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Il Fatto conforta le "tesi" di VicenzaPiù: Banca d'Italia si svegliò 2 anni dopo e non denunciò i trucchi di Zonin sui conti della BPVi

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Domenica 6 Agosto 2017 alle 01:23 | 0 commenti

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"Reticenza dei controllori - via Nazionale sapeva tutto dei trucchi di Zonin sui conti ma per 21 mesi il capo della vigilanza Barbagallo ha taciuto informazioni ai pm": ecco come il sommario dell'articolo scritto su Il Fatto Quotidiano odierno da due firme eccellenti, quelle di Carlo Di Foggia e Giorgio Meletti, mette in ordine e sintetizza quanto la molto più modesta mia firma scrive e sostiene da tempo su VicenzaPiù col supporto di documenti che abbiamo (...letto) anche noi, a parte le missive esplicative citate dai due maxi colleghi. Buona lettura col nostro modestissimo avallo...

Il direttore

La Banca d'Italia si svegliò 2 anni dopo e non denunciò
Reticenza dei controllori - via Nazionale sapeva tutto dei trucchi di Zonin sui conti ma per 21 mesi il capo della vigilanza Barbagallo ha taciuto informazioni ai pm
di Carlo di Foggia e Giorgio Meletti 

Il 7 febbraio 2014 un artigiano della provincia di Belluno denuncia alla Vigilanza della Banca d'Italia che, avendo chiesto un prestito alla Banca Popolare di Vicenza, l'erogazione del finanziamento era stata "subordinata all'acquisto di azioni della Banca". Aggiunge l'onesto signore, che sarà infatti trattato dalla Banca d'Italia come vedremo: "Subito non ci volevo credere, poi mi sono bene informato e mi è stato riferito che questo Istituto sta proprio finanziando il suo capitale in questo modo (...) Mi chiedo, e come me se lo stanno chiedendo in tanti, come è possibile che questa Banca si permetta tutto ciò e se sia lecito". Poi la sfida: "Con alcuni amici avremo pensato di dare alla cosa un risalto nazionale sia sui media che al Gabibbo di Striscia la notizia. Prima però ho ritenuto opportuno informare questo Istituto Centrale per gli interventi che riterrà opportuno adottare. Non so se tutto ciò rientra nella legalità o se questo avviene per il fatto che il sig. Gianni Zonin arruoli Vostri Dirigenti e si senta protetto da tutto e da tutti".

L'anonimo artigiano non è uno zoticone. Sa che cosa sono la Vigilanza e un Istituto centrale. E ha letto che il presidente della BPVi ha appena assunto Gianandrea Falchi, per anni capo della segreteria del governatore Mario Draghi. I suoi sospetti sono velenosi ma non infondati. Forse avrebbe fatto meglio a rivolgersi direttamente al Gabibbo.

In quelle settimane, appena insediato il governo Renzi, Vincenzo Consoli - capo di Veneto Banca - va con il presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari a chiedere aiuto al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Entrambi si sentono vessati dal capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo. La Banca d'Italia preme perché si consegnino alla fusione con Zonin, pupillo del governatore Ignazio Visco. La tesi di Consoli è che Barbagallo aiuti Vicenza dipingendola più sana di quanto sia. Finanziare l'acquisto di azioni, come denunciato dall'anonimo artigiano, è infatti un modo di far sembrare la banca più sana, e Bankitalia sembra aver fatto di tutto per non scoprirlo.

I misteriosi arabeschi della burocrazia Bankitalia generano una reazione alla lettera dell'artigiano due mesi dopo, il 14 aprile. Il direttore della sede di Venezia della Banca d'Italia, Maurizio Trifilidis (quello che non risponde a VicenzaPiù pel il caso dell'uffico affittato senza essere accatasato, di proprietà dei soliti noti e strapagato a Vicenza, ndr), riferisce le accuse alla banca di Vicenza e le chiede se ha riscontrato queste pratiche nella rete di vendita. Dopo 40 giorni risponde il direttore generale Samuele Sorato: "La Banca non ha riscontrato la diffusione presso la propria rete di vendita di prassi operative volte a subordinare la concessione del credito all'acquisto di azioni della Banca". Funziona così: "State per caso sfasciando la banca?". "No, quando mai". Fatta la vigilanza.

Un anno dopo questa lettera Sorato è stato cacciato e la "prassi operativa" è stata riscontrata per quasi un miliardo di capitale, subito azzerato. Al momento del rispettoso carteggio, il capitale finanziato già ammonta - secondo i consulenti tecnici della Procura di Vicenza - all'astronomica cifra di 728 milioni di euro. Quell'anno Zonin chiude un aumento di capitale per 607 milioni, di cui 146 finanziati con prestiti. E la Banca d'Italia continua a non accorgersi di niente. A ottobre, Bpvi viene bocciata agli stress test della Bce, che si concentrano sulla qualità del credito, ma si salva per i criteri di Bankitalia convertendo in capitale in extremis un bond da 253 milioni (anch'esso in parte finanziato). Sul Sole 24 ore, l'imprenditore Paolo Trentin denuncia le pressioni per comprare azioni in cambio di prestiti. Via Nazionale non si muove mentre la Guardia di Finanza, anche sulla base delle denunce dell'Adusbef, chiede alla procura di Vicenza di indagare: sospetta diversi reati, tra cui usura e falso in bilancio.

La Banca d'Italia sostiene di aver capito tutto solo dopo il 26 febbraio 2015, quando a Vicenza, su ordine della Bce, entrano gli ispettori e scoprono il fenomeno dei fidi "baciati". Però Barbagallo si decide a denunciare alla procura di Vicenza il reato di ostacolo alla vigilanza, e solo quello, il 22 novembre 2016 - 21 mesi dopo - "alla luce delle complessive informazioni ora disponibili". Finalmente. In quel momento il mercato sa da un anno e mezzo del disastro, comunicato dalla stessa banca il 28 agosto 2015. E a dicembre 2015 il direttore generale di palazzo Koch, Salvatore Rossi, annuncia al Corriere della Sera che la crisi di Vicenza è già risolta.

Quando entrano in Bpvi, gli ispettori in realtà trovano fidi baciati per "solo" mezzo miliardo, perché si limitano agli anni 2013-2014. La Bce chiede però all'internal audit della banca di analizzare anche gli anni precedenti, e spunta un altro mezzo miliardo di capitale finanziato. Barbagallo spiega ai pm di aver acquisito la perizia interna, nota al mercato da agosto 2015, solo a giugno 2016: ci ha messo oltre un anno a farsela dare e altri sei mesi per girarla ai pm.

La Banca d'Italia sembra fare di tutto per non accorgersi di niente. Nel 2012 manda gli ispettori a Vicenza, che si fermano dal 28 maggio al 12 ottobre. L'ex vice dg della banca, Paolo Marin ha spiegato al Corriere del Veneto di avergli consegnato "una lista - che io e i miei collaboratori abbiamo a più riprese discusso con loro - dei principali soggetti affidati e del numero di azioni della banca". Con i pm, il 28 aprile scorso, è stato più esplicito: "Ho consegnato operazioni baciate per 234 milioni". In realtà ha consegnato i dossier creditizi dei primi 30 clienti, ed è da lì che si evinceva quella cifra. Bastava leggere. Circostanza confermata dalle dichiarazione del responsabile audit interna Massimo Bozeglav. Ai pm gli ispettori negano di essere mai stati informati, ma qualcosa non torna. L'ispezione del 2012 - in possesso del Fatto (e non solo..., ndr) - è mirata al credito. In circa 3 mesi vengono passate al setaccio 367 pratiche di fido, per un valore di 3,8 miliardi.

Il "dossier creditizio" contiene vita morte e miracoli del cliente, ci sarebbero tutte le informazioni per accorgersi del fenomeno, che in quel momento ammonta - scoprirà poi la Procura - a 280 milioni di euro (a fine 2012 si arriverà a 545). "L'individuazione di un legame diretto, in termini di importo e tempistica, tra un finanziamento e la sottoscrizione di azioni può solo occasionalmente emergere nel corso di accertamenti ispettivi", si giustifica Barbagallo con i pm. E infatti nel 2013 i suoi uomini scopriranno "occasionalmente" 157 milioni di azioni baciate in Veneto Banca e le useranno contro il dominus Vicenzo Consoli per indurlo a consegnarsi a Zonin.

A Vicenza niente. Nessuno nota che la Elan srl, grande cliente, il 30 novembre 2011 riceve un prestito di 17 milioni e lo stesso giorno compra azioni per 17 milioni. E così fanno decine di clienti, a cui vengono prestati soldi senza chiedere garanzie e con la dicitura generica "investimenti in attività mobiliari". Questa pratica inizia nel 2009, ma nel 2012 smette di essere riservata ad alcuni soci amici e viene sistematicamente imposta a chiunque chieda un prestito.

In quell'anno si verificano anche violazioni ripetute nell'uso del fondo acquisto azioni proprie, lo strumento con cui la banca può riacquistare dai soci i suoi titoli. In un solo trimestre cresce di 200 milioni, superando il limite del 5 per cento del capitale. Bankitalia li richiama a marzo e a giugno del 2013, e ancora a ottobre 2014, proprio il giorno in cui Zonin festeggia la promozione agli stress test Bce. È sicuro di non aver niente da temere da Bankitalia. E Vicenza è già spacciata.


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