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Mentre Gianni Zonin forse è già tornato in Usa, dove avrebbe una seconda cittadinanza, l'ex dg BPVi Samuele Sorato lo accusa: "era il Cda a deliberare, io ho risposto ai pm"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Giovedi 23 Marzo 2017 alle 22:11 | 1 commenti

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All'indomani del suo interrogatorio davanti al pm che ha tenuto la linea di quanto già dichiarato al Tribunale delle imprese l'ex presidente e per la gran parte degli "umani" dominus" della Banca Popolare di Vicenza Gianni Zonin potrebbe essere già tornato in Usa, dove dal 1976 ha attiva vicino a Charlotte in Virginia la Barboursville Vineyards, che, come recita il relativo sito e come avevamo scritto il 5 settembre 2016, opera con una grande tenuta viticola nell'East Coast che si estende su una superficie di 500 ettari, di cui 90 a vigneto. E proprio negli Usa Zonin è probabile abbia una seconda cittadinanza, anche se (o proprio perchè) innumerevoli nostri quesiti ufficiali al Consolato Usa a Milano non ci hanno confermato, nè, però, smentito, la nostra ipotesi.

E anche se addirittura i due media di Charlotte mai hanno risposto, neanche con un cenno alle nostra semplice e ripetuta domanda: «visto che l'imprenditore di Gambellara opera in Usa dal 1976 sarebbe normale che abbia acquisito secondo le procedure riservate a chi lavora o intraprende in Usa prima la Green Card e poi la cittadinanza: vi risulta che ciò sia avvenuto?».

Silenzio totale nell'area in cui in passato la stampa lo aveva, scherzosamente, associato al clichè del boss italiano visto che girava con uan vistosa auto metallizzato e tutta nera....

Migliaia di soci traditi dalla sua ex banca da tempo vorrebbero sapere ora da voci ufficiali italiane se l'ex presidente goda o meno di un possibile doppio passaporto, acquisito in passato per motivi imprenditoriali ma utile ora magari per tutelarsi da decisioni contrarie della magistratura.

L'ex dg poi ad della Banca Popolare di Vicenza Samuele Sorato da oggi rende possibili queste decisioni, quando si avvierà a conclusione almeno in primo grado l'atteso processo, di sicuro lungo e probabilmente destinato a prescriversi nei gradi successivi vista la mole dei fatti, la quantità di testimoni e parti civili da coinvolgere e, amaro in fondo, le possibili "incriminazioni" per reati come l'aggiotaggio e l'ostacolo alla vigilanza, reati relativamente "leggeri", con pene massime di 6 anni e, quindi, destinati a far chiudere anzitempo la trattazione processuale.

È, infatti, Sorato a uscire oggi con le sue precisazioni su quanto accadeva in banca, precisazioni contenute in un comunicato stampa del suo legale, l'avvocato Fabio Pinelli, del Foro di Padova, il cui contenuto riprendiamo da Nordest Economia, la sezione web comune ai giornali Finegil del gruppo l'Espresso.

«È destituito di ogni fondamento l'assunto che Samuele Sorato abbia fatto propria, a differenza del cavalier Zonin, la "linea del silenzio" nei confronti degli inquirenti, rifiutando di mettere a disposizione degli stessi il proprio patrimonio conoscitivo, relativo allo svolgersi degli eventi in seno alla Banca Popolare di Vicenza». Inizia così il comunicato inviato dal legale Fabio Pinelli che difende l'ex direttore generale poi consigliere delegato BPVi, Samuele Sorato.

Sorato, precisa la nota, «sin dal 28 novembre dello scorso anno, ha spontaneamente rappresentato alla Procura berica, per iscritto, tutto ciò che risulta a sua conoscenza in relazione ai fatti che gli vengono provvisoriamente contestati. Tale scritto, peraltro, oltre ad essere minuzioso e dettagliato nella ricostruzione dei soggetti e delle funzioni aziendali coinvolte nella realizzazione delle operazioni contestate, esordiva con un'esplicita dichiarazione di "disponibilità collaborativa da intendersi operativa sin da subito, per qualsiasi chiarimento l'Autorità procedente avesse a richiedergli", in relazione al contenuto delle sue dichiarazioni scritte».

Poi il manager precisa che «le comunicazioni ufficiali della banca non dipendevano affatto, nel loro contenuto di merito, dall'azione del Direttore Generale, bensì venivano deliberate dal Consiglio di Amministrazione, su proposta dei competenti uffici amministrativi...», che «le segnalazioni periodiche di vigilanza erano totalmente estranee alle competenze istituzionali del Direttore Generale» e quanto al tema dei finanziamenti a terzi, anche finalizzati all'acquisto di azioni della Banca, «questi erano tutti oggetto di adeguate procedure di controllo da parte delle molteplici strutture deputate allo stesso (Audit, Compliance, Risk Management, Ufficio Contabilità e Segnalazioni di Vigilanza, Comitato per il Controllo, Collegio Sindacale e Società di Revisione)».

Quanto poi alla questione dei bilanci della Banca, «questi dipendevano, quanto al merito del loro contenuto, dal Dirigente preposto al bilancio, che era altresì un Direttore Centrale e Responsabile di una delle Divisioni Operative più rilevanti nell'ambito della struttura organizzativa del Gruppo bancario, che comprendeva la Direzione Contabilità, Bilancio e Segnalazioni di Vigilanza, la Direzione Pianificazione Strategica e la Direzione Controllo di Gestione; mentre il Direttore Generale non è titolare di alcuna competenza e/o facoltà in materia di redazione, approvazione e comunicazione del bilancio sociale della banca; bilanci approvati dal Consiglio di amministrazione e sottoscritti dal Presidente e dal dirigente preposto».


Commenti

Inviato Venerdi 24 Marzo 2017 alle 11:33

I due fanno sorridere. Zonin e Sorato erano "compari", e si sono circondati di picciotti ubbidienti, intimidatori e arroganti. Chiaro che ora la strategia sia quello dello "scaricabarile", tuttavia l'accoppiata esercitava il potere in completa simbiosi. Aldilà delle sottigliezze derivanti dalle rispettive funzioni, un conto è l'organigramma un altro conto è l'esercizio delle "persuasioni" sostenute da minacce allusive.
Zonin NON andrà mai in galera e non pagherà mai le sue colpe, proprio come Sorato e gli altri "pischelli". Ricordano tanto i "furbetti del quartierino" di Ricucciana memoria (si rammenta tra l'altro della collusione di BPVi nella scalata al Corriere, risolta con un nulla di fatto dalla solita magistratura compiacente)
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