Unicredit, I nuovi soci preparano lo sbarco
Lunedi 6 Febbraio 2017 alle 10:21 | 0 commenti
Apre questa mattina l'aumento di capitale di Unicredit. Con l'obiettivo di raccogliere 13 miliardi di euro, è la più grande operazione di finanza straordinaria mai realizzata in Italia. Un'operazione che, quando si concluderà - il 23 febbraio per la parte ordinaria, il 10 marzo per l'esercizio dei diritti sull'inoptato -, darà un volto nuovo alla banca di piazza Gae Aulenti sul fronte della solidità patrimoniale e probabilmente anche un nuovo assetto proprietario.
A meno di due mesi dalla sua presentazione (Londra, 12 dicembre 2016), il decollo dell'operazione in anticipo sui tempi - si era inizialmente ipotizzato una finestra nel secondo trimestre dell'anno - testimonia la chiara volontà del ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier, di fare presto per rimettere in forma il più grande istituto di credito italiano, schiacciato da pesanti eredità che hanno prodotto circa 59 miliardi di non performing loan ancora in portafoglio. È, secondo quanto sussurrato da chi ha visto i dossier, per gran parte il lascito della fusione realizzatasi una decina d'anni fa da Alessandro Profumo con il gruppo Capitalia, allora guidato da Cesare Geronzi. Il gran colpo romano di allora, con Unicredit che si trovava al bivio tra la scelta domestica e una prospettiva parigina con Société Générale, ha piombato i bilanci della banca, comprimendone le performance, assorbendo capitale e deprimendo il titolo in Borsa. Unicredit venerdì scorso capitalizzava poco più di 16 miliardi di euro (con un incremento superiore al 24 per cento negli ultimi tre mesi) e questo fornisce la rappresentazione proporzionale dell'entità dell'operazione in corso che, tra le altre cose, interverrà come momento di netta discontinuità con il passato.
Prospettive. La massiccia richiesta di capitali aprirà con ogni probabilità a nuovi scenari, che si possono immaginare, da un lato, con l'entrata di nuovi soci, dall'altro con un ridimensionamento del peso di quelli esistenti. A venticinque anni dalla legge Amato-Ciampi che creò le fondazioni bancarie separando le attività delle Casse di risparmio, il dettato della legge, che prevedeva una progressiva uscita delle Fondazioni dal capitale della banche conferitarie, viene quotidianamente ignorato. Sono della settimana scorsa le delibere degli organi di gestione di Crt Torino e Cariverona con le quali le fondazioni si impegnano a seguire, in modi diversi, l'aumento di capitale che si apre oggi. Cariverona, che oggi controlla il 2,2 per cento di Unicredit, si impegnerà per il 73 per cento dei propri diritti, investendo nella banca 211,6 milioni di euro. Un'operazione che porterà la fondazione veneta a scendere al termine dell'aumento dal 2,2 all'1,8 per cento nel capitale della banca. È vero che solo nel 2015 Fondazione Cariverona aveva il 3,5 per cento e che l'operazione presenta interessanti prospettive finanziarie, ma il dettato della legge ordinava altri comportamenti. Lo stesso vale per Crt, che seguirà pro quota l'aumento, mettendo sul piatto 300 milioni di euro per confermare il proprio 2,3 per cento di capitale. Nonostante questi annunci, l'insieme delle fondazioni bancarie, oggi al 9 per cento del capitale, dovrebbe scendere post aumento ad un valore prossimo al 5 per cento, di fatto dimezzandosi. Questo porterà a un progressivo ma rapido abbandono delle logiche che hanno guidato il gruppo Unicredit negli anni, con riflessi possibili anche sulla composizione del consiglio di amministrazione che è già votato a un dimagrimento e che potrebbe sacrificare, al rinnovo, un paio di vicepresidenti. L'altro aspetto centrale dell'operazione Unicredit è l'attesa di soci nuovi. La banca immaginata da Mustier è un colosso integrato in Europa che fra due anni, nel 2019, produrrà oltre la metà dei propri ricavi al di fuori dei confini italiani e realizzerà un utile netto di 4,7 miliardi di euro. Con simili prospettive, che Mustier ha messo nero su bianco nel piano strategico Transform 2019, la banca potrebbe far gola a molti player internazionali. L'andamento del titolo dal 12 luglio 2016, giorno dell'investitura di Mustier, testimonia un elevato grado di sintonia tra piazza Gae Aulenti e il mercato. E ora si attendono le mosse, probabilmente allo studio in Francia e in Germania.
Direttrici dall'estero. Secondo alcuni osservatori, il consorzio di trenta banche internazionali che si sono impegnate a garantire l'intero importo dell'aumento agirà soprattutto nei confronti di investitori istituzionali di lungo periodo. Saranno loro a sostenere l'operazione, probabilmente con quote non rilevantissime. Questo dovrebbe condurre Unicredit verso una nuova compagine sociale, che potrebbe assomigliare molto a una public company . Già oggi il primo azionista della banca (Capital Research and management Company) ha «solo» il 6,725 per cento e il secondo (Aabar) il 5,042, mentre i fondi d BlackRock, al terzo posto, raggiungono il 4,825 per cento. Domani questa situazione frammentata potrebbe ulteriormente frantumarsi, ed è probabilmente a questo che punta Mustier, che gioca sul futuro di Unicredit la più importante partita del suo futuro professionale. Un futuro fatto di attenzione al mercato e di proiezione in avanti, sideralmente lontano da quelle fondazioni che in passato hanno mal governato la banca (e loro stesse) e che oggi continuano a perpetuare il ricordo di un passato lontano, confermando al vertice della Fondazione Cassa Marca, socia di Unicredit, un simpatico signore di 87 anni.
Articolo di Stefano Righi, da Corriere Economia
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