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I vecchi soci BPVi si tatuino "meno 62,40 €" per ogni sillaba detta da Zonin & c., poi stampata e ripetuta da lacchè e funzionari sul valore dei titoli: il loro corpo non basterà

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Venerdi 24 Giugno 2016 alle 20:02 | 0 commenti

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Se nell'inchiesta su Banca Nuova, al 100% di Banca Popolare di Vicenza, è stato coinvolto anche "l'ex procuratore di Palermo, Francesco Messineo, chiamato durante le indagini da Maiolini per avere informazioni sull'indagine in corso" (nel frattempo l'ex dg Maiolini è stato condannato a 8 mesi mentre tre anni e tre mesi sono stati chiesti per Marino Breganze presidente dell'istituto siculo con l'ignaro Luciano Vescovi suo fedele vice ora "eletto" presidente di Confindustria Vicenza) di ben altro tenore appare il comportamento finora tenuto dal Procuratore Capo di Vicenza, Antonino Cappelleri, che col suo pool di Pm sta conducendo l'attività investigativa su quello che definisce «un disegno spasmodico» della BPVi «per piazzare illecitamente più azioni possibili così da poter resistere agli stress-test previsti dalla Banca centrale europea».

Un dubbio lo (ri)esprimiamo oggi noi ai colleghi del quotidiano locale di Confindustria Vicenza che più di tutti si è speso per "illustrare" le tesi di Zonin, Sorato, Zigliotto & c. e che oggi pare travolto dall'evidenza e dal senso di rifiuto crescente verso le sue pagine che solo ora vanno a caccia dei buoi scappati dalla stalla aperta dopo essere stato finora quasi sempre silente se non accomodante.

Oggi ai suoi esperti di finanza che, crollati gli idoli dalle cui labbra pendevano e alle cui labbra facevano da complici amplificatori a danno dei loro lettori, appare finalmente evidente, ad esempio, che Atlante ha pagato un miliardo e mezzo, scrive Marino Smiderle, per "prendere (a caro prezzo, se si confrontano i parametri delle altre banche quotate) BpVi".

Eppure le premesse del flop noi le avevamo intuite fin dal 13 agosto 2010, giorno da cui parte la nostra ricostruzione giornalistica proposta nel libro "Vicenza. La città sbancata" (esaurita la prima edizione, è in arrivo la ristampa, ndr).

Ma i nostri "colleghi confindustriali" questa valutazione la mettono nero su bianco solo ora perché temono che il dr. Cappelleri si riferisca anche a loro quando, dopo aver esplicitato il dubbio, lo leggiamo finalmente proprio sul GdV, che "BpVi avrebbe diffuso false notizie in modo da gonfiare il valore delle azioni e facendole quindi acquistare ai propri clienti-azionisti", afferma che «in questo modo è stata ingenerata fiducia in maniera illecita portando le persone a comperare i titoli azionari della banca»?.
Ora un'azione della banca vale 10 centesimi, se pagata "a caro prezzo", ma ancora fino a poco tempo fa i tastieranti di professione ospitavano allegramente barcate di interviste in cui i vari Zonin, Zigliotto e Sorato spiegavano senza contraddittorio alcuno perché fosse conveniente comprare titoli a 62,50 euro ognuno e come fosse un bieco cospiratore chi mettesse in dubbio il loro "verbo"!
A volte i lettori possono dimenticare le bugie generiche che leggono perché qualcuno le dice e qualcun altro le scrive.

Ma ogni socio, truffato per 62,50 euro ad azione meno i 10 centesimi di valore "caro" oggi della BPVi, dovrebbe tatuarsi a sangue, sulla pelle, se già non l'ha fatto, quel "meno 62,40 euro" per ogni sillaba pronunciata da vertici cinici della Banda Popolare di Vicenza e poi stampata da bugiardi complici di un furto colossale messo in atto a danno di lettori ingenui da direttori e funzionari di banca di cui si fidavano ma che li hanno usati come polli da spennare, va detto!, per raggiungere i loro obiettivi economici e di carriera.

Ma il problema è che a molti soci dilaniati il proprio corpo non basterà per scriverci "meno 62,40" euro 100, 1.000, 10.000, 100.000 volte... e a qualcuno potrebbe  venire in mente di rincorrere i complici, tastieranti o vu cumprà finanziari che siano, per condividere con loro il dolore dei tatuaggi multipli.

Potrebbe, ma non verrà in mente perchè a Vicenza si è abituati a chinare il capo.

E non solo quello.


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