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Lo stato potrà finanziare Banca Popolare di Vicenza solo dopo il bilancio 2016. Fabrizio Viola si chiede anche di notte come tappare il "buco" di 1.6 mld di crediti fiscali virtuali

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Mercoledi 28 Dicembre 2016 alle 22:41 | 0 commenti

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La Banca Popolare di Vicenza ha ufficializzato il 16 dicembre 2016, in occasione della comunicazione degli esiti del processo annuale di revisione e valutazione prudenziale (SREP - Supervisory Review and Evaluation Process) condotto dalla Banca Centrale Europea, che si attende un risultato  2016 probabilmente molto brutto. E se lo dice la banca c'è da crederci alla frase che sembra criptica ma è preoccupante: "Si precisa che i coefficienti patrimoniali al 31 dicembre 2016 saranno comunicati in occasione dell'approvazione della bozza del bilancio 2016 da parte del CdA e che potrebbero essere influenzati, tra l'altro, dall'esito dei complessi processi valutativi attualmente in corso, tenuto conto anche del difficile contesto di mercato...". 

Ma se "nella stessa ‘SREP decision' viene richiesto di: predisporre un piano strategico aggiornato; predisporre un funding plan teso a migliorare la posizione di liquidità della Banca e contenente iniziative utili a stabilizzare l'indicatore LCR ad un livello di almeno 10 punti percentuali al di sopra dei minimi regolamentari; valutare tutte le possibili iniziative e strategie per ridurre lo stock di Non Performing Loans", nessuno ancora parla di tutte le imposte anticipate attive, circa 1,6 miliardi di crediti fiscali, che per prudenza dovrebbero essere almeno consistentemente ridotti se non azzerati tra le voci attive del bilancio, tenuto conto della impossibilità di loro utilizzo, quantomeno sul breve.

In sostanza il credito fiscale da virtuale diventa reale solo in presenza della possibilità di "scontarlo" non pagando importi equivalenti di tasse che maturino su utili, per altro astronomici (per scontare 1.6 mld servierebbero a spanne utili di un importo doppio...) e che oggi sono una pura chimera visto che prima bisognerà raggiungere almeno il pareggio di bilancio.

Lo stesso problema vale per Veneto Banca, anche se lì le imposte anticipate  ammontano soltanto a... circa 1 miliardo.

Ecco perchè lavora anche di notte (nella foto presumibilmente la sua auto parcheggiata ieri a tarda sera di fronte alla sede centrale di Via Btg. Framarin) l'ad Fabrizio Viola, arrivato dalle nostre parti per fortuna dei veneti, ci dicono i conoscitori del manager, dopo che i mal riusciti giochi di potere politico finanziari lo hanno estromesso da MPS impedendogli di continuare in un'opera di salvataggio autonomo non riuscita nel frattempo neanche a Marco Morelli, il nuovo ad designato dalla potente (ex) accoppiata JP Morgan - governo Renzi.

Ma non è non diciamo facile, parola sconosciuta da queste parti, ma neanche ancora realmente immaginabile trovare il modo di venir fuori dai problemi, che per l'ad vicentino nonchè Presidente del Comitato Strategico montebellunese sono doppi dovendo gestire la prevista fusione di BPVi e Veneto Banca stando sulla tolda di entrambe queste bagnarole, una volta due navi che sembravano corazzate ma i cui comandanti Gianni Zonin e Vincenzo Consoli, adulati e osannati dalle loro ciurme, hanno trasformato in ammassi di acciao arrugginito.

Il primo ci è riuscito nonostante gli aiuti (poi rivelatisi distruttivi soprattutto per i soci traditi) di Banca d'Italia, il secondo è affondato con la banca anche a causa dei colpi di maglio subiti dai poteri finanziari, che non ne avevano tollerato i disegni alternativi ai loro e che ancora oggi, ce ne viene il più che forte dubbio, non sono estranei ai provvedimenti giudiziari (altri colpi di mazza) che sono stati comminati a lui e fatti intendere a tutti i membri del Cda e del collegio sindacale di Veneto Banca con una palese... asimmetria rispetto al nulla che avvolge come bambagia tutti i vertici vicentini.

Se non è possibile per Fabrizio Viola vedere la luce dopo la notte con le sole ristrutturazioni e razionalizzazioni (così si chiamano le mannaie sui dipendenti di rango medio basso e basso, non ancora sui top paid), di certo non aiuta i suoi sforzi e, in parte, le speranze dei soci tartassati delle due ex Popolari la notizia di oggi che i fondi per 20 miliardi di euro stanziati dal governo possono essere richiesti anche da altre banche, oltre che da MPS, e, quindi, anche da BPVi e Veneto Banca solo dopo l'approvazione dei bilanci 2016.

Si legge, infatti, nell'Ansa odierna, da noi, come sempre, subito riportata che "i paletti stabiliti dalle regole Ue, e ripresi dallo stesso decreto, condizionano l'intervento dello Stato sotto forma di ricapitalizzazione precauzionale a vari passaggi. Nel caso delle due banche venete quindi dopo l'approvazione del bilancio 2016, in cui il nuovo management farà ulteriore pulizia e recepirà le perdite operative del secondo semestre, il possibile ammanco di capitale rispetto ai livelli fissati dall'esercizio Srep della Bce sarà coperto con i fondi già versati nei giorni scorsi da Atlante (circa 1 miliardo) e poi con un aumento di capitale. Questo sarà corredato da un piano industriale che dovrebbe contenere la vendita degli asset no core e altre azioni con la prospettiva della fusione fra le due e la successiva cessione. Se tutto questo non dovesse andare a buon fine, allora la banca potrebbe richiedere l'intervento allo Stato".

Ecco, fino all'approvazione del bilancio (aprile 2016?), il comandante Viola dovrà navigare a vista e, se alle perdite operative e alla svalutazione degli NPL, che già oggi fanno ragionevolmente pensare a una necessità di circa tre miliardi di aumento di capitale, dovesse aggiungere i 2.6 miliardi di crediti fiscali, ad oggi puramente virtuali, beh allora le necessità di nuovo capitale supererebbero i 5 miliardi chiesti inizialmente dalla BCE a MPS e una volta non trovati saliti a circa 9 miliardi...

Se tanto ci dà tanto, come non ripetere con Stefano Righi che quello delle due banche venete è ad oggi il disastro più drammatico vissuto in tempi recenti dal nostro sistema bancario.

Che, ovviamente, come assicurò Mario Monti e come ripete oggi Pier Carlo Padoan è di certo ben solido... nelle sue errate convinzioni. 


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