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Gianni Zonin e Fondazione Roi: interrogatori ricchi di perplessità e contraddizioni che lasciano sbalorditi

Di Ubaldo Alifuoco Domenica 6 Agosto 2017 alle 19:51 | 0 commenti

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I verbali degli interrogatori di Gianni Zonin davanti a Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, i sostituti procuratori titolari dell'indagine sulla Banca Popolare di Vicenza e, sarebbe auspicabile, sulla Fondazione Roi sono stati pubblicati in tutto su VicenzaPiu.com o in parte su altri organi di stampa. Alcune parti riguardanti la Fondazione ci lasciano veramente sbalorditi. E' utile riprenderle in maniera fedele e commentarle brevemente ma con una certezza delle conclusioni che, per essere definitiva, richiederebbe che il Cda attuale facesse piena luce pubblica sul passato.

Servirebbe, quindi, che Ilvo Diamanti, presidente di immagine, Andrea Valmarana, il dominus dei fatti e dei documenti contabili, e Giovanna Grossato, la terza designata ai tempi di Gianni Mion, aprissero realmente i cassetti e non si limitassero a far felice a qualche organo di stampa dandogli solo una parte dei documenti che da direttore di VicenzaPiù ho ricevuto ufficialmente dalla Regione Veneto in quanto "soggetto interessato" in forza della denuncia subita dall'ex presidente della Roi per un milione di euro di danni e che sto rendendo pubblici dopo le opportune valutazioni di merito e ho messo a disposizione di chi, Ubaldo Alifuoco, da tempo combatte la nostra stessa battaglia di trasparenza sulla Fondazione e oggi, dopo aver "pesato" i bilanci dell'era di Gianni Zonin, di seguito incrocia una parte dei "nostri" documenti con le risposte sulla Roi presenti nei verbali di interrogatorio dell'ex presidente "doppio", della Fondazione e della fu Popolare di Vicenza.

Il direttore

 

 

"Richiesto di riferire in merito agli acquisti di azioni BPVi da parte della FONDAZIONE ROI, ZONIN GIOVANNI dichiara: "Preciso che il marchese in vita era socio della BPVi. All'epoca degli acquisti di azioni BPVi da parte della FONDAZIONE ROI, nel consiglio di amministrazione facevano parte, oltre al sottoscritto, anche il Prof. BREGANZE ed il dott. GRONCHI. Il Consiglio della Fondazione avevo dato incarico a GRONCHI di individuare i "migliori investimenti" per la FONDAZIONE, senza finalità speculativa e con un profilo di rischio basso, anche a costo di una redditività contenuta."
Questa risposta potrebbe apparire come una chiamata di correo e quindi bisognerebbe sentire il dott. Divo Gronchi su questo punto e su tante altre cose. Tra l'altro, il dott. Gronchi è stato nel Cda della Fondazione per breve tempo (entra nel marzo 2008 ed esce nel giugno 2010) e nella fase via via più critica della Banca era già uscito da tempo..

"Nel periodo, per esempio, le azioni GENERALI davano meno garanzie rispetto alle azioni BPVi,
Aggiungo che la FONDAZIONE ROI era, di fatto, "una emanazione della BANCA", e le azioni BPVi, all'epoca, erano "una garanzia. un investimento buono, valido e sicuro" in quanto si trattava di una Banca solida. Si trattava di un "investimento più che sicuro
".
Lo Statuto della Fondazione ROI non prevede affatto che essa sia una "emanazione della Banca". Lo Statuto stabilisce solo che il Cda della Banca Popolare di Vicenza nomina tre dei cinque componenti (poi passati a 7 su iniziativa sempre di Zonin), ma non dice che i tre componenti debbano essere scelti tra i vertici della Popolare. E' stato il presidente della Popolare Zonin a far diventare la Fondazione Roi una sorta di dependance della sua banca, trasponendo i vertici della stessa nella Fondazione, investendo nelle proprie azioni quando gli altri le vendevano e continuando a sottoscriverle mentre alcuni degli stessi amministratori se ne liberavano.
Come fa a dire che a quel tempo l'investimento era valido e sicuro se era ampiamente noto che il valore dell'azione era gonfiato, e quindi faceva comprare alla Fondazione Roi "merce" ad un prezzo esorbitante rispetto al suo valore.

"Le operazioni di acquisto sono state una iniziativa collettiva del Consiglio della Fondazione, condivisa da tutti e tre (ed anche dal quarto membro), Preciso che la FONDAZIONE ha partecipato anche agli aumenti di capitale 2013 e 2014.
Le operazioni hanno avuto un controvalore complessivo di circa trenta milioni di euro; non ricordo però, le date dei singoli acquisti, se non che l'operazione più consistente risale al 2009.
"

L'operazione più consistente di acquisto di azioni della Popolare avviene nel 2009 proprio subito dopo la morte del fondatore marchese Giuseppe Roi. Ma allora sorge spontanea una domanda: se l'investimento in azioni della BPVi era così conveniente, perché non lo ha deciso lo stesso marchese quando era in vita?

"Il patrimonio della FONDAZIONE ROI ammontava, all'inizio della mia presidenza, a circa 80 mln di euro, suddiviso tra immobili e titoli.
Non sono in grado di riferire il precedente impiego delle risorse impiegate dalla FONDAZIONE per gli acquisti e sottoscrizioni di azioni BPVi compiute nel corso degli anni
".
Prima della morte del fondatore non ci sono importi investiti in azioni. Il marchese aveva conferito due titoli BTP da 50 milioni di lire cadauno. Come è logico, l'investimento in titoli riguardava solo Buoni del Tesoro poliennali, vale a dire titoli di Stato a lunga scadenza. Quelli che sono più adatti per una fondazione, proprio perché non comportano rischi, hanno un rendimento più elevato in quanto immobilizzano fondi per tempi più lunghi, consentono alla fondazione di svolgere la sua mission con i rendimenti e senza intaccare il patrimonio, cosa ben precisata nello Statuto.
Che la decisione di acquisto sia stata assunta da tutto il Cda della Fondazione all'unanimità (cosa da verificare perché pare che il membro di diritto, il direttore pro tempore dei Musei Civici, allora la dr.ssa Elisa Avagnina, si sia astenuto) non meraviglia e non modifica per nulla la gravità del fatto. Come Zonin era il dominus nella Banca così lo era nel Cda della Fondazione, visto che tutti i membri erano suoi "dipendenti" e il membro di diritto, esperto di musei, non era tenuto a intendersi di finanza.


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