milioni di euro da digerire...

Ma "quando un dipendente vuole vendere le azioni, la banca CSR le ricompra e poi le cede ai soci-dipendenti che ne fanno richiesta. Il tetto massimo è di 2 mila azioni. Il prezzo, come accade per le banche popolari non quotate, tipo Veneto Banca, viene fissato dal consiglio di amministrazione in base all'utile di bilancio. Oggi il pacchetto massimo di azioni di un dipendente vale circa 60 mila euro circa e ogni anno le azioni si rivalutano e danno all'azionista-dipendente una cedola non disprezzabile che complessivamente si aggira sul 5 per cento...".

Per caso vi ricordate, e si ricorda il nostro premier Renzi, di qualcosa di simile a Vicenza e Montebelluna?.

Vi chiederete dove abbiamo trovato queste informazioni.

Sul sito di Bankitalia? No, su quello non c'è (nè da Roma ci dicono) neanche il nome del proprietario dell'ufficio di Vicenza per il quale è pagato un affitto super, da 202.000 euro l'anno..

Ma la frase precedente l'abbiamo ripresa da un articolo dell'8 marzo 2015 ("Visco attacca le banche popolari, ma ne ha una in via Nazionale", che di seguito vi proponiamo integralmente, di uno dei giornalisti "cattivoni" (m.l.) proprio de Il Fatto Quotidiano di Antonio Padellaro, preceduto il 3 settembre 2013 da un altro articolo  ("Lotte intestine e privilegi in Banca d'Italia - Alla Csr, banca per i dipendenti gestita dai sindacati. Mutui casa all'1% fisso. Visco infuriato"). Pubblicato dove? Su Libero di Feltri...dove leggiamo anche, ahi ahi, che "ogni tanto i sindacati interni ne svelano qualche magagna. Ma con prudenza: sono proprio loro i veri padroni della banca, visto che ogni sigla sindacale decide le sue liste per l'elezione dei vertici della banca da sottoporre all'assemblea dei soci. I grandi sindacati (Falbi, Fisac etc...) di solito preferiscono tacere: la banca è loro. Quelli più piccoli come la Sibc, sindacato indipendente della banca centrale, sciolgono un po' di più la lingua...".

Presidente Renzi, un po' di rassegna stampa su Bankitalia ora ce l'ha e per altre informazioni non dico di leggere noi ma, intelligente com'è (sul serio), apra gli occhi e butti via chi ha tramato con gente come Zonin e i suoi scherani nel cda della BPVi e ha contribuito ad affossare, forse più di quanto non abbiano fatto i suoi vecchi vertici, anche Veneto Banca.

Sia pratico (se non sensibile): se 200.000 e più soci incazzati e diseredati di BPVi e Veneto Banca vedessero attuata la vera rottamazione e, senza forse, la più importante, che le manca, quella di Bankitalia,  non pensa ai "Sì" referendari che potrebbe incassare da loro e dai loro parenti...

Sarebbero "Sì", che, per giunta, non costerebbero nulla, neanche un bonus da 80 euro, a lei e agli italiani, che della pulizia se ne gioverebbero, per giunta, e non poco.

Ci rifletta, presidente, ci rifletta: quei 200.000 moltiplicati mediamente per 4 valgono più di qualunque esternazione dell'ambasciatore Usa...

E le renderebbero merito.

 

*Visco attacca le banche popolari, ma ne ha una in via Nazionale

di m.l. da Il Fatto Quotidiano dell'8 marzo 2015

Visco stronca le Popolari ma ne ha una in casa La Crs dei dipendenti di Bankitalia vanta un attivo di 4 miliardi e mezzo. La clientela è selezionata e non ci sono costi per personale e sedi Dentro la Banca d'Italia è cresciuta una grande banca popolare, alla faccia di tutte le preoccupazioni per questa forma societaria affermate da Via Nazionale per spingere la riforma della governance degli istituti di credito. Quelli degli altri però. La dimostrazione più lampante di questa contraddizione si è avuta durante l'audizione del direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi il 17 febbraio del 2015 davanti alle commissioni riunite finanza e attività produttive della Camera dei Deputati. Rossi ha prima spiegato che "L'approvazione della riforma è auspicabile non perché lo impongano i regolatori o i mercati Poi ha consegnato ai deputati la lista delle banche popolari esistenti in Italia. Nessuno dei deputati presenti se ne è accorto perché la sigla CSR è per le nostre Camere un ufo, ma a sorpresa, nell'elenco di 37 banche popolari figura a pagina 17 della relazione Rossi, pubblicata anche sul sito di Bankitalia, la CSR, cioè la Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra il personale della Banca d'Italia, Società Cooperativa per Azioni a Responsabilità Limitata. LA BANCA POPOLARE dei dipendenti del Governatore Ignazio Visco, che esiste dal 1903, è la sedicesima banca popolare italiana. Nel documento consegnato da Rossi le banche sono suddivise tra quelle che hanno un attivo contabile superiore alla soglia di 8 miliardi che fa scattare nel decreto del Governo Renzi l'obbligo di trasformazione in Spa entro un anno e mezzo, e quelle sotto soglia, che possono restare così come sono. È interessante notare che la penultima banca tra le dieci sopra soglia (e dunque destinate a essere riformata nella governance con vantaggio di chi ha comprato azioni o vuole acquistarne il controllo, vedi Davide Serra, il finanziere amico di Matteo Renzi) è la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, che aveva come vicepresidente il padre del ministro Maria Elena Boschi. All'opposto sesta, per ordine di grandezza di attivo, tra le banche che sfangano la riforma troviamo quella dei dipendenti di Banca d'Italia. CSR potrà quindi restare nelle mani dei suoi soci, senza poter essere scalata. I lavoratori di Bankitalia, organizzati - come sempre accade nelle Popolari - dai sindacati al momento delle delibere societarie, possono dormire sonni tranquilli. La CSR vanta un attivo contabile di 4 miliardi e 460 milioni di euro. Per avere un'idea pesa più di Banca Popolare Pugliese e di Banca di Piacenza. Il suo attivo vale più del doppio di quello della Popolare del Lazio, è quattro volte quello della Popolare Sant'Angelo ed è dieci volte quello della Popolare di Sviluppo, novanta volte l'attivo défia Popolare dell'Etna. Quali sono le ragioni del successo di questa banca che ha chiuso il bilancio del 2013 con un utile lordo di 44,4 milioni e di 51,6 milioni nel 2012? Nessun istituto può contare sui due vantaggi competitivi garantiti alla CSR: una clientela selezionata all'origine, doc come quella del personale Bankitalia, e l'assenza di costi per i lavoratori allo sportello e per i locali della rete delle agenzie. Solo i dipendenti (e i figli) della Banca d'Italia, con i loro stipendi e le loro garanzie di affidabilità personale, infatti, possono accedere ai servizi della CSR. Inoltre, grazie a una vantaggiosa convenzione stipulata con la Banca centrale, CSR può usufruire delle sedi dell'Istituto e del suo personale. In pratica mentre la Popolare di Milano o quella di Vicenza devono pagare le sedi e il personale prima di fissare i prezzi dei servizi o i tassi di interesse dei mutui, la popolare dei dipendenti di palazzo Koch non deve preoccuparsi di queste spiacevoli variabili. In realtà la CSR è nata con una funzione di pubblico interesse che giustifica la sua esistenza anche oggi. I funzionari della Banca d'Italia devono vigilare sulle altre banche private e non sarebbe bello se avessero il conto presso le filiali comuni o se chiedessero un mutuo alle società vigilate. Ecco perché la Banca d'Italia concede ai suoi dipendenti condizioni talmente vantaggiose che escludono l'ipotesi di un funzionario così folle da chiedere un prestito, ad esempio, a Unicredit. Oggi i dipendenti della Banca d'Italia infatti possono prendere un mutuo a tasso variabile pagando ^^^^^^^^_ un interesse dello 0,55 per cento (BCE - 0,05 più 0,50 di spread) mentre il tasso fisso è agganciato all'Euribor con spread a zero. L'azionariato è composto dai circa 15 mila soci che sono tutti dipendenti ed ex dipendenti in quiescenza della Banca d'Italia o le vedove e i vedovi dei dipendenti scomparsi. Quando un dipendente vuole vendere le azioni, la banca CSR le ricompra e poi le cede ai soci-dipendenti che ne fanno richiesta. Il tetto massimo è di 2 mila azioni. Il prezzo, come accade per le banche popolari non quotate, tipo Veneto Banca, viene fissato dal consiglio di amministrazione in base all'utile di bilancio. Oggi il pacchetto massimo di azioni di un dipendente vale circa 60 mila euro circa e ogni anno le azioni si rivalutano e danno all'azionista-dipendente una cedola non disprezzabile che complessivamente si aggira sul 5 per cento.


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