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Il massone Luzzatti fece nascere la Popolare Vicentina, con Gianni Zonin è morta la BPVi. I pm Salvadori e Pipeschi gli avranno chiesto dei dubbi massonici di De Bortoli e delle ciacole vicentine sulla sicula Banca Nuova?

Di Pietro Cotròn Venerdi 24 Marzo 2017 alle 23:25 | 0 commenti

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«Nata nel 1866 dall'alveo del mutualismo borghese per l'iniziativa di Luigi Luzzatti e Fedele Lampertico, già alla metà degli anni Settanta dell'Ottocento la Banca Popolare Vicentina raggiunse una posizione di spicco fra le istituzioni creditizie nazionali mantenendosi fino all'età giolittiana ai vertici della graduatoria delle banche popolari italiane». Così si legge in "Storia della Banca Popolare Vicentina", un'edizione speciale di Laterza riservata alla poi Banca Popolare di Vicenza, curata da Gabriele de Rosa nel 1996 e "firmata" nella prefazione da Gianni Zonin che proprio in quell'anno, dopo 16 anni in cda, prendeva le redini della ormai fu BPVi, sulle cui "cause di morte" oggi ha sostenuto il secondo interrogatorio presso la Guardia di Finanza di Vicenza per oltre 5 ore dopo il primo, altrettanto lungo, del 22 marzo.

«Il modello di istituto elaborato da Luzzatti si dimostrò particolarmente adatto a rispondere alla domanda di credito di artigiani, professionisti, piccoli industriali, proprietari agricoli, intermediari e negozianti al minuto che, all'ombra delle grandi imprese laniere dei Rossi e Marzotto, hanno fatto di questa provincia una delle aree più industrializzate del Veneto» continuava il volume che ha raccontato i primi 110 anni di una banca nata nel 1886 .

Di quella banca "Vicenza. La citttà sbancata", dopo il ventennio di Zonin, ha poi dovuto fotografare la fine documentandola con gli articoli scritti in solitaria dal 2010 in poi per mettere in guardia un esercito di altre decine di migliaia di «artigiani, professionisti, piccoli industriali, proprietari agricoli, intermediari e negozianti al minuto» oltre che di pensionati, impiegati e piccoli risparmiatori che alla banca guidata anche dai discendenti di quei Rossi, con Alvise, e di quei Marzotto, con Matteo, hanno restituito con interessi insanguinati quanto avevano ricevuto in un passato nato per iniziativa del massone Luigi Luzzatti.

E di massoneria non si parla apertamente, ma si sussurra decisamente nei discorsi a quattrocchi sulle  vicende ad oggi a dir poco "oscure" della Popolare vicentina e di altre banche, che paiono vittime non solo delle contingenze, di possibili gestioni errate se non fraudolente e di "trame europee".

Se la storia del Banco Ambrosiano, che crollò nel 1981 con la scoperta della loggia P2, che proteggeva il suo dominus Roberto Calvi, poi suicidatosi a Londra dopo aver cercato l'aiuto del Vaticano e dello IOR, è una delle più recenti e clamorose vicende di intrecci tra finanza e massoneria, il 19 settembre 2016 evidenziavamo che l'ex presidente del Consiglio e allievo di Andreatta, Enrico Letta, come scriveva quel giorno Carlo Tecce su Il Fatto Quotidiano, aveva «condensato in poche battute l'acuminato pensiero di Ferruccio de Bortoli: "Su vicende bancarie, Etruria, Siena, si sente odore di massoneria"». Quel giorno, il 19 settembre 2016, riferivamo anche di «una domanda, che in silenzio e da tempo molti, non inesperti di cose bancarie locali, si fanno e per la quale si legge la risposta nelle loro espressioni e in qualche allusione che, girandoci la domanda retorica, ci indirizzano: "Ma un qualche odore di massoneria non si sente anche sulla Banca Popolare di Vicenza di Gianni Zonin?"».

E a quelle domanda aggiungevamo il consiglio che ci era stato dato quando provammo a capire anche i meccanismi dei legami tra la BPVi, di cui molto si parla, e la posseduta siciliana Banca Nuova di cui poco o nulla, siculamente, si legge anche se solo pochi giorni fa si è chiusa (tardivamente?) l'epoca di Marino Breganze, suo presidente e braccio destro di Zonin che nella sede centrale a Palermo fu acccolto con tutti gli onori dopo aver già lasciato via Btg. Framarin: «Se i dubbi massonici di De Bortoli, comprensibili perchè logici ma difficilmente documentabili e, quindi, non deflagranti almeno nell'immediato, volete estenderli a Vicenza, beh, fatelo a vostro rischio e pericolo. Ma smuovere la Sicilia con nomi e fatti... beh, lasciate perdere!».

Chissà allora se i pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi titolari dell'inchiesta sulla galassia della Banca Popolare di Vicenza nelle dieci ore passate con Gianni Zonin gli avranno fatto qualche domanda su massoneria e mafia?

Ci conforteebbe non poco l'essere certi che è fuori luogo estendere i dubbi "massonici" di De Bortoli alla Popolare vicentina e che è un solo una grande ciacola il consiglio vicentino di lasciar perdere le curiosità "siciliane"...


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