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Il "funerale" di Gianni Zonin e la "molotov" contro la famiglia di Sergio Cassingena: si interroghino tutti sul malessere prima del funerale di una Vicenza bruciata dal "sistema"

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Venerdi 3 Giugno 2016 alle 09:29 | 0 commenti

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Due notizie di ieri, ricorrenza, altrove, del 2 giugno, riferiscono di due fatti cronaca entrambi da condannare ma anche su cui, senza ipocrisia, fare qualche riflessione. La prima, forte simbolicamente ma senza possibili effetti "fisici", è quella del "funerale" virtuale celebrato davanti alla villa di Montebello di Gianni Zonin, una di quelle possedute dall'ex presidente della Banca Popolare di Vicenza a cui è attribuita, a furor di popolo, la responsabilità maggiore del flop da più di sei miliardi di euro subito da oltre 118.000 azionisti, che di ville non ne hanno.

La seconda è quella, più preoccupante, di una bottiglia, forse, incendiaria lanciata contro la casa del fratello di Sergio  Cassingena, ma con lo scopo presumibile di "colpire" Dario, il figlio dell'ex presidente del Vicenza Calcio, che, dopo i meriti iniziali, con una gestione ancora tutta da scoprire ha ridotto il Lane ad essere venduto ad una nuova cordata in cui prevalgono i toni scuri su quelli chiari, lo diciamo da tempo come lo dicevamo dal 13 agosto 2010 dei buchi della BPVi.

Sono il sintomo di un malessere diffuso sia il funerale inscenato a Montebello da una sessantina di azionisti di Bpvi, ridotti forse, e senza forse, anche alla povertà dal crollo del valore delle loro azioni, comprate "sulla fiducia" riposta su chi mai aveva fatto intuire problemi, l'ex presidente Gianni Zonin, sia il gesto  intimidatorio molto probabilmente indirizzato a Dario Cassingena, già amministratore delegato del Vicenza Calcio, figlio di Sergio Cassingena, che ha recentemente avuto i fari puntati su di sè anche per la vicenda dei lavoratori del Cedi Sisa Nord, da lui presieduto e ora senza lavoro..

Così come sono stati licenziati tutti i dipendenti della River, la società proprietaria dei terreni del centro tecnico del Vicenza Calcio, in odore di mafia e da Cassingena senior in passato "condivisa" con Danilo Preto, prima del sequestro cautelativo di una parte delle quote riconducibili per la Procura di Palermo al clan dei Lo Piccolo col successivo trasferimento delle altre alla fiduciaria Pannorica, il terminal della vecchia proprietà del Vicenza Calcio stesso.

Il malessere, che, per ora, si manifesta con gesti deprecabili ma posti in atto da una sparuta minoranza a fronte delle decine di migliaia di soci BPVi truffati e di tifosi del Lane beffati, va analizzato per i semi che contiene: un senso diffuso di sfiducia verso i vertici della città e del territorio che solo a Vicenza, questo è il lato positivo ma chissà se valido all'infinito, non sfocia in proteste ben più numerose e poderose.

Indaghino, quindi, gli organi preposti sugli eventuali reati, e li puniscano, ma, soprattutto, si interroghino  i responsabili dei mali della città, di cui sono simboli lo sfascio già verificatosi  della Banca Popolare di Vicenza e la sopravvivenza comatosa del Vicenza Calcio, due "società" unite ancora oggi, tra sponsorizzazioni e finanziamenti, da vari intrecci e anche dalle amicizie personali vantate tra Zonin e Cassingena con l'appendice di Danilo Preto tramite la Kevios (ne era stato membro del Cda) che era era finita nell'orbita della banca (nella foto da sx Zonin, Cassingena e Preto, ndr).

Si interroghino subito, prima che sia troppo tardi, e a tutti i livelli (politici, sociali, imprenditoriali, sindacali) quelli che, lo ha detto Jacopo Bulgarini d'Elci, l'ora silenziato braccio destro di Achille Variati, sono responsabili, con la loro compartecipazione agli "utili" del sistema o con i loro pilatesco lavarsene le mani, di un altro funerale: quello annunciato di una Vicenza già in fiamme.


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