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Quei 630 soci vip «salvati» dalla BPVi prima del baratro, Il Sole 24 Ore: loro non sono sfiorati dal dilemma della transazione al 15%. Su tutti spicca Giuseppe Zigliotto

Di Rassegna Stampa Domenica 19 Marzo 2017 alle 10:58 | 0 commenti

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Di Fabio Pavesi, da Il Sole 24 Ore

Quel dilemma angusto se aderire o meno all'offerta di ristoro proposta dalla Banca Popolare di Vicenza ai suoi azionisti e che farebbe chiudere la loro avventura di soci con una perdita secca dell'85% del capitale investito, non li sfiora minimamente. E da tempo. Loro sono i 630 fortunati che sono riusciti a prendere l'ultimo treno utile. Quello che è passato prima che la banca chiudesse il mercato della compravendita dei suoi titoli. Quei 630 salvati dal baratro hanno rivenduto le azioni tra settembre del 2014 e febbraio del 2015 al prezzo di 62,5 euro. Usciti indenni quindi. Anzi anche guadagnandoci per chi le aveva in portafoglio a prezzi più bassi. Un colpo di fortuna, preveggenza o un corridoio privilegiato che ha permesso a qualcuno di superare la fila dei richiedenti che volevano scappare dalla Vicenza? Non è dato sapersi.

Sta di fatto che in quei mesi a cavallo della prima maxi-perdita fatta segnare a fine del 2014 e quando ancora non era stata fatta la prima svalutazione del titolo a 48 euro, molti si affollavano allo sportello.

Pochi furono accontentati. Solo quei 630 che hanno rivenduto alla banca complessivamente un milione di titoli pari all'1% del capitale per un controvalore di 62,5 milioni di euro. Nell'elenco spuntano nomi eccellenti. Il primo beneficiario uscito indenne dal crollo della Popolare vicentina è una società pubblica. È l'Autobrennero, la A22, l'autostrada che ha tra i primi soci la Regione e le province di Trento e Bolzano. I vertici dell' A22 riuscirono a vendere il 19 dicembre 2014, ben prima che fosse nota la perdita da 760 milioni per le prime pulizie di bilancio, le loro 120mila azioni con un incasso di 7,5 milioni.
Anche la Itafem, società della famiglia Mevorach di Venezia riesce a rivendere alla banca un pacchetto di 115mila azioni per 7,2 milioni di euro. Ma ecco, come riporta la stampa locale, tra i fortunati liquidatori per importi significativi comparire la Zappa di Padova (2 milioni di euro) azienda dei Roncato, industriali della valigeria; Noemi Delli Cani (1,57 milioni) famiglia nota a Vicenza; Lino Diquigiovanni (1,5 milioni) già patron del Real Vicenza (che poi si lamneterà per pssibili baciate..., ndr). L'elenco parla anche della Finpiave la holding di Giuseppe Stefanel (vendite per 1,1 milione di euro) la Lumar di Luca Marzotto, la Nevada della famiglia vicentina Spezzapria che è riusciuta in due tranche a portare a casa l'equivalente di 1,5 milioni di euro dalla vendita delle azioni. Tra gli eccellenti spicca senza dubbio per il suo ruolo nella banca e non solo, l'ex consigliere d'amministrazione della Popolare di Vicenza ed ex presidente degli industriali di Vicenza, Giuseppe Zigliotto. Zigliotto vende tramite la Zeta srl, l'azienda posseduta al 50% con il fratello, 88mila azioni della banca il 10 febbraio del 2015. L'incasso è di 5,5 milioni. È l'ultima finestra utile quella di febbraio 2015.
Solo due mesi dopo il Cda della banca, di cui Zigliotto fa parte, delibera il taglio del valore dell'azione a 48 euro dai 62,5 euro precedenti. È la prima avvisaglia della tempesta che si abbatterà sull'istituto. Il consigliere Zigliotto risulterà poi indagato dalla Procura nell'indagine che coinvolge Gianni Zonin e Samuele Sorato. Si dimetterà dalla banca solo a dicembre del 2015 dieci mesi dopo essersi liberato dalle azioni prima del tracollo. Il caso di Zigliotto è il più eclatante dato il suo ruolo dentro la banca. Ma anche il fatto che lo stesso Zigliotto è l'emblema della pratica dei finanziamenti baciati tanto in voga nell'istituto di Zonin. La sua Zeta Srl aveva in pancia azioni della banca per 5,5 milioni a fronte anche dei finanziamenti ricevuti. Dai documenti della banca risulta che Zigliotto tramite le sue società (Zeta, Trafimet, Salin) e in conto personale e con il fratello Giammarco è destinatario di prestiti dal 2013 in poi per oltre 33 milioni di euro. Prestiti a un membro del Cda che in cambio comprava azioni. Azioni di cui si è liberato senza perdite appena annusato il peggio (magari mantenendoa ttivi i prestiti ricevuti..., ndr).


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