Quotidiano | Categorie: Economia&Aziende

Indennizzi BPVi e Veneto Banca da tassare per l'Agenzia delle Entrate o non tassare per le due banche: quando il giornalismo parte dal lettore e si rivolge al lettore

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Martedi 23 Maggio 2017 alle 10:27 | 0 commenti

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Il caso "tassazione non tassazione" degli indennizzi versati dalla Banca Popolare di Vicenza e da Veneto Banca ai circa 121.000 soci complessivi che hanno aderito alla Opt (Offerta Pubblica di Transazione) per un importo totale di circa 440 milioni di euro tiene banco sui media (a seguire* riportiamo l'articolo che ribadisce le perplessità de Il Sole 24 Ore, il primo a rilanciare la nostra segnalazione del problema fatta il 18 maggio scorso e analizzato il 19) e tra i vertici dei due Istituti, che ieri hanno emesso una nota a "difesa" della propria tesi sulla non tassabilità come "reddito diverso" opposta a quella della direzione generale del Veneto dell'Agenzia delle Entrate che con la risposta a un interpello di un socio, Luca Canale, ha stabilito su un documento ufficiale il contrario per l'esistenza di "obblighi di non fare" (azioni legali contro la Banca stessa) che configuano l'importo erogato non come pure indennizzo ma come reddito diverso, quidi da tassare e sui cui versare circa 86 milioni di euro di ritenute alla fonte.

La trasmissione a noi di VicenzaPiù dell'interpello e della risposta dell'Agenzia e la nostra azione al riguardo, amplicata da media com Il Sole, dimostra, intanto, e non è poco, come si possa ancora fare giornalismo partendo dai lettori per arrivare a tutelare loro stessi...

"La questione rimane delicata e da riaffrontare con calma - scrivevamo quindi ieri a (semi) caldo a commento delle due note - perchè bisognerà capire come l'Agenzia delle Entrate potrà annullare la sua determinazione assunta dopo mesi di studio dell'interpello presentato dal socio, che ha scatenato il caso, pesando la percentuale sopra o sotto la quale il suddetto impegno ad assumere gli "obblighi di non fare" (azioni legali contro la Banca stessa e soggeti collegati) sarebbe o meno "l'elemento qualificante dell'accordo. Accordo, ricordiamo, come si legge nelle condizioni dell'Offerta Pubblica di Transazione (Opt) a cui la nota stessa fa riferimento, poteva concretizzarsi solo a fronte dell'accettazione dell'importo dell'indennizzo, ovvio, ma anche dell'assunzione dell'obbligo a non denunciare".

Detto questo approfittiamo ancora una volta di un commento dello stesso Canale e di un parere arrivatoci da un esperto indipendente per porli all'attenzione generale ma, in primis, a Mion e Lanza con relativi Ad magari mettendo da parte i mega consulenti che li hanno portati nel vicolo stretto in cui ora sono. 

Il socio, infatti, ci scrive: «Sì sono affidati "ad un primario studio di consulenza" per tirare fuori tutto questo bailamme. Chissà quante migliaia di euro gli è costato. A me son bastate 2 telefonate, un 3 o 4 ore di tempo e una Pec all'Agenzia delle entrate. Chiedere direttamente alla fonte (Agenzia delle entrate) pareva brutto o troppo semplice?».

Precisato da parte nostra che la nota delle due banche non dice che l'analisi fiscale approfondita è stata fatta da un primario studio, ma solo che l'offerta è stata fatta con il supporto di un primario studio di consulenza per cui il tutto sarebbe "allo scoperto" perchè mancherebbe un parere fiscale, almeno leggendo la nota, il socio aggiunge: «E comunque in presenza di una interpretazione dell'agenzia delle entrate prevale quest'ultima, salvo portare la questione ex-post tramite ricorso alla Commissione tributaria a seguito di accertamento e sanzione. Quindi ci vorrebbe un "caso esplorativo" molto di là da venire. In alternativa servirebbe una diversa interpretazione di un organo gerarchicamente superiore alla direzione generale del Veneto oppure che un magistrato procedesse per evasione fiscale per la questione della ritenuta di acconto non versata e, rinviando a giudizio, sarebbe il tribunale a sciogliere il nodo gordiamo. In ultima analisi, qualcuno lo la propsoto, occorrerebbe una nuova normativa emessa ad hoc (retroattiva?). Ma se facessero una norma ad hoc per rendere esentasse gli accordi transattivi della BPVi e di Veneto banva, altri attori che hanno stretto simili accordi transattivi con altre banche (e ci hanno pagato le imposte) potrebbero obiettare la disparità di trattamento e chiedere il rimborso delle imposte pagate...».

Tanta carne al fuoco insomma e nulla di certo nel breve periodo...

A confermarcelo è il fiscalista che ci scrive con un linguaggio volutamente "folk" per essere comprensibile ai comuni mortali dopo il mal di testa che ci è venuto leggendo e rileggendo le note di ieri: «La questione è molto semplice. Si tratta di un indennizzo, questo è chiaro, ma non è dato a tutti. E' dato solo a chi rinuncia a fare o proseguire azioni. Quindi la condizione posta diventa essenziale e prevalente. E alla fine assorbente. L'indennizzo è dato a chi, danneggiato, si obbliga a non fare certe cose. E quindi si rientra perfettamente nel ritenuto malposto quesito. Il quesito è stato ben posto e la risposta dell'Agenzia delle Entrate è corretta. Conseguenza logica è che la banca sarà oggetto di accertamento per le ritenute non effettuate, e il fatto è stato dichiarato dalla stessa banca. La quale potrebbe ora fare due cose. La prima, comportamentale, è comunicare il nome dello studio di consulenza che ha dato il parere, se mai l'ha dato (probabilmente no). La seconda è emettere un nuovo comunicato, accollandosi ogni possibile onere derivante dal contenzioso compresa la difesa dei soci e oltre a quello che appare oggi certo: l'onere diretto per gli 86 milioni non versati più le relative sanzioni.».

La terza potrebbe essere quella di porre di nuovo il quesito come meglio aggrata alle due ex Popolari ma sta ai vertici valutarne la reale utilità a tutela di se stesse e dei soci che si sono fidati ancora una volta di questa banca, la prima sottoscrivendo le azioni, la seconda accettando l'importo a compensazione parziale delle perdite.
Se, invece, le due ex Popolari Venete si arroccheranno ancora una volta, alla Gianni Zonin & c. per intenderci, dietro comunicati stampa improbabili anche per i media nazionali se non verranno seguiti da azioni fattuali concrete, BPVi e Veneto banca o quel che ne resta perderanno del tutto ogni rsidua credibilità sul mercato, e saranno destinate ad accelerare la loro evoluzione, non certamente positiva.  Quello che è certo oggi è che da questo caos sarà difficile venirne fuori ex post, Vestager o non Vestager.

 

*Salvataggi. Veneto Banca e Popolare Vicenza: le somme erogate sono fiscalmente esenti
Banche venete, scontro sugli indennizzi


di Giorgio Costa, da Il Sole 24 Ore

Si infiamma la polemica sulla tassabilità delle somme (9 euro ad azione) che la Banca popolare di Vicenza (ma anche, in misura diversa, Veneto banca) ha erogato agli azionisti che accettassero di non agire contro la banca e il management dopo il crollo dei titoli azionari, passati, in paio d'anni, da 62,5 a 0,10 euro. E se l'agenzia delle Entrate - si veda Il Sole 24 ore del 20 maggio scorso - sostiene che si tratta di somme tassabili in capo al ricevente (in quanto «reddito diverso» frutto dell'«assunzione di un obbligo di fare, non fare o permettere») in un comunicato diffuso ieri la banca vicentina sostiene, invece, che la somma è stata erogata a titolo risarcitorio e che essa è fiscalmente esente. Ma se così non fosse, e quindi l'agenzia delle Entrate proseguisse per la sua strada, la prima a pagare un conto decisamente elevato sarebbe proprio la banca stessa che si vedrebbe chiedere dalle Entrate circa 80 milioni di euro a fronte dell'omesso versamento di ritenute d'acconto per un importo complessivo vicino ai 400 milioni. Con l'inevitabile conseguenza che le somme erogate dalla banca finiranno nei redditi dei circa 90mila percipienti magari costretti, anche solo per quegli importi, a presentare la dichiarazione dei redditi; oltre ovviamente a sostenere la tassazione dei medesimi. La tesi della banca è che le somme erogate sono a titolo risarcitorio e che ciò «non determini alcun reddito autonomamente e istantaneamente imponibile in capo agli azionisti». Una tesi diversa, secondo la banca, «non corrisponde alla sostanza giuridica e alla forma degli accordi transattivi stipulati con la banca nell'ambito dell'Offerta di transazione» anche perché «l'impegno assunto dagli aderenti all'Offerta di non intraprendere o proseguire azioni legali contro la Banca non è l'elemento qualificante dell'accordo medesimo, ma è conseguente e collaterale al riconoscimento all'azionista di un risarcimento, sia pure forfettario, del danno subito». Difficile però non leggere, nell'accordo stesso, che la corresponsione dell'indennizzo è prevista «a fronte della rinuncia ad agire contro la banca». Se si fosse trattato di un semplice risarcimento, quell'impegno non sarebbe stato necessario; tanto più che l'operazione messa in piedi dalla banca aveva anche la finalità di tenere indenni i bilanci futuri dai rischi di controversie con la clientela. Somme che non sono, quindi, in alcun modo compensabili con le minsuvalenze in caso di cessione o rimborso del titolo. Ora, fermo il disappunto degli azionisti, la banca rischia di vedersi aprire un fronte "fiscale" da 80 milioni, più le sanzioni.


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