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BPVi e Veneto Banca, nessun innocente. La Repubblica: "potranno arrivare richieste di risarcimento fino a 4 miliardi. Ma è difficile che qualcuno paghi"

Di Rassegna Stampa Martedi 7 Novembre 2017 alle 14:50 | 0 commenti

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I manager del dissesto verso il giudizio in tribunale. I controllori Bankitalia e Consob devono chiarire. E la politica non può dare lezioni. Di Andrea Greco e Franco Vanni, da la Repubblica.
NESSUNO è innocente. I banchieri locali veneti, che per inseguire la grandezza di campanile hanno rotto vite e miliardi. Bankitalia e Consob, i due controllori del credito e del mercato, le cui mosse goffe e accondiscendenti hanno tardato di anni - e di altri miliardi - l'appuntamento con il salvataggio degli istituti. La politica, che dalla commissione bicamerale si è messa in cattedra ma non ci dovrebbe stare.

PERCHÉ il coordinamento dei controllori è stato inefficace e la migrazione alle nuove regole del credito, quelle comunitarie, ha acuito i problemi. Anche una misura condivisibile, come il decreto del 2015 che imponeva alle popolari di trasformarsi in Spa, ha avuto l'effetto di accelerare le crisi bancarie nel Nord-Est: spinta opportuna per far esplodere i casi più gravi, o peso aggiuntivo su situazioni già fragili?
I lavori della Commissione sul crac delle due grandi banche venete sono quasi finiti. Oggi arriveranno i cinque commissari liquidatori a dire al Parlamento come da quattro mesi tengono calde le ceneri miliardarie di ciò che resta di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca non comprato da Intesa Sanpaolo (pagando un euro e chiedendo 4,8 miliardi all'erario per il disturbo). Giovedì poi torneranno in commissione il capo della vigilanza Bankitalia Carmelo Barbagallo e i direttore generale della Consob Angelo Apponi: in Commissione, dopo l'audizione di giovedì scorso, si sospetta che almeno uno dei due sia stato ellittico o peggio, nel dettagliare lo scambio di informazioni tra le due authority negli anni dei controlli vani. Andrà chiarito l'iter di comunicazione tra i vari vigilanti, ma anche la sostanza dei controlli conta.
Banche venete, crediti concessi a grandi spci per acquisto azioniLE COLPE DEI BANCHIERI
Partiamo comunque dalle responsabilità più grandi: di chi ha portato due istituti del Veneto più ricco al dissesto. La "linea" istituzionale della Commissione è quella di non convocare i banchieri che hanno gestito per un ventennio: per rispetto istituzionale della magistratura e forse anche per evitare accuse e schizzi di fango a tutti gli altri. I due atti di citazione contro le passate gestioni di Vicenza e Montebelluna si somigliano - con magnitudo e gravità dei comportamenti maggiori per la prima - e riguardano tre cattive condotte: l'erogazione di crediti con manica larga, a tassi favorevoli e per importi eccessivi (specie mentre la crisi era manifesta e le banche rivali si ritiravano); i finanziamenti ai soci per comprare azioni locali, riscontrati per 1.086 milioni a Vicenza e per 157 milioni in Veneto banca; la vendita fraudolenta di azioni e bond delle stesse banche sulla rete delle agenzie, in conflitto di interessi e aggirando la direttiva Mifid.
Le azioni di responsabilità a fine 2016 le ha promosse il fondo Atlante, che ha perso 3,4 miliardi in un anno. La reale quantificazione del danno da risarcire sarà nota in corso di causa, e in gran parte «dipenderà dall'impatto della liquidazione sui conti», dice l'avvocato Carlo Pavesi che ha firmato l'atto: potrebbe arrivare a due miliardi per Vicenza. La cifra è vicina a quella che rischiano d'esser chiamati a pagare gli Consoli e altri 18 ex amministratori a Montebelluna, accusati di «una gestione dissennata che ha dissanguato la banca ». In tutto si potrebbe arrivare a 4 miliardi, che però difficilmente qualcuno pagherà. Spetta alla giustizia ordinaria perseguire le colpe e dopo vari tentennamenti siamo alla fase cruciale per i due procedimenti, perché gli uffici del gip dovranno decidere se mandare i meno a processo gli indagati.
A Vicenza, lo scorso 3 ottobre la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per Gianni Zonin e sei fra ex manager e amministratori, oltre che lo stesso istituto, per i reati di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. La tesi è che la banca nel biennio 2013-2014 si sia ricapitalizzata per un miliardo vendendo azioni a chi chiedeva prestiti, senza rettificare i bilanci. E fissando il prezzo de titolo al valore irreale di 62,5 euro, fino al crollo. L'indagine, avviata nel settembre 2015, segue decenni di inchieste giudiziarie finite in nulla. Nel 2001 e di nuovo nel 2008 fascicoli nati dalle denunce di soci si sono arenate, fra archiviazioni e non luoghi a procedere. Un passato «anomalo» anche per il procuratore vicentino, Antonino Cappelleri, audito in commissione. Come senz'altro anomalo è il fatto che Antonio Fojadelli, procuratore nel 2001, lasciata la magistratura sia stato nominato nel cda di Nordest Merchant, gruppo Bpvi. I soci vicentini rovinati temono che il copione si ripeta: l'inchiesta è stata lenta (due anni), timida (non un euro sequestrato agli indagati, perché il gip ha contestato la competenza territoriale), ma stavolta pare che si arriverà a processo.
Più energica è stata la procura di Roma, che sul crac di Veneto Banca ha rilevato un'inchiesta arenata a Treviso. I reati sono gli stessi: aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza creditizia. L'udienza preliminare è fissata per il 23 novembre e fra i nove indagati non figura la banca, che è parte lesa. Ci sono l'ex presidente Flavio Trinca e l'ex ad Vincenzo Consoli, finito ai domiciliari il 2 agosto 2016. Se a Vicenza Zonin ha avuto tempo di trasferire il patrimonio ai figli, mettendolo al sicuro da possibili azioni legali, a Consoli e alla moglie sono invece stati sequestrati beni, contanti e titoli per 45,4 milioni; uno spiraglio di speranza risarcitoria per i soci danneggiati. E se Zonin ha finora ora scelto il silenzio d'oro, Consoli imputa il crac anche ai controllori; e il suo legale Alessandro Moscatelli, annuncia: «In caso di rinvio a giudizio, non patteggeremo. Vogliamo il processo».
I VIGILANTI E LA POLITICA
La Banca d'Italia e la Consob sono un po' come le diverse forze dell'ordine: vanno a braccetto, arrivano alla spicciolata e a volte si tengono i segreti. È stato così anche nelle crisi venete, annunciate per anni dal dissenso di pochi nel sistema Vicenza, dall'informazione soprattutto locale, dai consumatori. Diverse sono le responsabilità su cui Banca d'Italia dovrà meditare. Il non aver visto subito il miliardo di capitale dei soci finanziato dalla banca vicentina, che troverà la vigilanza di Francoforte solo nel 2015. Impietoso il passaggio a riguardo dell'atto di citazione: «È stato il team ispettivo della Bce, esaminando semplicemente un campione significativo di tali transazioni, a individuare una frequente e anomala correlazione tra finanziamenti accordati e investimento dei clienti in azioni Bpvi». Una pratica invalsa fin dal 2009, secondo l'audit della banca datato 2015. A Montebelluna, invece, le "baciate" erano state trovate già nel 2013, anche quelle relative al decennio precedente: Barbagallo giovedì ha detto che la ricapitalizzazione 2014 fu finanziata in modo importante da prestiti dell'istituto (benché su 474 milioni di quell'aumento i 22 milioni di azioni "baciate" siano solo il 5,5%). Il capo della vigilanza ha inoltre, e di nuovo, minimizzato l'azione di moral suasion per portare Montebelluna a fondersi con Vicenza, in seguito ai problemi emersi con la seconda ispezione del 2013. «Non è vero che abbiamo chiesto di fare acquisire Veneto Banca da Popolare Vicenza. Chi lo dice, dice il falso», ha detto. Pure, ci sono testimoni dell'incontro dei vertici di Veneto Banca il 27 dicembre 2013 ad Aquileia, nella tenuta di Zonin, reduci da Roma dove pochi giorni prima lo stesso Barbagallo e il suo vice avevano indicato in Vicenza il «partner di standing» nel quale provare ad affogare le loro magagne; ma il partner aveva più magagne di loro. Poi c'è il caso delle "porte girevoli": ben sette tra alti funzionari e ispettori furono arruolati dalla banca di Zonin, in una strategia di cattura dei controlli riservata dal presidente-vignaiolo a diversi altri civil servant, partendo dall'ex Ragioniere generale Andrea Monorchio. «Passaggi inopportuni, che la Banca d'Italia non incoraggia né auspica », ha detto Barbagallo, negando però che abbiano influito sulla vigilanza.
Non che Consob esca bene, dai crac vicentini. Non ha mai avuto molto da eccepire vedendo le azioni non quotate di Veneto e Vicenza difendere inflessibili il valore del patrimonio netto, come stabilito dai cda e poi in assemblea, mentre le rivali quotate crollavano anche a un terzo del patrimonio in Borsa; l'ispezione a Montebelluna del 2011 lo prova. Il garante del mercato non ha avuto nemmeno problemi ad approvare prospetti di collocamento zeppi di avvertenze e conflitti di interesse delle due banche su bond subordinati per 200 milioni a testa collocati nel 2015, a frittata quasi fatta, tassi stellari attorno al 10%. Sarebbe servito un miglior coordinamento tra le authority: e giovedì magari si vedrà chi ha più ragione. Ma è la politica a dover coordinare chi controlla, come anche fare le norme sui cambi di casacca. La politica però avvista una campagna elettorale incertissima e non ha alcuna voglia di lavarsi i panni propri. Non un bello spettacolo per chi ha perso 15 miliardi tra azioni e bond veneti, né per gli altri italiani che si chiedono se la tutela del risparmio funzioni: e se gli 11,7 miliardi di garanzie statali sul recupero delle sofferenze venete (che Bankitalia basandosi sul suo ufficio studi ha stimato fino al 55%, due volte la media di mercato) torneranno alla base.


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