Quotidiano | Categorie: Economia&Aziende

Bugie mediatiche su adesioni alla transazione BPVi al 60%, vale la legge dell'80-20: 20% di verità, 80% di falsità o mezze verità. Parli anche Diamanti, ma intervenga chi di dovere

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 15 Marzo 2017 alle 10:23 | 0 commenti

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«Le adesioni dei soci BpVi vicine al 60%»: ecco l'ennesima bugia del quotidiano confindustriale locale sul tradizionale "sponsor" della Banca Popolare di Vicenza  in ciò aiutato dalle dichiarazioni chiaramente equivoche del vice direttore generale vicario Gabriele Piccini, anche se poi rettificate dalla stessa BPVi in una nota dell'Ansa non certo recepita dal titolo e da gran parte del testo del GdV, con non poche responsabilità, della stampa e dell'Istituto, che invitiamo ad accertare da parte delle autorità competenti, già da noi sollecitate ieri ad intervenire sull'assedio alla libertà di scelta dei 94.000 azionisti spinti con ogni mezzo ad accettare di accontentarsi del 15% di quanto perso e regalato ai gestori e agli amici dei gestori dell'Istituto di via Btg. Framarin.

Se nell'Ansa, riportata correttamente dai giornali deontologicamente più "distaccati" dai miseri interessi pubblicitari locali pagati da sempre col "sangue" dai risparmiatori/soci che leggono quei fogli, la BPVi faceva precisare che il 60% di adesioni, per altro dichiarate tali col termine "stima personale" da parte del vice dg vicario (nella nostra foto con responsabile della comunicazione e non solo, ndr), una volta accortosi di essersi fatto prendere la mano dall'entusiasmo e le cui dichiarazioni sono state da noi regolarmente registrate in audio e riportate ieri dalla nostra collaboratrice presente, è da intendersi comprensivo del 40% di quelle effettive (firmate, cioè) e del 20% di manifestazioni di interesse o di appuntamenti ecc. presi.

È così che è stata trasformata una previsone/aspettativa in un dato vicino a quella soglia dell'80% fissata da Gianni Mion e Fabrizio Viola per la validità dell'Offerta Pubblica di Transazione (Opt) il cui "avvicinamento" non a caso viene usato per spingere i non aderenti e gli indecisi a sentirsi più smarriti e soli nel rifiutare quanto sarebbe giusto respingere al mittente affidando la valutazione dell'indennizzo a fasi successive.

In quelle si potrà confidare anche in quanto detto in sede europea e sempre non evidenziato ("in caso di manifesta coartazione della buona fede degli azionisti è ammesso un loro ristoro totale") e a Roma dal vice minstro dell'Economia e della Finanza, Pierpaolo Baretta, nell'incontro con Luigi Ugone di "Noi che credevamo nella BPVi" che, alla nostra presenza, "registrava": "ammetto che il ristoro è eccessivamente basso ma si potrebbero studiare delle forme che lo facciano aumentare di importo purchè, magari, collegato, come in parte già prevede l'offerta commerciale parallela all'Opt, con il destinare gli importi alla sottoscrizione di raccolta da lasciare in banca con la garanzia dello stato".

In questa strategia dell'80% (in cui vale la legge dell'80-20: 20% di verità, l'80% di bugie o mezze verità) bene si inserisce l'altro riferimento alla Fondazione Roi presieduta da Ilvo Diamanti e ringraziata come buon esempio di socio "aderente" da Gabriele Piccini ieri, anticipato in questo sul solito giornale amico e da chi è caduto nella trappola "comunicativa" tesa dal sempre presente Giampiero Beltotto, portavoce, prima che di BPVi, di Luca Zaia, in passato, e di Gianni Zonin, poi, e sempre attivo al di là delle sue mansioni istituzionali di responsabile della comunicazione anche nelle trattative con le associazioni.

Torneremo sul "soggetto", un imbarazzante collante col passato, su cui già abbiamo aperto qualche varco di luce, ma su cui molto abbiamo ancora da rivelare, ma non possiamo non rivolgere un ultimo appello a Ilvo Diamanti: recuperi la sua, precedentemente, "diamantina" trasparenza, ci risponda alle domande da sempre disattese della Fondazione Roi e "rimproveri" a Mion di averlo intrappolato in decisioni che di sicuro ripugnano a Giuseppe Roi, che ha lasciato alla Fondazione omonima un capitale prima depredato da vertici di un Cda in chiaro conflitto di interessi con quelli bancari (e la magistratura dov'è? Chieda Diamanti il suo intervento!) e ora ridotto a spiccioli dall'opera dei succesori di Zonin e Sorato a cui Diamanti ha dvuto prestare la sua faccia.


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