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Dall'aumento "interno" di Veneto Banca dipende anche il futuro di BPVi: forse quello voluto prima da Gianni Zonin ma a parti invertite con gli eredi di Vincenzo Consoli

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Lunedi 23 Maggio 2016 alle 10:20 | 0 commenti

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Per una sorta di ironia della sorte, postuma ai due personaggi chiave che non l'hanno resa possibile in passato, Gianni Zonin che vedeva la sua ex Banca Popolare di Vicenza come conquistatrice e Vincenzo Consoli che a malincuore avrebbe accettato per la sua Veneto Banca anche un'unione alla pari, oggi sia i vicentini che i trevigiani sono appesi al possibile filo della fusione lacrime e sangue, l'unica però che lascerebbe almeno un'anima veneta ai due istituti. In questa "fusione fredda" sperano i due territori, altrimenti destinati a pagare l'ulteriore prezzo della "esternalizzazione" del supporto alle loro iniziative che si aggiungerà a quello dei fu azionisti, ora senza valore reali delle loro azioni, delle due Popolari diventate Spa e senza soldi.

Di sicuro senza soldi, e peso, locali lo è la banca vicentina mentre a caccia di 250 milioni "interni" è andata la montebellunese per rendere possibile la quotazione mancata clamorosamente da Francesco Iorio, che, dimostrato che non può essere uno stratega ma che di certo può essere in grado di gestite tecnicamente da manager i piani altrui, perciò verrà, si dice, mantenuto al suo posto, lui bravo ad eseguire prima gli ordini della BCE e poi pronto ad attuare i piani del fondo Atlante.

Cioè una fusione molto probabile, scrive oggi Luigi Dell'Olio su Il Piccolo (il cui articolo riportia oa seguire epr rifletterci su)?, se Atlante fosse costretto a prendere il 100% o giù di lì di Veneto Banca, ma che noi vedremmo possibile anche nell'altro scenario, quello che a guida Stefano Ambrosini, dopo l'estromissione del Cda by BCE, salvo il recupero obbligato del "tecnico" Cristiano Carrus, trovasse denaro fresco per andare in borsa con un flottante che non richiedesse l'intervento unico e totalizzante di Atlante.

Perchè in questo caso, se è vero che ci potrebbero essere banche come Ubi e Bper, quelle segnalate da Dell'Olio, a cui farebbe gola assorbire la parte buona di Veneto Banca in un'area per loro di sicuro interesse, è difficile, per noi che operiamo in Veneto, immaginare che Ambrosini % c. cerchino quei soldi, necessari a svincoarsi da Atlante e contare qualcosa, per poi farsi stringere in un abbraccio mortale da qualcun altro.

Noi perciò ci permettiamo di avanzare una ipotesi opposta a quella del collega de Il Piccolo: se Atlante sarà il dominus unico farà spezzatini e  gulash, fate voi, delle banche  che andranno a  chi andranno.

Se il Cda voluto dalla cordata, che ha Stefano Ambrosini come portavoce e che è già stata capace di "sovvertire" un Cda marcato BCE, compirà l'impresa, ben più difficile e non riuscita a Futura 150 a Vicenza, di portare soldi freschi "interni", locali cioè, non è impossibile immaginare un piano di risanamento di Veneto Banca, che parte da situazioni di certo non ingarbugliate dai sotto poteri locali come quelli degli amici di Zonin, per proporsi come partnere dominate di una fusione con quel che resterà di BPVi.

Magari finanziandola con le sue altrettanto necessarie cessioni di attività "non core" per il territorio che le dà il nome e dando a chi, Gianni Zonin, è identificato con la causa del flop miliardario delle azioni della banca uno schiaffo morale ben più forte dei buffetti alla vicentina che ora gli indirizzano i suoi 118.000 soci azzerati...

 

*Da Veneto Banca al rebus Unicredit: una settimana chiave
di Luigi Dell'Olio, da Il Piccolo

Domani il cda del gruppo di piazza Aulenti, in vista il cambio ai vertici. Montebelluna alla prova dell'aumento di capitale. Scrive Luigi Dell'Olio oggi su "Il Piccolo": "«Gli advisor finanziari sono un po' come i procuratori dei calciatori: fanno il giro delle sette chiese per proporre il presunto campione, con la speranza di alzare il più possibile la posta». Un banchiere di lungo corso racconta così il susseguirsi di voci sul futuro delle banche del Nordest. «I colloqui sono normali, ma immaginare oggi che qualcuno tiri fuori i soldi senza avere un'idea chiara di cosa va a comprare è illusorio». Dunque se le tempistiche per il risiko non saranno certo brevi, di sicuro c'è che la settimana che si apre oggi sarà molto importante. A cominciare da Veneto Banca, coi vertici dell'istituto di Montebelluna impegnati a sondare i possibili investitori nell'aumento di capitale da un miliardo di euro. Comprendere l'umore del mercato sarà fondamentale per capire se e in che misura dovrà intervenire nell'operazione Atlante. Il salvatore di ultima istanza farebbe volentieri a meno di impegnare altre risorse su questo fronte (dopo il miliardo e mezzo già impegnato nel rafforzamento patrimoniale della Popolare Vicenza), ma in caso di necessità non potrebbe tirarsi indietro. In caso di peso preponderante in Veneto Banca il processo di integrazione con PopVi sarebbe lo sbocco più logico, anche se la sovrapposizione territoriale tra i due istituti imporrebbe pesanti tagli sulle filiali, e quindi sul fronte del personale. Se invece Montebelluna riuscirà a condurre in porto il rafforzamento patrimoniale con le proprie gambe (o con un contributo marginale di Atlante), si potrà aprire lo scenario di un'aggregazione. I nomi di Ubi e Bper restano sempre attuali per due ordini di motivi, la solidità di questi istituti e la necessità dei pesi medi del credito di generare economie di scala per non perdere margini nell'era dei tassi zero, ma non possono andare allo sbaraglio. Il matrimonio tra Bpm e Banco Popolare si farà, ma a caro prezzo, e ora gli altri ci penseranno mille volte prima di seguire la medesima strada. Prossimi giorni decisivi anche per Unicredit, seconda banca del Paese dopo Intesa SanPaolo, nonché la più internazionalizzata. Oggi l'ad Federico Ghizzoni sarà a Madrid per inaugurare una filiale e domani potrebbe presentarsi in cda da dimissionario. La sua permanenza al vertice del gruppo di Piazza Gae Aulenti appare ormai impossibile, dato lo scarso apprezzamento del mercato per le ultime mosse e l'inquietudine che da tempo c'è tra i grandi soci. Per la successione si sono fatti diversi nomi (Carlo Cimbri dell'Unipol, Marco Morelli di Bofa Italia e Alberto Nagel di Mediobanca), ma molto dipenderà anche dalle altre caselle che andranno a comporsi. I soci esteri, alla luce del peso crescente assunto nell'azionariato, sarebbero insoddisfatti anche del presidente Giuseppe Vita, che potrebbe essere sostituito da Luca Cordero di Montezemolo. A quel punto l'ad verrebbe scelto dai soci italiani. Di certo c'è solo che il cambio dovrà essere rapido per puntare a risalire rapidamente la china. In campo l'ipotesi di aumento di capitale da non meno di 5 miliardi, che non farà piacere ai soci. L'alternativa è cedere (in parte o in toto) partecipazioni, anche vorrebbe dire perdere una fetta di utili. Decisioni da ponderare ma senza dilungarsi troppo, data la volatilità che ancora incombe sui mercati".


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