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Le "baciate" a sua insaputa salvano Gianni Zonin dai sequestri: lo si legge su Il Mattino di Padova ma...

Di Rassegna Stampa Sabato 3 Giugno 2017 alle 20:40 | 0 commenti

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La decisione della Procura di chiedere il sequestro di beni per 106 milioni di euro (per il reato di ostacolo alla vigilanza) nei confronti della Banca Popolare di Vicenza, dell'ex direttore generale Samuele Sorato e dell'ex vicedirettore Emanuele Giustini - e non anche dell'ex presidente Gianni Zonin - è in queste ore all'esame degli avvocati difensori. Non avendo il provvedimento in mano, però, i legali declinano qualsiasi commento. Anche perché è probabile che altre misure vengano sollecitate (o lo siano già state) a carico dell'imprenditore del vino. Sembra però che dietro la distinzione delle posizioni tra gli ex direttori da un lato e Zonin dall'altro, ci sia quello che è il fulcro dell'inchiesta sulla BPVi: le "operazioni baciate", i finanziamenti concessi dall'istituto ai risparmiatori dietro acquisto delle azioni della banca stessa.

Una pratica a cui la Popolare avrebbe fatto abbondantemente ricorso, stando non solo alle ipotesi investigative, ma anche alle contestazioni contenute nelle centinaia di pagine dell'azione di responsabilità promossa dalla nuova direzione. Ebbene, secondo quanto ha sostenuto Zonin in tutte le sedi (interrogatori e memoria consegnata al tribunale delle imprese di Venezia), il Cda era all'oscuro di tale situazione. Zonin ha scaricato le responsabilità sui manager, a cominciare da Sorato. Una versione che la Procura ritiene in qualche modo credibile? Per il momento si tratta di ipotesi visto che le motivazioni dei sequestri sono contenute in quel provvedimento al centro dello scontro in atto a Vicenza e nato dalla decisione del gip Barbara Maria Trenti di trasmettere per competenza alla Procura di Milano il filone d'inchiesta sul reato di ostacolo alla vigilanza. Decisione che ha scatenato l'immediata reazione della Procura che ha fatto ricorso in Cassazione. Ma il capo dei pm vicentini Antonino Cappelleri ha contestato anche la decisione del gip di emettere comunque pur avendo dichiarato la sua incompetenza sul reato di ostacolo alla vigilanza - il sequestro "provvisorio" di beni. Una soluzione che la Procura ha bocciato senza mezzi termini. «Emissione non prevista tra i poteri di legge del gip», ha spiegato il procuratore capo Antonino Cappelleri, «Si reputa che la possibilità cosiddetta d'urgenza del giudice incompetente si limiti alle sole misure cautelari personali, custodia in carcere ecc... Sicché il sequestro, come è dato, viene ritenuto vano, anzi controproducente in quanto prevedibilmente subito travolto dalle possibili contestazioni difensive». E, come non bastasse, esso comporta problemi anche sotto il profilo pratico risultando impossibile - sottolineala Procura - darne esecuzione entro i 20 giorni dall'emissione del decreto.

(s. t.), Il Mattino di Padova


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