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Nella semestrale della BPVi ci sono crediti fiscali per 1.6 miliardi di euro. Per monetizzarli serve un utile doppio oppure a mancare nei conti sono circa 3 miliardi

Di Giovanni Coviello (Direttore responsabile VicenzaPiù) Martedi 18 Ottobre 2016 alle 23:06 | 0 commenti

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Di osservazioni da fare sulla relazione semestrale della Banca Popolare di Vicenza ce ne sarebbero da fare molte e ci scusiamo con chi ci legge se una, fondamentale per il futuro dell'Istituto ma anche per le possibilità dei soci traditi di rifardsi, la riportiamo più in dettaglio solo oggi, dopo averla, però, preannunciata altre volte. Ma il tempo è molto avaro con noi, che dividiamo il nostro lavoro quotidiano, per quanto riguarda la ex banca dei vicentini, rivelatasi molto più la cassa di alcuni di loro  eperciò affezioniati alla gestione dell'ex presidente Gianni Zonin, tra la ricostruzione del passato (di cui è ormai pietra miliare "Vicenza. La città sbancata" di cui è in arrivo la seconda, arricchita edizione dopo che andata esaurita anche la seconda ristampa della prima edizione) e la segnalazione e la verifica dei passi compiuti dal nuovo Cda.

In quest'ultimo Francesco Iorio appare sempre più come il trait d'union tra l'attenzione massima al socio unico Atlante che ora mostrano i suoi colleghi di "sedia", da Gianni Mion a Salvatore Bragantini, e la scarsa considerazione che dei risparmiatori soci avevano l'ex presidente Zonin e i suoi consiglieri, da Giuseppe Zigliotto a Roberto Zuccato fino a tutti gli altri, indagati o meno che siano, loro e i dirigenti che con loro erano operativi, da una Procura di Vicenza sempre più discussa anche se noi continuiamo a credere, sperare?, che il Procuratore Capo Antonino Cappelleri e i suoi collaboratori Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi stiano facendo come il collega veneziano Carlo Nordio, sempre "muto" prima di far scattare le manette e i sequestri in blocco, tutti in un giorno, contro Giancarlo Galan & c. nel caso Mose.

Nella semestrale, sui comuque torneremo, un aspetto particolare, molto importante è che in buona sostanza, nell'attivo della banca appaiono attività per crediti fiscali per 1,609 miliardi di euro (erano  1,457) alla voce 140 delle pagine 152 e 154 (qui una spiegazione di cosa siano i crediti fiscali, ndr).

Questi crediti potranno, però, essere utilizzati, e quindi esssere "realmente" un attivo, solo in presenza di utili e di utili molto significativi. Esemplifichiamo all'ingrosso, per farci e per farvi capire: perchè 1,609 miliardi si trasformino in un vantaggio "monetizzabile" per la BPVi questa dovrà realizzare utili per un importo all'incirca doppio, cioè la nuova banca dovrà guadagnare (fare utili, non fare ricavi) per almeno 3,2 miliardi per non pagare le tasse relative e "scontare" i crediti nominali attuali.

Tutto è, contabilmente, lecito, per carità perchè il principio contabile non prescrive in quanto tempo i "crediti fiscali" diventino recuperabili per cui al momento Iorio & c. hanno lasciato questo importo monstre tra gli attivi.

Non a caso, però,a pagina 154 della semestrale si analizza la questione e alla fine della pagina si anticipa che alla fine dell'anno potrebbero esserci delle rettifiche, a questo punto più che probabili.

In definitiva, cari soci da 10 centesimi ad azione che vorreste, quando possibile, recuperare i vostri 62,50 euro, nel valore della banca oggi ci sono 1,6 miliardi di crediti fiscali che se la banca non guadagnerà il doppio non potrà recuperare, se non in piccola parte con altri tipi di detrazioni tipo le ritenute sui dipendenti.

Ecco perchè Alessandro Penati e soci, di fronte a quei milleseicentomilioni mancanti in più di fatto, mostrano di preoccuparsi di meno del poco meno di un miliardino di rettifiche già fatte nella stessa semestrale per la svalutazione, tra l'altro ancora parziale, degli NPL e per i costi legati alla Cattolica.

Ed ecco perchè parlare oggi di una necessità di almeno 3 miliardi di nuovo capitale per la Banca Popolare di Vicenza, che nessun taglio di personale con relativo ipotetico recupero di redditività potrà sostituire, non è un azzardo.

Dopo gli azzardi del ventennio precedente.


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