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L'abolizione dei voucher e il lavoro nero

Di Giorgio Langella Domenica 19 Marzo 2017 alle 11:35 | 0 commenti

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Il consiglio dei ministri ha deciso che i voucher sono (o, meglio, saranno) aboliti. Si "scongiura" così il referendum promosso dalla CGIL. È, senza dubbio, una vittoria per quel sindacato. Da ieri si possono leggere le prese di posizione di varie associazioni padronali, sindacati ormai allineati alle volontà imprenditoriali e di partiti legati ad interessi prevalentemente padronali che prevedono l'aumento del lavoro nero. Leggiamo, ad esempio, cosa scrive l'Ansa il 18 marzo 2017 (ore 15) riguardo l'abolizione dei voucher: "(...) Contrarie si sono dette Confindustria, Confcommercio, Confapi, che hanno parlato di "scelta sbagliata". Molto critica anche la Cisl, secondo cui la decisione di eliminare i voucher è "tutta politica ed incomprensibile dal punto di vista del merito". La Uil sottolinea, invece, come occorra subito "trovare una soluzione" per regolare le attività occasionali (per studenti, pensionati, disoccupati) e per questo "ora vogliamo puntare a un accordo con il governo".

Pronto a dare battaglia il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che parla di una scelta "gravissima e inaccettabile. Ora decide la Cgil per tutti. Non voterò mai questo decreto". Con la cancellazione dei voucher "siamo passati dall'abuso indiscriminato a zero per paura della Cgil", dice il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, e "il risultato è il lavoro nero". (...)

Con l'abolizione dei voucher è probabile che cresca il sommerso più che i contratti regolari. Ne è convinta Nina, 24 anni, da sei occupata come cameriera a Roma tra i tre e i cinque giorni a settimana. Nel ristorante dove lavora - spiega - ci sono sei camerieri su tre turni, ma uno solo è assunto mentre gli altri sono pagati in parte in nero e in parte con i voucher. "Faccio la cameriera da sei anni e ho lavorato in diversi posti - prosegue la giovane, laureanda a luglio in lettere - Sono sempre stata pagata in nero o con i voucher. Non credo che con l'abolizione dei buoni-lavoro mi sarà fatto un contratto. Penso proprio che si tornerà al pagamento interamente in nero". Nina prosegue il suo racconto, ripercorrendo anche le sue esperienze lavorative precedenti. "Ho lavorato - spiega - per circa un anno in un pub: tre volte a settimana e prendevo per sette ore 30 euro netti con i voucher, meno di cinque euro l'ora. Adesso lavoro in un altro ristorante, cinque volte a settimana e prendo per sette ore e mezza 60 euro, circa otto euro l'ora. In realtà chi mi pagava meno l'ora era il pub che usava solo i voucher, meno di un buono l'ora, ma eravamo pagati tutti così"."

Interessante è notare come il "lavoro nero" appaia, agli occhi di lorsignori (e non solo), un qualcosa di naturale. Una fatalità che non si può contrastare se non diminuendo i salari e aumentando lo sfruttamento. Una situazione che sembra accettata da tutti anche da chi è costretto a subire tale sfruttamento. Si sta parlando di uno strumento (i voucher) che non ha fatto emergere il nero ma lo ha coperto. Nel 2016 sono stati oltre 133 milioni i voucher venduti. Un numero talmente alto che dimostra in maniera ineluttabile come siano stati usati non per sopperire ad "emergenze" o lavoretti occasionali ma, sostanzialmente, in maniera da garantire maggiori guadagni al "datore di lavoro". Nati per regolamentare il lavoro accessorio sono stati utilizzati, infatti, per qualsiasi tipo di lavoro.

Non a caso Confindustria, Confcommercio e altre associazioni di categoria si dichiarano contrari alla loro abolizione. È evidente che questa contrarietà deriva dal fatto che i loro associati li utilizzavano in maniera abituale e massiccia. Li usavano per lavori che non sono per nulla "accessori" né occasionali come, del resto, si capisce dalla testimonianza di Nina, che l'articolo porta come esempio. Nina è nient'altro che una lavoratrice sfruttata sia lavorasse in nero che con i voucher. Una lavoratrice alla quale lo Stato non ha saputo (o voluto) garantire il diritto costituzionale di poter avere un lavoro sicuro e giustamente retribuito. Non le è stato garantito questo diritto perché da troppi anni si è data priorità all'impresa e al profitto individuale dei padroni d'impresa lasciando il lavoro regolare come una conseguenza quasi fastidiosa.

L'abolizione dei voucher, forma estrema di sfruttamento e di copertura del "sommerso" (da come si evince ache dal racconto di Nina), è solo il ripristino di una legalità costituzionale.

Adesso il governo non ha più nessuna giustificazione, dovrà garantire di combattere il lavoro nero non tanto rendendolo legale ma reprimendo chi lo usa costringendo lavoratrici e lavoratori ad accettare condizioni sempre più devastanti.

In un paese come l'Italia, dove l'1% dei più ricchi possiede il 25% dell'intera ricchezza nazionale, risulta inconcepibile credere al fatto che non si possano garantire diritti, sicurezza e retribuzioni decenti a chi vive del proprio lavoro per via dei "costi troppo elevati". La mancanza di lavoro deve essere affrontata in maniera strutturale, non cancellando i diritti e le garanzie costituzionali a chi vuole e deve lavorare per vivere, ma colpendo chi sfrutta il lavoro altrui pagando una miseria in nero o utilizzando forme di retribuzione insultanti come sono i voucher. Le risorse ci sono, basta cercarle in quella piccolissima minoranza che possiede ricchezze che una persona normale non riuscirebbe a vedere neppure se lavorasse per migliaia di anni (e/o riducendo le tasse sul lavoro poi sprecate per gli enormi e controproducenti costi della burocrazia e della conseguente... corruzione, ndr).

Con la collaborazione di Dennis Vincent Klapwijk


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