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Veneto Banca di Consoli e BPVi di Zonin, Antonio Guadagnini: il diavolo e l'acqua santa, ma forse il contrario

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 28 Giugno 2017 alle 18:48 | 0 commenti

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"Ecco il fatto: alla fine del 2014 (per la precisione il 26 ottobre 2014, ndr) Veneto Banca passa l'AQR della Bce (che ne attesta la bontà dei crediti), il 24 giugno del 2017 sempre la Bce afferma che Veneto Banca è fallita". Cosa è successo nel frattempo, si chiede, dopo questa premessa fattuale, Antonio Guadagnini, consigliere di maggioranza della Regione Veneto con "Siamo Veneto" ma con uno spirito critico che non lo omologa con le decisioni a tavolino della Giunta Zaia. Lo dimostrano le sue prese di posizione contro le ultime vicende della Superstrada Pedemontana Veneta e il suo canto fuori dal coro dei poteri, locali e nazionali, sul disastro delle due ex Popolari Venete, ora entrambe finite in liquidazione coatta amministrativa

Per il consigliere regionale è palese, e anche le nostre ricostruzioni non lo vedono solitario nelle sue tesi, come il ruolo di diavolo assegnato all'Istituto montebellunese e ai suoi precedenti manager da Ignazio Visco e Carmelo Barbagallo, oltre che da azioni degli inquirenti correlate anche recentissime e sia pure ancora da dimostrare, cozzi contro la credibiltà sempre maggiore dei fatti, e del fattacci, anch'essi da provare pur se con i ritardi aggiuntivi della magistratura vicentina rispetto a quella ben più celere di Roma, ma avvenuti all'ombra dell'acqua santa identificata nella Banca Popolare di Vicenza della corte del suo ex presidente Gianni Zonin e dei suoi potenti amici che vivono, e vegetano, a Palazzo Koch, la storica sede di Banca d'Italia.

Nella nota che pubblichiamo Guadagnini suffraga la sua ricostruzione con una logica evidente anche se, lo diciamo non per mancata condivisione ma per rispetto delle autorità preposte, è tutto da verificare se Il diavolo e l'acquasanta  (nella foto la scultura marmorea conservata alla Basilica di... San Paolo fuori le mura a Roma) siano l'immagine della situazione, chi sia l'uno  e chi l'alro e se magari il diavolo è solo un canelupo, in gabbia, mentre il lupo scorazza a Via Montenapoleone a Milano a fare uno shopping da Vip dopo lo shopping da un euro di Intesa a Vicenza e Montebelluna

Ecco, quindi, la ricostruzione di Guadagnini...

- si sa che Bankitalia vuole la fusione tra VB e BPVi, si sa degli ottimi rapporti tra Bankitalia e BPVi

- Arriva il decreto del governo a gennaio 2015 che impone la trasformazione in spa, con la successiva quotazione delle popolari con più di 8 mld di attivo. Vb lo ha applicato ed è fallita, la Popolare di Bari (che era messa peggio) non lo ha applicato e si è salvata

- subito dopo c'è la richiesta di aumento di capitale da Bce per VB del 2015

- arriva l'azione di Bruno Zago per sottoscrivere l'aumento, il quale ha recentemente dichiarato che gli hanno fatto capire di desistere: «mi è stato fatto elegantemente capire che era meglio che lasciassi perdere e che non mi immischiassi ulteriormente".

- c'è la De Franceschi che dice che anche Bper era interessata a Veneto Banca nel 2016. Loro volevano solo VB. Lei stessa dice che era contraria alla fusione con BPVi e che VB doveva essere venduta...

- poi finalmente arriva Atlante che, eliminati i concorrenti, sottoscrive la totalità delle nuove azioni a 0,10€ l'una. L'obiettivo condiviso col governo e Bankitalia è la fusione Vb, BPVi (si dice che si vuole fare la grande banca del nord-est); si è lavorato un bel pò mettendoci un sacco di soldi e cambiando diversi Cda, tutti d'accordo, ma si tergiversa, lasciando le banche  a bagnomaria, nel frattempo la situazione precipita

- c'è il Consiglio di Stato che smonta il decreto del governo e annulla la circolare di Bankitalia che vieta di esercitare il diritto di recesso e la possibilità di ricorrere alla holding intermedia. Senza i provvedimenti cancellati dal Consiglio di Stato, il progetto della fusione non ci sarebbe stato e Vb si sarebbe salvata da sola, come è successo per la Popolare di Bari

- il 9 marzo 2017 Anselmi dichiara "Nessuna Banca al mondo avrebbe potuto reggere questa tempesta per tanti mesi. Nessuna...". I dati di bilancio degli ultimi tre anni danno ragione ad Anselmi, il quale era contrario alla fusione. Il 25 giugno scorso la Commisione europea emana una nota che recita: "Le due banche hanno subito un'emorragia di depositi, perdendone il 44% tra giugno 2015 e marzo 2017"

Proprio quando il Governo, con un ritardo decisivo, metteva i soldi per la fusione, la Bce la stoppava e imponeva un contributo privato di 1,2 mld come condizione per l'intervento pubblico. Siamo agli sgoccioli, c'è un prestito da rimborsare non ci sono i soldi, il Governo sospende il rimborso per evitare il fallimento. In queste fasi concitate arriva la proposta, prendere o lasciare di Intesa Sanpaolo, che viola tutte le condizioni poste in precedenza: lo stato si accolla tutte le sofferenze, mette sul piatto 17 mld: 5 di anticipo di cassa a Intesa, 4 di garanzia su crediti in bonis a rischio, 6 di copertura di crediti in bonis che non risultino tali dopo la due diligence; come si dice, serviti di barba e capelli...

- Gianni Mion, piuttosto seccato, fa capire di essere stato preso in giro

Non è né bail in né bail out: è un fallimento pilotato. Che priva il Veneto delle sue popolari e le  consegna a Intesa con un costo per i cittadini molto più alto di qualsiasi altra ipotesi emersa prima.

I numeri di bilancio pubblicati dai giornali mostrano che rispetto al 2013 delle due banche ormai ne è rimasta poco più di mezza. Dal progetto iniziale di Bankitalia di fare la grande banca del nord-est si è arrivati a regalare i cocci rimasti a Intesa

Zingales si è chiesto: non si capisce mai se sia Intesa al servizio del Paese o sia il Paese al servizio di Intesa. Appunto...

Giova ricordare, per cercare di rispondere alla domanda di Zingales  che:

Con la prima aggregazione 2001 tra COMIT, Cariplo, Ambroveneto (che nasce fagocitando come malridotto Ambrosiano la bene in salute Banca Cattolica, ndr) - da cui nasce Intesa - la nuova banca arriva al 20% delle quote di mercato in Veneto.

Poi nel 2008 arriva San Paolo e le Casse di Risparmio di Venezia, Padova, Rovigo (nasce Intesa SanPaolo) e la quota di mercato in Veneto sale di un altro 12%

Nel 2013 la quota di Intesa in Veneto era attorno al 10/12% avendo perso circa il 20%

Nello stesso periodo (2001-2013) mentre Intesa scendeva, le popolari crescevano: sono passate da una quota di mercato di circa il 4% a circa il 13% .

Da fine 2014 ad oggi, o con l'acquisizione diretta degli ex clienti delle popolari, o con l'attuale assorbimento delle strutture, quel 13% è passato quasi tutto a Intesa. Circostanza confermata anche da Il Sole 24 ore, che in un articolo di Marco Ferrando dice: "Paolo Sabbione analista di Deutsche Bank conferma che la quota di Intesa San Paolo è balzata dal 14% al 25% grazie alla rete che dalle 408 filiali di Intesa è salita ora a quota 744..."

Complimenti a Intesa...

Mentre a Governo e Bankitalia non faccio i complimenti: non si sa se per calcolo o per incapacità, ma la loro azione ha violentato, ancora una volta, il Veneto. Spero nella resipiscenza dei miei concittadini.

 Antonio Guadagnini

SiamoVeneto

 

Raffronto Bilancio Consolidato GRVB

 

 

 

Fonte: Bilanci Consolidati VB - dati (x000.000)

variazione

var %

 

2016

2013

2016-2013

2016-2013

raccolta diretta

20.031

26.340

-6.309

-24,0

raccolta indiretta

21.831

26.373

-4.542

-17,2

crediti vs clienti

19.292

26.392

-7.100

-26,9

PBL

61.154

79.105

-17.951

-22,7

 

2016

2013

variazione

var %

margine intermediazione

700

1.046

-346

-33,1

           

 

Cifre che descrivono il drammatico deterioramento del rapporto fiduciario da fine 2013. Ma con i nuovi CDA e Manager non avrebbe dovuto esserci il rilancio delle 2 popolari venete?


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