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Banca Popolare di Vicenza: profondo rosso al Cda del 5 settembre. Se il foglio locale lo addolcisce, ne sono corresponsabili la classe politica e i vertici dell'imprenditoria locale

Di Pietro Cotròn Domenica 28 Agosto 2016 alle 11:00 | 0 commenti

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Lunedì prossimo, 5 settembre,  il nuovo Consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza è chiamato ad approvare sotto la presidenza di Gianni Mion col vice vicario Salvatore Bragantini la relazione di bilancio semestrale in cui, come più volte scritto, ci saranno nero su bianco le nuove perdite dell'istituto, che, in conseguenza delle manovre di pulizia dei conti ancora in atto, potrebbero superare il mezzo miliardo inizialmente indicato dai precedenti vertici di cui faceva parte il confermato ad Francesco Iorio e avvicinarsi, lunedì o successivamente, almeno miliardo da noi ipotizzato. (cfr "Tra costi "addio" Cattolica e NPL svanisce un altro miliardo della BPVi. Si avvicina un altro aumento di capitale...", 5 agosto 2016).

Due i motivi, scrivevamo noi, confermava ieri anche Il Sole 24 Ore e riprende oggi il CorVeneto: "l'aumento delle coperture dei crediti deteriorati (Npl), chiesto da Francoforte per arrivare in prospettiva almeno al 46%, contro il 42,4% del primo trimestre; le ricadute della questione Cattolica". La compagnia assicuratrice, lo ricordiamo, ha deciso, infatti, di esercitare il diritto di recesso e di avere perciò liquidata la sua quota del 15,07%, circa 250 milioni, mentre altri 175 milioni sarebbero poi necessari per riacquistare da Cattolica le partecipazioni in Berica Vita, Abc Assicura e Cattolica Life.

Un terzo motivo, Dio non voglia, ogi è incalcolabile: l'effetto boomerang e devastante del flop della BPVi sull'economia locale, privata e imprendoriale, con la conseguente incapacità di pagare alla banca debiti oggi ancora non considerati critici...

Ma per la BPVi il peso degli Npl (i Non performing loans, crediti non performanti, nel linguaggio bancario sono chiamati anche crediti deteriorati e si distinguono in varie categorie come, soprattutto, gli incagli e le sofferenze, oltre che le esposizioni ristrutturate e esposizioni scadute e/o sconfinanti) è oggi già di circa 9 miliardi, 1,8 dei quali sono sofferenze che la banca sta cercando di cedere e che potrebbero essere acquistate dal Fondo Atlante 2 (Atlante 1 è il proprietario per oltre il 99% dell'Istituto e questo richiede passaggi delicati). "Gli effetti delle operazioni - sintetizza il CorVeneto di oggi, confermando le nsotre previsioni - andranno a sommarsi alle perdite di 1,4 miliardi del 2015, quasi raddoppiando il rosso dell'anno precedente".

E se il GdV, come da noi sottolineato ieri, sbagliasse (o deviasse l'attenzione) non solo quando affermava, di fatto, due giorni fa per poi ripeterlo come un mantra che a partecipare alle udienze presso il Tribunale delle Imprese di Venezia per sostenere la tesi della liceità delle "baciate" siano i legali del Fondo Atlante e non, come invece è, quelli della BPVi, ma soprattutto se questa tesi, abbracciata dal giornale confindustriale locale, non fosse condivisa dai giudici, che in prima istanza l'hanno già bocciata, sarebbero ben superiori al miliardo già accantonato sotto varie voci le perdite da mettere in conto alla fine per "ristorare" quelli che fra i 118.000 soci che fossero ritenuti danneggiati  con le baciate o con aumenti a valori gonfiati.

Oggi sono solo 6.000 solo quelli che starebbero procedendo legalmente ma le associazioni, la stampa indipendente e le difficoltà economiche crescenti di chi, privato o azienda, ha subito perdite consistenti per le proprie possibilità di "assorbimento" stanno facendo lievitare giorno dopo giorno i numeri di chi esce fuori dal guscio della rassegnata disperazione mostrando una Vicenza che deve avere più coraggio nel combattere un sistema che, se non colpito oggi, rischia di mangiarsene quel poco che rimane delle sue ricchezze e potenzialità con la complicità attiva o passiva della classe politica locale e nazionale ma qui eletta, con l'appoggio delle casta dirigenziale e associativa.

Se per la classe dirigente e per i vertici della associazioni datoriali il "popolo" può accrescere la sua diffidenza nei loro confronti specialmente intorno ai tavoli che i sindacati, anche loro troppo inerti nel passato, dicono di aprire  a tutela dei lavoratori, i politici devono essere chiamati a rispondere, se non altro  davanti ai cittadini, di come si è arrivati al profondo rosso del territorio.


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