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Il Fatto: Antonio, morire per la BPVi. E per un sistema da azzerare subito dopo che ha "sbancato la città", complici tutti i politici del ventennio di Gianni Zonin & c.

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Venerdi 17 Giugno 2016 alle 02:09 | 0 commenti

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Non avremmo certo pensato di dover piangere un morto suicidato (leggi di seguito l'articolo de Il Fatto Quotidiano) nel giorno in cui arrivano le prime copie cartacee del nostro libro testimonianza "Vicenza. La città sbancata. Quello che dovevate sapere sulla Banca Popolare di Vicenza noi ve lo abbiamo detto. Da sempre" a differenza, noi lo urliamo, di certa carta stampata di Vicenza e di tutti quelli che ci scrivono, dai vertici all'ultimo dei collaboratori. Presso la redazione di VicenzaPiù in viale Milano 31, nelle edicole Fenagi di Vicenza, nelle migliori librerie e tramite Amazon noi distribuiremo il nostro libro piangendo. Ma, se una cosa così, il suicidio di Antonio Bedin, è terribilmente successa, i responsabili, anche questo urliamo a chi non vuol sentire, non sono solo Gianni Zonin, Giuseppe Zigliotto, Samuele Sorato, gli altri indagati, gli altri membri del loro Cda e i dirigenti complici nell'aver creato il dramma ma anche il Cda attuale che nulla o troppo poco ha fatto per attenuarlo.

Ma con loro e, forse più di loro, dovranno vergognarsi, oltre a tutti i poteri economici e finanziari locali, in primis tutti o quasi i politici, piccoli e grandi, che, in nome di un popolo rappresentanto con cinica falsità ma tradito e massacrato, si sono alternati tra maggioranza e minoranza.

Sono loro, i politici di lungo corso, quelli che in quasi 20 anni di complicità colpevole, dalle amministrazioni Hüllweck a quelle Variati, hanno tollerato e ancora fanno sopravvivere a un dramma globale e epocale un sistema, che localmente ha trovato tra i suoi interpreti peggiori Zonin e i suoi compagni d'affari e di merende luculliane portando probabilmente alla morte fisica di Antonio Bedin ma sicuramente a quella economica di tutta Vicenza e del suo territorio. 

È ora che tutti costoro, crassi e sedicenti imprenditori di imprese fatte con i soldi altrui o arricchite con la corruzione o politici che rappresentano solo gli interessi dei peggiori affaristi per propria convenienza o anche solo per l'amore diabolico del potere, vadano definitivamente a casa, e per giunta lontano da qui.

Tutti, perchè sono tutti colpevoli quelli che hanno spalleggiato, favorito, non denunciato questo sistema che per un istante ha avuto il coraggio di denunciare (o ha fatto finta di averlo avuto) l'ultimo degli arrivati al banchetto del potere, quel vice sindaco Jacopo Bulgarini d'Elci che apprezzeremmo realmente e intensamente se facesse l'unico passo conseguente e logico: le dimissione clamorose, dimostrative ma anchw necessarie a togliere subito il timone di mano a timonieri incapaci (quelli che dicono di non aver saputo) o, peggio, collusi, di fatto o anche solo ideologicamente.

Vadano tutti a casa pena la morte definitiva di Vicenza e del Vicentino e per non rendere inutile la morte di Antonio Bedin!

 

Antonio e i 400 mila "sghei". Morire per la Pop. Vicenza
Lo chiamavano il Bertinotti - Montebello: Bedin, 69 anni, perito chimico in pensione, dagli anni 70 iscritto al PCI, poi a Rifondazione, si è sparato con una 370 magnum

di Davide Milosa inviato de Il Fatto Quotidiano a Montebello (Vicenza)
Al 75 di via Borgolecco la palazzina è di due piani, color giallo sbiadito. L'ingresso è da una piccola corte. La cucina è ad angolo, lo stanzone nel complesso è spoglio, arredi moderni e in legno, un tavolo, un divano oltre a un muretto, un beccaccino impagliato sul camino, la tv e le videocassette, perché qui a Montebello Vicentino il tempo passa lentamente. Ed è qui al secondo piano che Antonio Bedin, 69 anni, mercoledì pomeriggio si è ucciso. Poco dopo le 16, sdraiato sul letto, una 370 magnum stretta nella mano sinistra, un solo colpo sparato, devastante a tal punto da bucare il pavimento.

 

È morto così. Una fiammata al cuore e quella paura del futuro e dei soldi che non ci sono più. Spariti, meglio inghiottiti dentro al conto della filiale di Banca popolare di Vicenza al 41 di via Marconi. Vittima Antonio, come tantissimi qui, della dissennata amministrazione dell'ex presidente dell'istituto di credito Gianni Zonin, il ricchissimo "doge" con la passione per il vino e le feste, che oggi è indagato dalla Procura di Vicenza. Colpevole, assieme ad altri cinque, di aver fatto precipitare le azioni della banca da 62,5 euro a 0,10 centesimi. Un tracollo senza precedenti. "Ho perso tutti gli sghei", andava dicendo Antonio. Qui al bar di piazza Italia o chiacchierando con la vicina.

Uomo affabile ma riservato. Negli anni Settanta iscritto al Pci e per questo schedato come molti suoi compagni. Poi il Muro crolla e in Italia arriva la Seconda Repubblica, lui s'innamora di Fausto Bertinotti. E così lo chiamavano in paese: "Arriva il Bertinotti". Politica e lavoro per Antonio. Fino a 12 anni fa, perito chimico nel settore siderurgico. Tanta fatica ma alla fine qualche buon soldo da parte. Da qui l'idea, tanto semplice quanto sciagurata, di portare alla Popolare di Vicenza oltre 400 mila euro di risparmi. Calcoli alla mano: 8 mila azioni.

Un bel tesoretto su cui contare soprattutto per Antonio che, di salute precaria (faticava a camminare), progettava di pagarsi una casa di cura. Progetto rimasto tale, dopo che Antonio solo poche settimane fa ha scoperto che in banca quei grassi 400 mila euro si sono trasformati in 779 euro appena. Qui a Montebello storie simili ce ne sono molte. "Guardi - spiega il barista del bar della piazza del Municipio - ogni famiglia ha un risparmiatore che ha perso soldi con la Banca di Vicenza. Mia sorella ne ha persi, ad esempio, 100 mila". I numeri sono enormi: 120 mila soci della popolare. La maggior parte gente normale.

Qui più che in Toscana con il caso Etruria, il disastro sociale è palpabile. Renato Bertelle, avvocato e presidente dell'Associazione nazionale azionisti della Banca popolare di Vicenza spiega: "La gente viene nel mio studio tutti i giorni e piange". Antonio Bedin ha scelto una strada più disperata. Mercoledì pomeriggio era solo in casa assieme ai suoi due cani. Il fratello Gaetano era fuori con il motorino. Era andato a comprare trote affumicate. Prima di prendere in mano la pistola, Bedin ha strappato un foglio da un quaderno a righe, ha scritto veloce e in stampatello: "Sto troppo male. Voglio essere cremato. E sepolto nella tomba vecchia. In chiesa niente predica, solo un ringraziamento ai presenti. Tratta bene i cani, fa loro il trattamento contro la filaria e le zecche, e la vaccinazione. Portali fuori. I soldi ci sono". Questa l'ultima traccia lasciata da un ex operaio come milioni in Italia, che in banca è andato per proteggere i suoi risparmi e se li è visti sparire inghiottiti dalle sabbie mobili di un'amministrazione sciagurata.

Suo fratello Gaetano, di quattro anni più anziano, ora sta seduto in mezzo alla grande sala. Sul tavolo una cartelletta gialla, dentro i conti della banca, li guarda, li tiene in mano. Parla un dialetto strettissimo, quasi incomprensibile. "È colpa loro - dice - sono peggio dei mafiosi". Fissa quel foglio che in pochi numeri racconta il dramma. Qui in via Borgolecco al 75 di Montebello Vicentino. Qui dove oltre piazza Italia in via XIV maggio al civico 40 c'è un magnifico ex convento con statue romane e un parco regale. Qui nel quartiere del doge Zonin, amante delle feste. "Ne ha fatta una solo un mese fa", racconta il barista: chissà se Antonio Bedin quella sera è passato in via XXIV maggio.


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