Le azioni legali possibili per obbligazionisti e soci BPVi e Veneto Banca in liquidazione. Ma il decreto andrebbe modificato ora o dopo elezioni
Martedi 25 Luglio 2017 alle 00:24 | 5 commenti
Pubblicato il 24 luglio alle 21.03, aggiornato il 25 alle 0.24. A seguito dell’emanazione del D.lg. 99 del 25 giugno 2017 in sede giudiziaria gli azionisti di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca possono avviare le seguenti iniziative legali:
a) chi lamenta la mancata esecuzione di un ordine di vendita di azioni [i cosiddetti scavalcati] può insinuarsi al passivo della liquidazione coatta amministrativa [LCA];
b) chi contesta l’inadempimento dell’intermediario ai relativi  obblighi di correttezza nella prestazione dei servizi di investimento, con particolare riferimento al collocamento di strumenti finanziari a risparmiatori  con un profilo di rischio non adeguato/appropriato [violazione della MiFID] può:(i) insinuarsi al passivo della liquidazione coatta amministrativa [LCA] e (ii) costituirsi come parte civile in uno o più dei processi penali che saranno probabilmente avviati a Roma, Vicenza, Treviso, sempreché il danno subito sia conseguenza dei reati  perseguiti [il che non sempre si verifica. Ad esempio, gli azionisti non si ritiene siano danneggiati dal reato di ostacolo alla vigilanza di Bankitalia e, pertanto, non possono essere parte del relativo procedimento penale];
c) chi  deduce di essere stato raggirato avendo  pagato un prezzo eccessivo per l’acquisto di azioni e/o obbligazioni convertibili/subordinate  in costanza di false comunicazioni sociali - ovvero nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 30 luglio 2015 - può: (i) insinuarsi al passivo della LCA; e (ii) avviare una richiesta risarcitoria nei confronti della società di revisione [rispettivamente PWC per Veneto Banca e KPMG per BPVi];  e, infine, anche (iii) costituirsi come parte civile in uno o più dei processi penali (vedi supra §b).
Più agevole la strada da percorrere per le persone fisiche (compresi gli imprenditori individuali) che hanno acquistato obbligazioni subordinate direttamente da una delle due banche prima del 12 giugno 2014, alle quali, a determinate condizioni, è consentito di accedere alle prestazioni del Fondo di solidarietà presentando istanza entro il 30 settembre 2017.
Da un punto di vista pratico:
I) l’azione di risarcimento nei confronti delle società di revisione dovrebbe consentire di ottenere un significativo ristoro del danno subito in tempi ragionevoli, anche contando su di una possibile definizione transattiva della vertenza.
II) la costituzione di parte civile nel processo penale ha certo una valenza morale ma è difficile generi ritorni economici poiché, a seguito del D.lg. 99 del 25 giugno 2017, dei danni arrecati ai risparmiatori risponderanno solo gli imputati con i propri patrimoni personali e non più l’istituto bancario per il quale agivano o che, comunque, amministravano;
III) l’insinuazione al passivo della LCA dovrà essere accompagnata da un’azione legale mirante a invalidare il D.lg. 99 del 25 giugno laddove il medesimo viola sia il principio della parità di trattamento dei creditori sia la direttiva BRRD che autorizza le procedure di liquidazione di istituti bancari diverse dal Bail-in solo a condizione che nessun creditore ne sia danneggiato [no creditor worse off].
Tale azione si preannuncia complessa ed è, pertanto, auspicabile che i diversi studi legali che a vario titolo si occupano della vicenda a tutela dei risparmiatori riescano a coordinarsi per condividere le proprie competenze al fine di contribuire a conseguire un obiettivo di comune interesse.
Due considerazioni consentono di fugare i possibili dubbi sulla consistenza patrimoniale delle società di revisione, e sulla relativa conseguente incapienza a fronte delle future richieste risarcitorie.
Innanzitutto, entrambe le società godono di significative coperture assicurative. Poiché i bilanci in contestazione sono relativi ai tre esercizi chiusi al 31.12.2011, 31.12.2012; 31.12.2013, ove anche  il massimale per sinistro fosse limitato a 50 milioni di euro, l'ammontare reso disponibile dalle compagnie di assicurazioni sarebbe pari a 150 milioni di euro per ciascuna società ovvero a complessivi 300 milioni di euro.
La copertura dell'eventuale eccedenza potrà attingere alle rilevanti risorse interne delle due società . Nel 2016 PWC e KPMG hanno fatturato in Italia rispettivamente 556 milioni e 587 milioni di euro. Sono cifre importanti specie ove si consideri che i costi di struttura di dette società sono alquanto contenuti rispetto al fatturato, per la gran parte destinato a: (i) gli stipendi del personale dipendente; (ii) i compensi dei soci partner e i premi di produzione. Pur senza entrare in dettaglio, è agevole ipotizzare che ciascuna società possa spesare 100 milioni di euro senza alcun trauma significativo sui propri equilibri economici e finanziari.
Pertanto, se in aggiunta ai 300 milioni di euro delle assicurazioni, PWC e KPMG contribuissero al risarcimento del danno prodotto con risorse proprie di 100 milioni di euro, l'importo da destinare ai risarcimenti ammonterebbe a 500 milioni di euro così da risultare del tutto adeguato. Alla società di revisione, pur se del tutto inadempiente ai propri doveri, sarebbe, infatti, incongruo addossare una quota parte superiore al 50% del danno prodotto ai clienti/investitori dei due istituti bancari. I 500 milioni di euro vanno pertanto rapportati al danno stimato in un miliardo di euro, importo che peraltro coincide con quanto necessario a chiudere le posizioni rimaste aperte dopo l’adesione del 70% degli azionisti all’OPT.
Il restante 50% del risarcimento non potrà che derivare dalla corretta applicazione dei principi generali di equità a base del nostro ordinamento, calpestati dal D.lg. 99 del 25 giugno. Posto che in caso di fallimento di una società è pacifico che i relativi azionisti siano azzerati, i presupposti giuridici a base della maggior parte delle richieste risarcitorie si fondano sulla richiesta del riconoscimento della propria qualità di cliente - nei confronti del quale l'intermediario-banca non ha agito correttamente - o di investitore/risparmiatore ingannato dall'emittente. I crediti risarcitori derivanti da tali illeciti hanno lo stesso grado di privilegio di quelli vantati dagli obbligazionisti senior. A fronte di obbligazioni in circolazione per oltre dieci miliardi di euro e di diritti risarcitori di clienti/investitori per un solo miliardo di euro, laddove la soluzione prevista dalla normativa europea era il riconoscere a ciascuno il 92% (dando una sforbiciata dell’8% alle obbligazioni senior), si è deciso di rimborsare le obbligazioni al 100% e di nulla riconoscere ai clienti/investitori.
E’ tale discriminazione che rende il suddetto provvedimento non solo illegittimo ma profondamente ingiusto, ed è su tali profili che è auspicabile un ripensamento del legislatore, se non l’attuale, il prossimo, che sarebbe certo saggio a dimostrare maggiore rispetto per la tutela del risparmio rispetto a chi ha partorito il decreto in esame.
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