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CorSera ci "suggerisce" di pubblicare lettera di (non) garanzia di Unicredit per aumento BPVi: le comunicazioni imprecise di Iorio. Premiato da Atlante che lo conferma Ad?

Di Gianfri Bogart Domenica 12 Giugno 2016 alle 11:29 | 0 commenti

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«Unicredit, ecco la lettera di garanzia sull'aumento della PopVicenza»: con questo titolo Fabrizio Massaro rivela, e documenta, su Il Corriere della Sera un fatto che conferma quanto da noi più volte sostenuto anche in base ai documenti noti, i comunicati stampa della Banca Popolare di Vicenza. Seguendo l'invito del collega anche noi, che prima non lo avevamo fatto per insufficienza di... risorse umane nelle nostre numerose battaglie quotidiane per l'informazione, abbiamo cercato la lettera (clicca qui) con cui Unicredit "stabiliva" che avrebbe garantito l'aumento di capitale sì, ma solo in caso di quotazione in Borsa. E non "comunque", come in varie assemblee Francesco Iorio aveva dichiarato ai 118.000 soci.

Non è dato sapere se l'abbia fatto per il bene della Patria, a salvare la quale era stato chiamato dalla BCE con la firma sul suo "ingaggio pluri milionario a prescidenre" apposta da Gianni Zonin,  o se  per convincerli a votare secondo il percorso "ineludibile" da lui indicato e condiviso da un Cda debole e per dieci su diciotto membri risalente sempre all'era del ventennio del re del vino e, infatti, oggi tutto cambiato.

Meno, a parte Pansa, lui, il confermato Ad Iorio che, forse, è stato ben valutato dal Fondo Atlante per avergli portato in dote la banca fu vicentina a 10 centesimi ad azione...

 

Unicredit, ecco la lettera di garanzia sull'aumento della PopVicenza

di Fabrizio Massaro, da Il Corriere della Sera

A un certo punto della contesa sul salvataggio - cioè se Unicredit fosse o no obbligata a comprare le azioni della Popolare di Vicenza - le due banche hanno cominciato a litigare anche sulle vocali. «Nel contratto c'è scritto che se non va in Borsa la garanzia non vale», diceva Unicredit. «Non è vero», replicava la banca veneta, «nella lettera è scritto "offerta in Borsa e/o aumento di capitale". È stato usato un "o". Quindi resta l'obbligo di garantire un miliardo e mezzo di euro, anche se la quotazione non riesce». «Non è vero! Ai vostri soci in assemblea è stato spiegato che senza la quotazione la nostra garanzia non scatta». «Sì, è vero, l'arrivo in Borsa era la via principale. Ma questo non conta. Dal contratto si intuisce che la garanzia vale anche senza quotazione».

Il dialogo è di fantasia ma riassume puntualmente il cuore dello scontro legale che tra febbraio e marzo ha visto contrapposte la Popolare di Vicenza, pressata dalla Banca centrale europea per trovare 1,5 miliardi di euro entro fine aprile per evitare il bail-in, e Unicredit, che aveva sottoscritto una garanzia preliminare sulle azioni che sarebbero rimaste invendute nel collocamento in Borsa.

È stato anche l'esito di quel contratto ad aver deteriorato la percezione di Unicredit sul mercato. Molti osservatori - compreso il presidente di Quaestio sgr Alessandro Penati, che gestisce il Fondo salva-banche Atlante - sostengono che se Unicredit avesse dovuto farsi carico delle azioni della Popolare di Vicenza avrebbe indebolito in maniera rilevante il suo stesso patrimonio. E dunque Atlante sarebbe nato più per salvare Unicredit che la Vicenza.

«È un equivoco, una leggenda metropolitana», ha replicato venerdì il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, al Sole 24Ore : «Tutti ne parlano ma in pochi sanno come sono andate le cose. Molto semplicemente, è stato siglato, peraltro in ben altre condizioni di mercato, un contratto standard di pre-garanzia che poneva una serie di 14 condizioni per la trasformazione in una garanzia piena, tra cui la quotazione in Borsa. In più c'erano anche le consuete market adverse conditions: quando abbiamo visto che si erano verificate, e che la banca non era libera di far slittare l'operazione per onorare le richieste della Bce, abbiamo informato le autorità competenti e si è avviato il cantiere di Atlante».

Vediamo allora questo contratto, che tante polemiche ha suscitato. Formalmente è segreto ma è stato allegato integralmente nel prospetto informativo della Vicenza: chi ha la pazienza di arrivare fino in fondo, lo troverà a pagina 932.

È stato siglato il 17 settembre 2015 dalla branch tedesca di Unicredit e poi girato a fine ottobre alla capogruppo italiana. È una lettera di intenti indirizzata a «Mr. Francesco Iorio, ceo of Popolare di Vicenza», con in coda i pareri degli avvocati che argomentano in «legalese» sulle sue interpretazioni.

Tra le condizioni previste nei 14 punti c'è che la Vicenza da popolare diventi una spa, che l'aumento sia senza diritto di opzione, che ci sia l'ok della Bce al piano, che ci siano le condizioni favorevoli alla quotazione. Ma soprattutto che la quotazione riesca. Unicredit, dopo aver sondato gli investitori, ha preso atto che quelle condizioni non c'erano. È stato allora che è partito il braccio di ferro legale tra le due banche: se la garanzia avesse avuto comunque valore anche senza ipo, Vicenza sarebbe finita nella pancia del garante. Ma Unicredit non avrebbe «mai» potuto assorbire la PopVi, ha specificato venerdì Vita: «Lo avrebbero impedito le condizioni avverse del mercato, che non abbiamo comunicato per evitare ulteriori danni al sistema». Era uno scontro che non poteva finire in tribunale. Si è risolto al Tesoro e in Banca d'Italia. Con il varo di Atlante.


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