Stesso tema su Stefano Dolcetta, svolgimenti diversi. Il GdV: «Accanimento su BpVi, eppure fa ancora gola». Il Gazzettino: «Rilanciare PopVicenza? Servono almeno 4 anni»
Sabato 23 Luglio 2016 alle 16:37 | 0 commenti
«BPVi, Cda controllate, Fondazione Roi, Vicenza Calcio: silenzi (in)interrotti dei tre "uffici di comunicazione" che non comunicano in era Gianni Mion. In stile Gianni Zonin?»: così titolavamo il 15 luglio e così, in assenza ancora di risposte, avremmo titolato ancora oggi, un po' meno per Image Bulding, che da Milano cura le comunicazioni della BPVi e che almeno, dopo che anbbiamo sollecitato direttamente Gianni Mion e Francesco Iorio, ci ha detto aleno qualcosa tipo "sorry, we are waiting", un po' di più sull'Ufficio per le Relazioni con la Stampa interno, che brilla da sempre per essere molto, fin troppo interno, ma molto di più sul suo portavoce interno, il consulente... esterno Giampiero Beltotto, la terza entità a libro paga dell'Istituto in crisi. Ma oggi rinviamo il titolo perchè...
Lo rinviamo, sperando di non doverlo fare per le risposte che ci arriveranno, perchè Beltotto, ex Indipendente, ex "Zaia press man" al Ministero dell'Agricoltura e poi in Regione Veneto, dopo essere stato in quella lombarda, ex autore in Rai 3 e Rai 1, ex prescelto da Zonin (alla Fenice e in banca) e attualmente anche Vice presidente del Teatro stabile Veneto (in fondo alcuni dei giornalisti sono abilissimi e ben retribuiti teatranti...) ha dimostrato di fare qualcosa oltre che far assistere ospiti poco conosciuti (e poco tolleranti, come chi vi scrive) alle sue telefonate grondanti esibizione del potere ai direttori locali per "imporre" la sua linea.
Oggi infatti sul GdV e su Il Gazzettino spiccano (probabilmente grazie ai suoi buoni rapporti, li chiamiamo così?) due paginoni sullo stesso tema: un'intervista all'ex presidente della BPVi, quello Stefano Dolcetta che ha traghettato in otto mesi la fu Popolare di Gianni Zonin , alias 118.000 soci azzerati, nelle mani di Gianni Mion, alias Fondo Atlante.
Che le risposte di Stefano Dolcetta in base al copione delle domande, che in certi casi, come, pare, questo, vengono a volte troppo "comodamente" concordate, siano diversamente interpretabili ci sta (che libertà di stampa, sigh!, ci sarebbe, sennò?) ma è ancora una volta molto significativo e fa riflettere che la sintesi del "titolatore" dello svolgimento del tema da parte della collega Roberta Bassan del giornale confindustriale (Il Giornale di Vescovi, nella nostra sintesi giornalistica) sia «Accanimento su BpVi, eppure fa ancora gola», mentre il titolo dell'articolo di Maurizio Crema, sempre con riferimento al Dolcetta pensiero, sia «Rilanciare PopVicenza? Servono almeno 4 anni».
L'intervista a Stefano Dolcetta, che se avesse detto a noi, come leggiamo sul GdV, di non aver avuto mai rapporti con Gianni Zonin, avrebbe rischiato un bel po', sembrerebbe fatta a Vicenza, da dove la firma l'inviato Crema, mentre parrebbe essere stata raccolta in montagna dall'esordio bucolico della Bassan.
Ma siccome noi non eravamo presenti all'intervista e siccome noi siamo molto "prevenuti" (nel senso che i nostri articoli sulla BPVi sono "venuti" prima dell'esplosione finale della sua crisi come dimostra il nostro libro documento "Vicenza. La città sbancata"), non valutiamo noi le diverse "letture" (che non si limitano ai titoli, anzi...) ma le lasciamo al vostro, attento, giudizio.
Eccole.
«Accanimento su BpVi, eppure fa ancora gola»
Di Roberta Bassan, da Il Giornale di Vicenza
Scarponi di giorno feriale. Da Giazza al rifugio Scalorbi, mille metri di dislivello, vista sul Carega: «Mi sono preso un giorno dopo tanti mesi, volevo stare da solo, 4 ore per salire e 2 per scendere. Ero distrutto. In discesa ho trovato un ex dipendente BpVi. Mi ha chiesto se ero un sosia di Dolcetta. No, gli ho risposto, sono io. E così mi sono ritrovato a parlare della banca».Stefano Dolcetta, in 8 mesi ha traghettato BpVi da Zonin a Mion. È stata una salita?Un'esperienza molto dura sul piano personale. Sono stato cooptato il 23 novembre 2015, non certo in un contesto che avevo creato io e con obiettivi di lungo periodo, ma con il mandato della Bce di trasformare la banca in Spa e di far approvare le delibere per l'aumento di capitale e la quotazione. La banca di oggi non ha nulla a che vedere con quella di 8 mesi fa.C'è un territorio ancora scosso per la perdita di valore delle azioni di BpVi crollate a 0,10 euro quando solo a maggio 2015 Bce, nel rapporto patrimonio/azioni, le "certificava" a 25 euro. Come è stato possibile?Da maggio 2015 è crollato il mondo bancario in Italia. Basta l'esempio di Unicredit che ha perso il 75% solo da inizio anno; tutte le altre banche sono su quei livelli, ma sembra che il crollo abbia riguardato solo le banche venete. E poi nel bilancio BpVi sono emersi aspetti nuovi che hanno aggravato la situazione.Significa che si è fatto l'idea di una spinta a "livellare" in basso le banche italiane?Da un lato l'entità degli npl non era stata valutata a pieno. Non mi risulta però che le banche tedesche siano migliori. Sembra quasi che si voglia parlare dell'Italia per nascondere certi problemi in giro per l'Europa: che poi questo sia il frutto di cosa contiamo noi e cosa conti la Germania, questo è un altro tema su cui non mi esprimo. È strano però, solo per fare un esempio, che Deutsche Bank abbia miliardi di titoli tossici ma sembra che non costituiscano un problema. Ha trovato in BpVi la situazione che immaginava?Quando sono arrivato lo scenario era ben diverso, si pensava fattibile l'aumento di capitale tanto che c'era la garanzia di Unicredit. Poi la situazione è degenerata.Quali sono le colpe della BpVi?L'aumento di capitale purtroppo è caduto in un contesto internazionale difficile, ma non è il solo motivo. BpVi è stata oggetto di un attacco feroce che è sfociato spesso nell'accanimento, e la reputazione della banca è caduta a livelli bassissimi.Quindi ritiene che questo "accanimento" sia andato oltre le responsabilità della banca e di chi l'ha gestita? E perché sarebbe avvenuto?Non so se sia stato fatto ad arte o sia emerso casualmente, ma era partito ancora mesi prima con gli attacchi personali a Zonin e poi è proseguito. Ci sono state altre banche in difficoltà , ma non hanno subìto gli stessi attacchi. Non so spiegarmi i motivi. Forse sono dovuti alla reazione allo strapotere avuto per anni da Zonin e Consoli, oppure è un dazio fatto pagare a questo Veneto mai amato da nessuno fuori di qui. Fatto sta che nell'ultima assemblea ho ritenuto sinceramente di ringraziare i clienti della banca che, pur riducendo le giacenze, hanno mantenuto i conti che sono invariati a 1,3 milioni.Come mai non c'è stato alcun fondo che si è avvicinato alla banca?In realtà ora posso rivelare che ho avuto contatti con fondi stranieri interessati. Però un conto è mostrare interesse e un conto è firmare. Credo poi che ci sia stato anche un timore sulle prospettive, prima sulla base del valore di recesso a 6,3 euro e poi di una possibile ipotesi ad 1 euro. I fondi avevano capito che già 10 centesimi erano un prezzo elevato.Quanti contatti ha avuto, e con chi?Diciamo alcuni, non diciamo chi. E sono ancora interessati, c'è tutta la partita degli npl aperta, per esempio.Che clima ha trovato in Cda quando è arrivato?Banca d'Italia e Bce avevano fatto dei rilievi nei confronti della formazione e preparazione dei consiglieri e io, come presidente, avevo un mandato dedicato alla governance oltre agli obiettivi legati alla Spa, all'aumento di capitale e allo sbarco in Borsa. Quindi ho inserito consiglieri in linea con i profili richiesti di indipendenza. Dopo l'assemblea del 26 marzo, quando è stato approvato l'ingresso in Borsa, la stessa Borsa ha chiesto il cambio di altri 3 membri con l'obiettivo di arrivare 9 a 9. Cioè 9 nuove nomine e 9 preesistenti.Con l'assemblea del 26 marzo però si arriva all'azione di responsabilità e alla sua proposta, poi accolta, che fosse posticipata. L'hanno fischiata.La proposta era di passare la palla al prossimo Cda perché in quel momento c'era ancora in carica il vecchio ed era il periodo in cui si pensava ancora che la banca potesse quotarsi: un'azione di responsabilità contro la maggioranza del Consiglio sarebbe stata quantomeno inopportuna per il mercato. Però credo di aver gestito l'assemblea con la massima correttezza. C'è stato tutto il tempo per illustrare le proposte di azione di responsabilità .E perché il Cda non ha poi dato corso all'azione?Dopo l'assemblea ho proposto il tema secondo le procedure che vengono seguite in questi casi: si affida ad un avvocato terzo, indipendente ma di assoluto standing - ho fatto 3 nominativi - il compito di valutare i profili di responsabilità di ognuna delle persone potenzialmente coinvolte. Ma a quel punto è stata Atlante a dare lo stop spiegando che quel Cda avrebbe dovuto occuparsi solo dell'ordinaria amministrazione perché era in arrivo il nuovo Consiglio, espressione appunto del fondo nuovo proprietario. E così è stato tutto rinviato fino a qualche giorno fa, quando il nuovo Cda ha utilizzato la stessa procedura e lo stesso identico testo predisposto allora.Che idea si è fatto della possibilità che l'azione di responsabilità porti a qualche risultato?L'azione di responsabilità è comprensibilmente molto sentita, ma bisogna farsi guidare dalla razionalità . Come dice il nuovo presidente Gianni Mion, non si può voler appendere tutti all'albero più alto della nave. Va capito chi, se e in che modo, sia coinvolto in errori, colpe o atti dolosi. E vorrei ricordare che l'azione di responsabilità non serve per individuare colpevoli: questo è il compito della Procura. Peraltro, forse non tutti sanno che è un'azione a tutela della banca, non dei soci.E che cosa significa?Significa che se qualcuno dovrà risarcire, il risarcimento andrà alla banca e non ai singoli azionisti.Come giudica il lavoro svolto finora dalla Procura?Non ho mai avuto contatti con il Procuratore, credo sia un lavoro molto complesso.Ha avuto rapporti con Zonin in questo periodo?Non ne avevo prima e non ne ho avuti dopo, a parte il passaggio delle consegne. Credo che la banca dovesse avere una cesura netta con il passato.Come valuta l'operato dell'Ad Iorio?Competente, totalmente assorbito nel portare avanti i processi di cambiamento.La sua gestione, gli è imputato, è fredda nei confronti dei vecchi soci.Io sono stato in banca tante e tante ore con lui, Iorio è persona che sa creare empatia ma questi mesi gli hanno tolto il fiato. Per Mion il recupero del rapporto con il territorio è prioritario, compresi i tavoli di conciliazione.Mion e Iorio hanno fatto appello alle imprese: credito senza limiti se meritato, ma portate qui i soldi. Questo però è un territorio che per avere mutui ha comprato azioni.Questo è vero per 1,2 miliardi di euro. Ma vanno tenuti presenti i 6,5 miliardi che invece il territorio deve alla banca, mai rientrati. Questa è sempre stata una banca in cui i prestiti erano superiori ai depositi.Lei si fida ora di BpVi?Mi fido più che di altre banche che non conosco. Qui c'è un socio che ha messo 1,5 miliardi e ha tutto l'interesse a farla funzionare.Si è fatto un'idea delle responsabilità del dissesto della banca salvata da Atlante?Oggi la Bce stabilisce che il presidente ha responsabilità sulla gestione del Consiglio, l'Ad sull'operatività , poi ci sono comitati di controllo le cui verifiche devono arrivare in Cda che le esamina e decide.Prima invece che cosa accadeva?Forse c'era un po' di commistione, non c'erano regole chiare. Credo poi che sarebbe stato opportuno che in una società cooperativa le cariche importanti dovessero cambiare più spesso.Gianni Zonin è rimasto in carica 20 anni.Era consuetudine in tutte le banche. Quando Zonin è arrivato 20 anni fa questa era una piccola banca, bisogna dare merito alla persona che l'ha fatta crescere, ma poi non è stato in grado di adeguare le strutture di governance alle nuove esigenze di una banca con quelle dimensioni, che peraltro neppure la Vigilanza ha avuto forza di imporre.Cosa pensa della situazione della Fondazione Roi?Dico la verità : prima di questa esperienza non la conoscevo, e come me il 99% dei vicentini. Ora vedo che è diventata un argomento fondamentale. Il mio è un giudizio aziendalista: se un Cda chiude un esercizio contabile con 24 milioni di perdite, per me deve andare a casa. Non si può avere il 30% del proprio patrimonio investito su un unico titolo, e questo indipendentemente dal fatto che fossero azioni di Bpvi. Ad onore del vero Zonin aveva già presentato le dimissioni due mesi fa, ma gli è stato chiesto che il Cda prima approvasse il bilancio. Credo poi che l'indirizzo strategico di una Fondazione legata alla cultura debba essere in capo a persona con preparazione specifica e non per forza al presidente di una banca.Si sarebbe aspettato la riconferma da parte di Atlante?Un conto è l'aspettativa personale, ma la realtà è che sono un azionista che peraltro ha perso 4 milioni, cliente da sempre con le mie aziende e a titolo personale. Loro volevano un Cda indipendente e quindi non mi hanno chiamato. Però la Bce, con una lettera firmata dal senior management, dopo appena 3 ore che avevo mandato la mia relazione finale, mi ha risposto esprimendo apprezzamento per il mio lavoro.Che tipo di evoluzione vede per la banca?Se BpVi riuscisse a creare un'aggregazione nell'area del Nordest, allargata ad Emilia e parte della Lombardia, diventerebbe una banca molto appetita. Lo stesso nel Meridione: creare una banca di dimensioni tali da poter essere interessante. Con i business maturi la quota di mercato diventa elemento essenziale, è necessario creare sinergie, tagliare costi anche se purtroppo con il rischio di impatto su occupazione e fidi. Ma in Italia ci sono troppe banche.Che cosa è riuscito a fare, e che cosa invece non è riuscito a ottenere in questi mesi?È stata un'esperienza pesante sul piano personale. Girando l'Italia ho incontrato persone con situazioni drammatiche, altri molto arrabbiati, altri ancora che volevano cavalcare il malessere. Oggi la banca non ha nulla a che fare con quella di 8 mesi fa. Forse la mia presenza non ha accontentato tutti. Ma ciò che conta è il risultato: una banca ancora viva e che può crescere.
«Rilanciare PopVicenza? Servono almeno 4anni»
«Questa è una banca cresciuta troppo senza essere attrezzata perfarlo. E nessuno glielo ha imposto. Fino all'entrata in vigore delle regole Bce»
di Maurizio Crema, Inviato, da Il Gazzettino a Vicenza
«Capisco le proteste, la gente è molto arrabbiata e ci sono casi personali che mi hanno colpito moltissimo e che bisogna fare di tutto per risolvere. Ma la questione Popolare Vicenza è molto più complessa di come la si pensa: difficile andare a dimostrare le responsabilità dei singoli. Se ne parliamo al bar è una cosa, ma in un'aula di tribunale è tutta un'altra: per varare l'azione di responsabilità verso i responsabili di questa crisi ci vorrà tempo e non è di certo una cosa immediata». Stefano Dolcetta, 67 anni, da un paio di settimane non è più presidente della Popolare di Vicenza, carica che ha ricoperto dal 23 novembre 2015 al 7 luglio 2016, poco più di sette mesi che per la banca e per 120mila vecchi azionisti polverizzati a 10 centesimi sono sembrati un'era.
Dottor Dolcetta, pentito di aver accettato la nomina di presidente di Popolare Vicenza al posto di Gianni Zonin?
«No, è stata un'esperienza fondamentale dal punto di vista umano e professionale. Difficile, faticosa, pesante, ma sicuramente unica».
Rifarebbe tutto? Nessuna recriminazione?
« È stato certamente un periodo intenso, se uno non le vive dall'interno certe situazioni non può capire la complessità del compito. In assemblea e negli incontri con i soci nel territorio poi mi sono reso conto appieno del grande disagio dei soci».
Nessuna critica al passato cda?
«Di sicuro se il cda passato avesse avviato l'azione di responsabilità ne sarebbe uscito meglio. Poi è arrivato Atlante e ha preso in mano la cosa come è giusto».
Si è mai sentito solo in quel cda che era dominato da persone nominate da Zonin?
«All'inizio sì, poi via via sono riuscito a inserirmi, sono arrivati altri consiglieri, alla fine eravamo 9 nuovi e 9 della vecchia gestione».
Finalmente eravate in parità ?
Finalmente eravamo in parità . Ma devo dire che tutto il cda si è mosso in maniera unita e compatta per raggiungere gli obiettivi dell'aumento di capitale da 1,5 miliardi, la quotazione in Borsa e la trasformazione in Spa».
Già , la Borsa: pensavate veramente di quotarvi?
«Devo dire che in novembre e dicembre c'era una grande convinzione di farcela, il progetto era credibile. Poi è arrivata la crisi dei mercati e le cose si sono complicate.».
È vero che c'erano delle offerte di fondi americani?
«L'amministratore delegato aveva avuto contatti in Usa, di più non so».
La garanzia di Unicredit era blindata?
«Iorio assicura di sì. Infatti poi è dovuto intervenire Atlante per sollevare Unicredit».
Con Atlante ogni altro pretendente si è volatilizzato, un po' come è accaduto per Veneto Banca. Non le sembra che tutto fosse già definito? In Veneto si parla molto di manovra preconfezionata per salvare Mps.
«È una sensazione che può venire. Come diceva Andreotti, pensar male è peccato ma molte volte c'azzecchi. Ma bisogna anche dire che se vuoi stare sul mercato oggi devi essere molto efficiente, ed efficiente su tutto. E forse Popolare Vicenza non era così efficiente, troppi costi, non brillava come redditività , troppi sportelli. Il mercato oggi è spietato. Ma è anche nell'ordine delle cose che chi investe così tanto come Atlante voglia avere tute le leve di comando, anche perché la sfida che ha davanti è complessa: ci vorrà tempo per far ritornare Popolare Vicenza a livelli accettabili, non meno di 4 anni».
Per i vecchi soci danneggiati che si può fare subito?
«Spero che si aprano presto i tavoli di concertazione e che si possa utilizzare un fondo, gestito da soggetti esterni, che possa essere utilizzato per gli indigenti, per risolvere i problemi sociali creati da questa crisi. E poi c'è da risolvere il problema degli scavalcati: di chi voleva vendere le sue azioni ma è stato superato da qualcun altro arrivato dopo».
Sorpreso dai furbetti dello scavalco? E che dice dei finanziamenti baciati, cioè i prestiti della banca per far comprare sue azioni, arrivati a quota 1,2 miliardi e passa?
«Non avrei mai pensato che si arrivasse a questi livelli. Ma poi si è visto che i finanziamenti baciati non erano un'esclusiva di Popolare Vicenza, mi sembra una pratica più diffusa di quel che si pensasse».
Ritornando a bomba: perché il vecchio cda non ha avviato l'azione di responsabilità contro i responsabili di questo disastro da 1,4 miliardi di perdite solo nel 2015 con sei miliardi di risparmi bruciati in poco più di un anno con le azioni passate da 62,5 euro a 10 centesimi?
«Io nell'assemblea del 26 marzo avevo chiesto ai soci di evitare l'azione di responsabilità in quel preciso momento: c'era l'aumento di capitale, dovevamo andare in Borsa. Quell'astensione del 26 marzo in assemblea è stata comunque strumentalizzata: non c'era stato nessun boicottaggio, ho lasciato parlare tutti. Ho anche proposto di votare la delibera, tenendo ben presente che la responsabilità deve essere singola,individuale e accertata. Ma mi ero anche impegnato con i soci ad avviare l'iter dell'azione successivamente all'Assemblea. Infatti ho portato in cda la proposta di nominare un legale indipendente, da scegliere tra tre nominativi, che valutasse gli eventuali profili di responsabilità . Nelle more delle discussioni in Consiglio di questi argomenti è intervenuto il Fondo Atlante, che ha preso il 99% e passa della banca e il presidente Alessandro Penati, come è giusto che sia, mi ha chiesto di occuparmi solo dell'ordinaria amministrazione. In ogni caso ha ragione il mio successore Gianni Mion: non si può appendere la gente al pennone più alto della nave. Io sono garantista: bisogna dare a ognuno la possibilità di difendersi».
Il consigliere delegato Iorio ha accusato: Popolare Vicenza ha dato tanti prestiti alle imprese del territorio ma in cambio ha avuto pochi depositi Perché?
«A essere cinici, se allora la banca fosse stata meno larga oggi starebbe meglio, ma avrebbe messo in crisi un'economia. L'arrivo del bail-in poi ha spaventato molto i risparmiatori, che hanno prelevato molti soldi dai depositi, ma oggi mi sembra che questa crisi sia rientrata».
Lei ha parlato di troppi costi, scarsa redditività . Da imprenditore: dove Gianni Zonin e gli altri dei cda passati hanno sbagliato strategia?
«Questa era una banca del territorio da 100-200 sportelli, poi ha iniziato a crescere moltissimo diventando il decimo istituto italiano; forse non si è attrezzata per gestire le nuove sfide dovute alla sua dimensione. Nè nessuno gliel'ha imposto ».
Banca d'Italia non ha fatto il suo dovere?
«Quando sono diventato Presidente la Banca era già controllata dalla BCE. Con BCE sono cambiate per tutto il sistema alcune regole circa le modalità dell'azione di vigilanza, in particolare requisiti più stringenti per gli Amministratori e una richiesta di maggiore capitalizzazione del sistema bancario italiano».
Fondazione Roi: le è stata offerta la presidenza?
«Non mi interessa fare il presidente, quello è un ruolo per una persona che si occupa di cultura. Se posso darò una mano, come darò una mano alla banca: ho consegnato la relazione sul mio mandato alla Bce, che mi ha fatto i complimenti, e al mio successore Mion. Certo, se in una mia azienda un cda avesse presentato un bilancio con 24 milioni di perdite quel consiglio sarebbe già a casa. Non si può investire il 25% del tuo patrimonio in un unico prodotto, come hanno fatto con le azioni di Popolare Vicenza».
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